31 ottobre 2010

I problemi dell’Italia non si limitano a Berlusconi

The Guardian, 6 ottobre 2010. Negli ultimi anni la politica italiana è apparsa sui media internazionali soprattutto per le innumerevoli gaffes di Silvio Berlusconi, oppure per gli scandali legati alle sue frequentazioni di prostitute e per la promozione politica di modelle e presentatrici televisive. Questo squallido spettacolo si è ripresentato durante l’ultima crisi di governo, in cui il Presidente della Camera Gianfranco Fini, insieme ai suoi sostenitori, ha lasciato il PdL.
All’abituale atteggiamento da buffone e al maschilismo, adesso si è aggiunta anche la bestemmia dopo aver usato l’imprecazione religiosa più offensiva esistente nella lingua italiana, provocando lo sdegno ipocrita dell’opposizione e la condanna da parte della Chiesa, a lungo corteggiata da Berlusconi con le sue posizioni su eutanasia ed aborto.
Il personaggio Berlusconi, metà intrattenitore da crociera, metà capo megalomane delle proprie aziende (le sue antiche vocazioni), monopolizza la politica italiana da oltre 15 anni. Focalizzando l’attenzione sul personaggio anziché sulle sue scelte politiche, e forzando l’opposizione a confrontarsi su un terreno mediatico da lui dominato, il passo falso di Berlusconi potrebbe essere visto come parte di una strategia di distrazione, volta a evitare qualsiasi discussione sul paese e sui suoi problemi.
Tuttavia, si dovrebbe resistere alla tentazione – rafforzata dal palese uso del suo potere politico per contrastare i diversi procedimenti giudiziari contro di lui – di immaginare che Berlusconi rappresenti il problema principale dell’Italia (la rivista The Economist, ad esempio, è convinta che i conflitti d’interesse del Presidente del Consiglio e la sua infinita buffonaggine sporchino l’onorevole causa del libero mercato). Quest’idea sta anche alla base del tentativo di organizzare una “rivoluzione colorata” in Italia – il Popolo Viola, che recentemente ha unito comunisti disaffezionati e socialdemocratici, il movimento anti-politico che fa capo al comico Beppe Grillo e i sostenitori dell’ex giudice anti-corruzione Antonio Di Pietro, per un No B Day 2 (una protesta per dire no a Berlusconi), laddove l’uso del gergo inglese di Twitter rappresenta un ulteriore segnale del disorientamento dell’opposizione.

30 ottobre 2010

La campagna benzo(a)pirene su Il Manifesto

PRO ILVA - Un decreto alza i livelli di tollerabilità del benzoapirene
E il governo vara la legge che aiuta i grandi inquinatori


Ornella Bellucci - Con una legge ritoccata ad hoc, il governo offre la sponda ai grandi inquinatori. Fino al 31 dicembre 2012, nelle città italiane con oltre 150mila abitanti, il benzoapirene, il più cancerogeno tra gli idrocarburi policiclici aromatici (Ipa) secondo l'Agenzia Internazionale di Ricerca sul Cancro, potrà superare la soglia europea di tollerabilità (un nanogrammo per metro cubo). Il tetto, fissato da un decreto ministeriale del 1994, poi incorporato nel decreto legislativo 152 del 2007, è stato abrogato dal successivo decreto 155 di quest'anno, emanato il 13 agosto scorso in attuazione, dice il governo, della direttiva europea del 2008 «per un'aria più pulita in Europa».
In realtà quella direttiva non parla di benzoapirene, ma di altri agenti tossici. Mentre in virtù di questo decreto, fino alla fine del 2012, nei centri urbani con oltre 150 mila abitanti il benzoapirene potrà superare quella soglia, senza obbligo di individuazione della fonte di inquinamento nè di intervento da parte degli enti locali (che invece prima erano obbligati a intervenire). Solo a partire dal 2013 il benzoapirene dovrebbe tornare a non superare quel limite. Questo oggi in Italia dice la legge che regola le sue emissioni in atmosfera, sebbene il testo sottoposto al vaglio della Commissione ambiente al Senato e alla Camera e presentato da Agostino Ghiglia (Pdl) sia stato un altro. Roberto Della Seta, senatore Pd in quella commissione, precisa: «Queste disposizioni non erano nel testo esaminato a luglio». Infatti il provvedimento ha ottenuto parere favorevole da entrambe le commissioni parlamentari. E ora il Pd ha presentato in commissione Ambiente una risoluzione che impegna il governo a ripristinare i vecchi limiti di legge, più rigidi. Il benzopirene può essere assorbito per inalazione, attraverso la cute e per ingestione, e l'esposizione ripetuta o a lungo termine può causare danni importanti alla salute.
 
Una norma pro Ilva

28 ottobre 2010

I ghiacciai sentinelle climatiche

Pubblicato sulla rivista Geoitalia, periodico della Federazione Italiana di Scienze della Terra, "La risposta dei ghiacciai alpini alle variazioni climatiche", un'attenta analisi sull'andamento dei ghiacciai italiani dal 1925 ad oggi. 

I ghiacciai sono una indubbia risorsa naturale e degli ottimi indicatori ambientali. A sostenerlo ancora una volta è Carlo Baroni del Comitato Glaciologico Italiano, nonché Professore Ordinario di Geografia Fisica e Geomorfologia dell'Università di Pisa. I ghiacciai costituiscono infatti una fondamentale risorsa d’acqua dolce, ma sono anche delle sentinelle ambientali molto sensibili alle variazioni climatiche, in quanto reagiscono alle sollecitazioni esterne mutando in forma e dimensioni, in particolare i ghiacciai alpini, essendo costituiti quasi esclusivamente da ghiaccio a temperatura prossima a quella di fusione. Questi ultimi infatti possono ritirarsi o espandersi visibilmente in seguito anche a minime variazioni della temperatura. Non esiste tutt'oggi un censimento nazionale dei ghiacciai; l'ultima stima del gruppo di glacioloci cordinati da Michael Zemp del 2008 parla di 1397 ghiacciai sull'arco alpino, per un'estensione totale di 608 chilometri quadrati. A completare il quadro, l’ultimo residuo dei ghiacciai appenninici, il Ghiacciaio del Calderone sul Gran Sasso, ormai ridotto a poco più di un glacionevato, ovvero una formazione che è pressoché una via di mezzo tra un nevaio e un ghiacciao. La risposta del ghiacciaio alle mutazioni climatiche dipenderà ovviamente dalla massa complessiva del ghiacciaio: maggiore la sua dimensione, maggiore sarà la sua resistenza alle variazioni di temperatura.

Secondo lo studio, dalla seconda metà del XIX secolo è in atto una fase di accentuata contrazione, che ha portato i ghiacciai italiani a perdere oltre il 40% della loro superficie. Il limite delle nevi si è innalzato di oltre 100 m. Molti piccoli ghiacciai sono scomparsi, mentre tantissimi si sono frazionati in individui minori, arretrando le loro fronti anche di oltre 2 km. Molti ghiacciai residui sono arrivati sotto il limite delle nevi. Resistono per inerzia, ma la loro fine è ormai segnata. Come si può notare dal grafico, il ritiro dei ghiacciai non è stato però lineare nel tempo. Dopo una fase di arretramento generalizzato negli anni '50 e '60 del secolo scorso, per tutti i successivi anni '70 si è avuto un recupero dell'estensione dei ghiacciai alpini altrettanto generalizzata. Poi con gli anni '80 è iniziata una nuova fase di ritiro che, nel volgere di dieci anni, ha interessato e interessa oltre il 90% dei ghiacciai italiani.

Dall'analisi di questi dati, il Prof. Baroni sostiene infine che al perdurare di questa situazione dovremo attenderci ulteriori e drammatiche riduzioni dell'estensione e dello spessore dei ghiacciai. Le domande sorgono quindi spontanee: quali potranno essere le conseguenze dovute al consumo delle risorse idriche immagazzinate nei ghiacciai? Quali scenari dobbiamo attenderci nei prossimi decenni? A queste domande non vi è una risposta certa, ma, conclude lo studioso, sarà fondamentale un'approfondita conoscenza dei ghiacciai e un loro continuo monitoraggio nel tempo.
Articolo pubblicato su PeaceLink.

Scarica l'articolo su Geoitalia (periodico n.32, pag 50-51)

27 ottobre 2010

Colata di cemento con la scusa della F1

Un'esplosione di cemento all'Eur. Un mega progetto intorno al circuito dell'Eur, con grattacieli che sorgeranno al posto delle aree verdi. Oltre 230mila metri cubi di nuove costruzioni destinate a stravolgere l'assetto del quartiere a sud della capitale allorché andranno in porto i due progetti edificatori del Campidoglio: uno legato al Gran premio di Formula 1 (che vale 80mila metri cubi), l'altro alla valorizzazione dell'area ex Velodromo. "Una gigantesca speculazione" accusano Italia Nostra, le associazioni dei cittadini e il Pd. E quest'ultimo è deciso anche a contrastare, insieme agli altri partiti di opposizione, la maxi-vendita ai privati di 15 caserme distribuite sull'intero territorio comunale che saranno trasformate in case di lusso, hotel e centri commerciali

Il cemento ha il colore di una fotografia di quello che sarà. Due alti palazzi gemelli da una parte e dall'altra all'altra del verde delle Tre Fontane, davanti ai bianchi marmi dell'Eur, dove adesso si stagliano il rosso dei campi da tennis e delle piste di atletica e il verde di quelli da basket. Ognuno sarà un piccolo grattacielo, ben quindici piani fuori terra che si allungano in altri sette piani accanto, a forma di una L, e tutti e due ospiteranno appartamenti di lusso, uffici e negozi, messi in vendita per lanciare e realizzare il Gran Premio di Roma e far sfrecciare nell'estate del 2013 i bolidi della Formula Uno nel quartiere. (galleria fotografica: I progetti, Gli 'effetti' sull'ambiente)
Il progetto è stato presentato all'inizio di agosto in grandi cartelle rosse e bianche nelle stanze che contano del Campidoglio e adesso aspetta il via libera della conferenza dei servizi, convocata per il 9 novembre, e poi del consiglio comunale. I due palazzi del comprensorio si chiamano con nomi poetici, Porta dei Pini e Porta delle Tre Fontane. Ma sono 80 mila metri cubi che si abbatterebbero su uno degli angoli storici destinati a verde attrezzato del quartiere, quelli dove dagli anni Sessanta intere generazioni di ragazzi, con le loro magliette bianche e le scarpette da ginnastica, hanno cominciato a correre sulle piste, a giocare a tennis e a pallacanestro. Così scendono in campo le associazioni dei cittadini del quartiere (Comitato Salute Ambiente Eur, Coordinamento Comitati e Cittadini per la Difesa dell'Eur, Coordinamento No Alla Formula Uno e La Vita degli Altri Onlus) e Italia Nostra, con un dossier dal titolo "Le mani sull'Eur" e un appello al sindaco Alemanno, ma anche ai ministri dei Beni Culturali, Sandro Bondi , e dell'Ambiente, Stefania Prestigiacomo, e al premier Silvio Berlusconi. "Ribadiamo" scrivono "la nostra estrema preoccupazione riguardo un progetto che sembra aver preso forma parallelamente alla concezione di Roma Capitale, dimostrando finalità e modi privatistici, troppo lontani dall'interesse pubblico. Un'impresa che si è avvalsa, finora, di modalità di comunicazione a nostro avviso poco chiare, basate sui più agili metodi dell'imprenditoria privata, quando l'oggetto in discussione sono un quartiere storico, gioiello del Razionalismo, e il benessere di migliaia di cittadini".

26 ottobre 2010

Living Planet Report 2010

Il Wwf ha presentato pochi giorni fa il Living Planet Report 2010, il rapporto annuale sullo stato di salute del pianeta in termini di biodiversità e di pressione antropica sulla biosfera. Grazie a un ampio set di indicatori complementari, il rapporto documenta i cambiamenti avvenuti nella biodiversità, negli ecosistemi e nel consumo delle risorse naturali da parte dell’umanità ed esplora le ripercussioni di tali cambiamenti sul futuro della salute, della ricchezza e del benessere umano. Eccovene una ricca sintesi.

Per la prima volta, il Living Planet Report 2010 ha incrociato i trend delle specie e dell’impronta ecologica con i redditi dei singoli Paesi, mostrando come i Paesi a più alto reddito hanno un’impronta ecologica pari a circa 5 volte quella dei Paesi a basso reddito, che subiscono invece la maggiore perdita di biodiversità. La rapida crescita economica ha causato infatti una sempre maggiore domanda delle risorse necessarie per alimentazione, energia, trasporti, prodotti elettronici, spazi in cui vivere e in cui smaltire rifiuti, soprattutto il biossido di carbonio derivante dai combustibili fossili. Mano a mano che queste risorse non vengono più trovate all’interno dei confini nazionali, esse vengono ricercate in altre parti del mondo.
Il rapporto ha messo inoltre in relazione l’Indice del pianeta vivente (LPI) – una misura dello stato di salute della biodiversità mondiale – con l’Impronta ecologica e l’Impronta idrica, misure della pressione antropica sulle risorse naturali della Terra. Tali indicatori dimostrano chiaramente che la spinta senza precedenti alla ricchezza e al benessere degli ultimi 40 anni sta esercitando una pressione insostenibile sul nostro pianeta.
Una delle misure a più lungo termine sull’andamento della biodiversità mondiale, l’Indice del pianeta vivente, mostra un trend che è rimasto inalterato dal primo Living Planet Report del 1998: una diminuzione globale di circa il 30% fra il 1970 e il 2007. I trend delle popolazioni di specie tropicali e temperate divergono fortemente: l’indice LPI tropicale è diminuito di circa il 60%, mentre quello temperato è aumentato di circa il 30%. La causa di questi trend contrastanti riflette le differenze fra le velocità e i tempi di cambiamento nell’utilizzo del suolo e, di conseguenza, di perdita di habitat, nelle zone temperate e in quelle tropicali. L’aumento dell’indice LPI delle zone temperate a partire dal 1970 può essere dovuto a una base di partenza inferiore e al fatto che le popolazioni di specie siano in ripresa grazie a un maggiore controllo dell’inquinamento, a una migliore gestione dei prodotti di scarto, a migliori qualità di acqua e aria, a un aumento della copertura forestale e/o al maggior impegno nel campo della conservazione, per lo meno in alcune regioni temperate. Di contro, l’indice LPI tropicale parte da una base più alta e riflette i cambiamenti su larga scala degli ecosistemi che, in queste regioni, sono progrediti ininterrottamente dal 1970, con un peso complessivo negativo maggiore di quello positivo dovuto agli sforzi di conservazione.
L’Impronta ecologica misura invece la superficie di terra e di acqua necessarie alla produzione delle risorse rinnovabili utilizzate e comprende lo spazio necessario per le infrastrutture e la vegetazione per assorbire il biossido di carbonio immesso (CO2). Anche essa mostra un trend di crescita costante. Gli ultimi dati del 2007 mostrano che l’Impronta ha superato la biocapacità della Terra – la superficie realmente disponibile per la produzione di risorse rinnovabili e l’assorbimento della CO2 – del 50%. In generale, dal 1966 l’Impronta ecologica dell’umanità è raddoppiata. Questo incremento del sovrasfruttamento ecologico è ampiamente attribuibile all’Impronta di carbonio aumentata 11 volte dal 1961 e di poco più di un terzo dalla pubblicazione del primo Living Planet Report nel 1998. Detto in parole più semplici, la Terra necessiterà di un anno e mezzo per rigenerare le risorse consumate nel solo 2007. Se il trend resterà costante, nel 2030 saranno necessari "due pianeti Terra" per bilanciare le risorse consumate dall'essere umano nel corso di un anno. E' evidente che non è un sistema sostenibile.

25 ottobre 2010

Doppio brodo Alfano



Appuntamento settimanale con Passaparola di Marco Travaglio. Argomento della settimana, la legge Al Fano sullo scudo al Presidente del Consiglio Berlusconi, lo strano scudo per il Presidente della Repubblica, contestato dallo stesso Napolitano, la pseudo-riforma della giustizia con la separazione delle cariche per pubblici ministeri e giudici, con i loro pericolosi risvolti nella potenziale fine della separazione dei poteri, qualora questa legge dovesse essere approvata.

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Tutte le bugie del Ministero dell'Ambiente

Simbolo di pericolositàUn'analisi dettagliata delle nuove norme. Punto per punto, ecco come si smontano le tesi dell'Ufficio Legislativo del Ministero dell'Ambiente

Il benzo(a)pirene è un potente cancerogeno che viene veicolato nei polmoni dalle polveri sottili e che è originato dalle combustioni delle industrie e delle auto. Fa parte degli IPA, gli Idrocarburi Policiclici Aromatici. Perché il governo ha rimosso la norma che a partire dal 1999 proibiva il superamento di 1 nanogrammo a metro cubo e con il decreto 155/2010 ha prorogato al 2013 le norme a tutela della salute dei cittadini delle città con più di 150 mila abitanti? Parliamo di una sostanza che è anche genotossica: può modificare il DNA trasmesso dai genitori ai figli.
25 ottobre 2010 - Associazione PeaceLink

Abbiamo "smontato" pezzo per pezzo la risposta del Governo alla risoluzione dell'on. Alessandro Bratti che chiedeva il ripristino delle norme precedenti all'entrata in vigore del decreto con cui il governo lascia "briglia sciolta" al benzo(a)pirene. Il testo del Governo non è in grassetto.
Il nostro commento invece è in grassetto.
Associazione PeaceLink

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Ministero dell'Ambiente
della Tutela del Territorio
e del Mare
UFFICIO LEGISLATIVO
Oggetto: Risposta a risoluzione in Commissione n. 7-00393 (VIII° Commissione ambiente, territorio e lavori pubblici) (On. Alessandro Bratti). Concentrazioni di benzo(a)pirene in atmosfera.
Il decreto legislativo n. 155/2010 ha previsto, per il benzo(a)pirene, un valore obiettivo pari a 1 ng/m3, da raggiungere entro il 31 dicembre 2012 su tutto il territorio nazionale, in piena conformità a quanto stabilito dalla direttiva comunitaria 2004/107/CE.

NOTA BENE: La direttiva comunitaria 2004/107/CE fissa al 31 dicembre 2012 il termine ultimo: le legislazioni nazionali possono decidere di anticipare tale scadenza. E infatti la legislazione italiana nel 1994 aveva stabilito che il valore non doveva essere superato a partire dall'1/1/1999 per le città oltre i 150 mila abitanti. Tale norma è stata cancellata segnando un evidente passo indietro. Il governo non specifica inoltre che la direttiva comunitaria 2004/107/CE era già stata recepita con decreto legislativo 152/2007. Perché abrogarlo con il decreto legislativo 155/2010? Il fine del governo era quello di cancellare le norme più avanzate contenute nel decreto legislativo 152/2007, dando agli inquinatori altri due anni di tempo (fino al 31 dicembre 2012) per sforare il valore di 1 ng/m3 mentre la normativa precedente costringeva gli inquinatori a scendere sotto 1 ng/m3 fin dal 1° gennaio 1999. Il benozo(a)pirene è un cancerogeno molto pericoloso: respirare mediamente 1 ng/m3 di benzo(a)pirene per un bambino equivale a inalare il fumo di circa 700-800 sigarette/anno.

22 ottobre 2010

Berlusconi e l'ora legale



Come la mafia conquista il mondo

Germania, Der Spiegel. Che sia Spiesen-Elversberg, Caracas oppure Toronto, la mafia è dappertutto. Nessun paese al mondo è risparmiato dall’egemonia delle holdings criminali. L’esperto di clan Francesco Forgione ha svelato le rotte commerciali e i luoghi di residenza dei boss e in nessun altro luogo sono altrettanto presenti quanto in Germania.
 
L’assassinio di un uomo rettto era fissato per domenica 5 settembre 2010. In tarda serata Angelo Vassallo, sindaco di Pollica, la “perla del Cilento” sul Mar Tirreno, guidava la sua Audi verso casa. Poco prima dell’arrivo nella zona Acciaroli alcuni sconosciuti hanno fatto fermare l’auto. Vassallo non ha fatto in tempo a tirare il freno a mano, che uno degli aggressori ha aperto il fuoco a distanza ravvicinata. Otto dei nove proiettili hanno colpito il bersaglio, attraversando il collo, l’orecchio, la mandibola, la spalla e il torace della vittima. Uno ha colpito dritto al cuore.
Vassallo era benvoluto, era conosciuto per il suo impegno nella tutela dell’ambiente e per la sua incorruttibilità, si batteva per un turismo ecosostenibile e responsabile nella regione. Appena due settimane prima della sua morte sembra aver cacciato personalmente alcuni spacciatori dalla zona del porto di Acciaroli, che secondo i testimoni avevano portato grandi quantità di sostanze stupefacenti via mare in città. Vassallo aveva fatto appello urgente alla polizia di pattugliare più frequentemente per porre fine all’incubo.
Le sue preghiere sono state ascoltate, ma a quanto pare dalle persone sbagliate. Nonostante la mancanza di prove il procuratore antimafia di Salerno ritiene probabile che l’omicidio in strada sia stato una vendetta della camorra, che in Campania controlla non solo il commercio di droga, ma anche gli interessi sul settore immobiliare e sui contratti di costruzione nel Parco Nazionale del Cilento, che attira molti turisti. In Italia, il caso ha suscitato clamore e indignazione tra politici di ogni colore. In Germania invece la risposta dei media è stata disattesa, come sempre quando la mafia non uccide proprio davanti alla sua porta di casa.

Niente sangue, niente mafia
“Finché il sangue non scorre per le strade, nessuno crede alla mafia”, si lamenta Francesco Forgione, l’ex capo della commissione parlamentare anti-mafia sotto il governo Prodi. “La morte di Vassallo mi fa arrabbiare, mostra che la società non ha ancora sviluppato sufficienti anticorpi contro la criminalità organizzata e che le autorità lo hanno lasciato solo”. Forgione – riccioli scuri, la barba brizzolata di tre giorni, occhiali dalla linea sobria – vive nel suo appartamento mansardato a Roma, da cui si gode una magnifica vista sulla città. Sorseggia con indifferenza un espresso calabrese molto forte e sospira profondamente.
“Anche le autorità tedesche hanno chiuso gli occhi di fronte alla realtà, finché la strage di Duisburg nell’agosto del 2007 non ha risvegliato bruscamente tutti “. Già nel gennaio del 2000 la polizia investigativa federale redasse un rapporto molto dettagliato sulle attività della mafia calabrese a Duisburg dal titolo “Analisi: San Luca”. Un’ eccellente e completa sintesi delle attività illegali della ‘Ndrangheta, ma priva di conseguenze. Il problema è stato recepito come essenzialmente italiano, fino a quando ci si è ritrovati con i sei cadaveri stesi a terra davanti al ristorante «Da Bruno». “All’improvviso è diventato anche un problema tedesco”, dice Forgione tamburellando con la punta delle dita sul tavolo davanti a sè.
Duisburg è situata in un luogo strategicamente favorevole, sul confine tra Belgio e Paesi Bassi, il principale punto di accesso per la cocaina in Europa. “Quest’omicidio plurimo non è avvenuto per una faida tra clan rivali”, ha detto Forgione. Non è un caso che quasi tutti i sospettati siano stati arrestati ad Amsterdam. Inoltre, in occasione dell’arresto di Giuseppe Nirta nel novembre 2008, sono stati ritrovati un milione di euro in contanti. No, il massacro nel Nord Reno-Westfalia sarebbe stata “solo un’altra fase della guerra per il controllo del traffico internazionale di stupefacenti e armi”, ritiene l’esperto.

19 ottobre 2010

Grandi città sempre più invivibili

Pubblicata la classifica della vivibilità cittadina di Legambiente "Ecosistema urbano 2010". Bocciate le metropoli, promosse le piccole città di provincia.

Piccolo è bello, soprattutto se nel nord Italia.  No è l'ultima esternazione di qualche leghista, ma il risultato principale che emerge dalla classifica annuale di Ecosistema Urbano, indagine effettuata da Legambiente e Ambiente Italia, giunta alla sua 17esima edizione. Gli indicatori principali scelti dai ricercatori per stilare la classifica definitiva sono aria (quantità di polveri sottili PM10), acqua (consumi, perdite della rete idrica e capacità di depurazione), rifiuti (produzione, raccolta differenziata), trasporti (mezzi pubblici, tasso di motorizzazione, isole pedonali, ztl e piste ciclabili), energia (consumi elettrici, politiche energetiche, consumo di carburanti) e verde (verde urbano fruibile). 
Sono i piccoli centri a ottenere i risultati migliori, con Bologna unica grande città a fare da eccezione tra le prime dieci, dove trionfano cittadine come Belluno (prima sul podio), Verbania, Parma, Trento, Bolzano, Siena e La Spezia, rispettivamente dalla seconda alla settima posizione. Sette città che da anni si contendono continuativamente i primi posti in questa speciale classifica. Stesso discorso anche per il meridione, dove fa meglio di tutte la Salerno del contestato sindaco Vincenzo De Luca (19° posto), seguita da Oristano, in grande crescita al 22° posto rispetto al 74° dell'anno precedente, ma con buone performance anche a Potenza (26°), Terni (27°), Avellino (29°) e Matera (36°).
La situazione più preoccupante riguarda invece le grandi città italiane. Mentre in tutta Europa le metropoli risolvono sempre con maggiore successo il problema della loro impronta ecologica con mezzi pubblici all’avanguardia e raccolta differenziata a percentuali altissime, in Italia sono ancora un mezzo disastro: la migliore è Genova, che però si ferma al 32° posto, mentre Milano fa un bel tonfo e precipita al 63° perdendo 17 posizioni in un anno, colpa soprattutto della pessima qualità dell’aria e della concentrazione di ozono; visti i risultati sarebbe il caso di interrogarsi sull'efficacia dell’Ecopass. Sempre peggio, di anno in anno, Napoli (96°) e Roma, che volano verso il fondo.

18 ottobre 2010

Berlusconi offshore



Appuntamento settimanale con Passaparola di Marco Travaglio. Appuntamento della settimana, tutte le bugie e le notizie manipolate del mondo dell'informazione, da calciopoli fino agli ultimi processi che vedono indagato il premier Berlusconi.

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17 ottobre 2010

Lo Stato bordello

USA, Foreign Policy. 14 settembre 2010.
Ahi serva Italia,
di dolore ostello,
nave sanza nocchiero in gran tempesta,
non donna di province, ma bordello!*
Citare Dante è, l’ammetto, l’ultima risorsa del furfante oppure dello scribacchino indolente se non altro. Ma questa citazione, presa dal Purgatorio, è fatta apposta per esser usata. Tradotta in maniera approssimativa recita “Ahi serva Italia, albergo di dolore, nave senza nocchiero nella tempesta, non più Signora, esemplare di intere nazioni, ma bordello”. E’ stato anche il titolo di un libro pubblicato da Paolo Sylos Labini, uscito postumo nel 2006; Sylos Labini è stato non solo uno degli economisti più prestigiosi d’Italia, ma anche un uomo dotato di assoluta integrità, che ha rifiutato apertamente e decisamente qualsiasi compromesso con il Potere (perfino con il potere con la p minuscola). Il suo ultimo lavoro descrive, analizza e critica l’Italia di cinque anni fa. “Come mai siamo caduti così in basso?” si è chiesto.
“Esorto i miei concittadini ad un’analisi critica implacabile della nostra coscienza civica, se vogliamo risalire dall’abisso.” Il suo appello era più o meno la difesa, da parte di un economista, dell’economia di mercato e delle sue regole, che difendono la comunità dal potere politico o economico senza freni. I grossi conflitti d’interesse del Premier e magnate italiano Silvio Berlusconi si sono fatti beffe di queste regole.
L’Italia di oggi è stata colpita da tempeste ancora più intestine, così come dalle ovvie conseguenze della crisi economica internazionale; sin da allora, le residenze del Presidente del Consiglio sono diventate dei bordelli – e non solo metaforicamente.
Soprattutto, la nave di stato è sul punto di restare senza guida. Di conseguenza non sono l’unico in Italia a citare Dante questi giorni. Si è verificata la mancanza di una guida sicura sin dalla fine di luglio, ma nelle ultime due settimane questa assenza è arrivata al parossismo. Per la maggior parte di agosto, Berlusconi ha minacciato di andare al voto con lo scopo di riportare all’ordine Gianfranco Fini, l’ex alleato ribelle che ha rotto con Berlusconi a luglio formando un partito proprio, e i suoi sostenitori. In seguito, poiché i sondaggi mostravano come l’unico vero vincitore di una tornata elettorale anticipata sarebbe stato Umberto Bossi e la Lega Nord – favorevole all’autonomia del Nord d’Italia – e, ancor peggio, che forse non sarebbe stato in grado di ottenere la maggioranza al Senato, Berlusconi ha fatto marcia indietro.

15 ottobre 2010

SOSteniamo PeaceLink

Continua la campagna di PeaceLink per l’abrogazione del nuovo Decreto Legislativo 155/2010, secondo il quale saranno consentiti sforamenti delle soglie inquinanti nelle città con più di 150mila abitanti, senza che sia necessario prendere alcun provvedimento verso il soggetto inquinatore, a tutela dell’ambiente e della salute del cittadino. PeaceLink chiede di ripristinare inoltre il vecchio DM 25/11/1994 incorporato nel D.Lgs 152/2007, che poneva il limite di concentrazione di benzo(a)pirene nell’aria a 1 ng/m3 e l’obbligo di adeguarsi a tale limite entro il 1999. L’attuale legge invece posticipa il raggiungimento del valore obiettivo per il benzo(a)pirene al 31/12/2012. Lo stesso decreto definisce come valore obiettivo il “livello fissato al fine di evitare, prevenire o ridurre effetti nocivi per la salute umana o per l'ambiente nel suo complesso, da conseguire, ove possibile, entro una data prestabilita”.
Sono necessarie alcune premesse. L’Italia è un paese in cui l’emergenza ambientale e sanitaria legata all’inquinamento persiste ormai da decenni, soprattutto in particolari zone. Spesso, infatti, alla consistente urbanizzazione e industrializzazione di alcune aree si accostano caratteristiche geografiche del territorio tali da rendere l’inquinamento particolarmente persistente. Un esempio palese è la pianura padana, una delle regione più inquinate d’Europa assieme all’area dei Paesi Bassi, dove l’abbraccio delle Alpi rende l’aria del nord Italia decisamente “stagnante”; o l’area di Taranto, avvelenata dal suo polo industriale (Ilva, Cementir, raffineria Eni, inceneritore, ecc.) o la regione industriale siciliana di Augusta-Melilli-Priolo, il cosidetto "triangolo della morte".
L’Italia, infatti, è sotto procedura di infrazione europea per le elevate concentrazione di polveri sottili nell’aria per aver ignorato l’ennesimo ed ultimo avvertimento inviato dalla Commissione Europea il 5 maggio 2010 (link comunicato). Nonostante questo, il Governo Italiano, con un iter normativo subdolo, ha approvato nel silenzio di ferragosto (precisamente il 13 agosto 2010) il decreto legislativo 155/2010 con cui ha peggiorato pesantemente la normativa non solo sul PM10, ma anche su tutta una serie di ‘microinquinanti’, tra cui il benzo(a)pirene, posticipando dal 1 gennaio 1999 al 31 dicembre 2012 il termine temporale per ottenere la riduzione di questo inquinante nell’aria sotto la soglia di 1 nanogrammo per metro cubo previsto per le città con oltre 150mila abitanti. Il decreto legge, così come il precedente 152/2007, riguarda come detto diversi inquinanti: biossido di zolfo, biossido di azoto, benzene, monossido di carbonio, piombo, il particolato PM10 e PM2.5, ozono, arsenico, cadmio, nichel e benzo(a)pirene.
La campagna di PeaceLink si è concentrata contro quest’ultimo, ma il ripristino della precedente normativa andrà ovviamente a coinvolgere tutti gli inquinanti citati. Il benzo(a)pirene infatti è estremamente pericoloso per la salute umana, tanto che la IARC, l’Agenzia Internazione per la Ricerca sul Cancro, lo ha recentemente ‘promosso’ nella classificazione dal Gruppo 2B (possibili cancerogeni) al Gruppo 1, ovvero “cancerogeni per l’uomo”, in quanto ne è stata riconosciuta la sua estrema pericolosità e cancerogenicità senza alcuna ombra di dubbio (scarica la classificazione).
Insomma, con questo nuovo decreto legge, il Governo prolunga l’esposizione di milioni di cittadini italiani a un pericoloso cancerogeno, non rispettando inoltre uno dei principi fondanti della Costituzione Italiana, l’Art.32: “La Repubblica tutela la salute come fondamentale diritto dell'individuo e interesse della collettività”.
Questi e altri sono i motivi per continuare a seguire e sostenere la campagna di PeaceLink per l’abrogazione di questa nefasta legge. È una campagna senza colori e senza partiti. La salute è un bene di tutti.
 

13 ottobre 2010

Italia: il paese dei disastri annunciati

Articolo pubblicato su PeaceLink

Viviamo in un paese in cui il dissesto idrogeologico viene continuamente ignorato, nonostante buona parte del nostro paese sia a rischio. L’ennesima alluvione in Liguria ne è la triste conferma e mette in luce l’enorme problema, sottovalutato, delle condizioni di piccoli torrenti e fiumare, il tallone d’Achille d’Italia. I corsi d’acqua minori vengono regolarmente intubati, imbrigliati, lasciati invadere da detriti d’ogni genere, spesso usati come discariche o ricoperti da strade e rappresentano la principale criticità del territorio. Da Giampilieri (Me) alle recenti alluvioni in Provincia di Savona e Genova, passando per Atrani (Sa), basta un nubifragio per trasformare esondazioni in tragedie. E con l’ultima sciagura a Prato il triste bilancio del dissesto italiano ha raggiunto le 44 vittime solo nell’ultimo anno. Eppure, per fronteggiare l’emergenza, dall’ottobre 2009 ad oggi, sono stati stanziati dallo Stato 237 milioni di euro. Ma il problema consiste nel fatto che il denaro stanziato nelle situazioni critiche viene utilizzato solo per tamponare il disastro, per riparare i danni e per ricostruire, a fatica, quanto è stato distrutto dalla violenza della natura, senza mai apportate migliorie alle situazioni evidentemente precarie. Per mettere in sicurezza il territorio serve invece una grande opera di manutenzione pluriennale a partire dai piccoli corsi d’acqua. Un piano di prevenzione che garantisca la sicurezza dei cittadini e contrasti l’abusivismo e l’urbanizzazione selvaggia. Leggiamo nel rapporto Pianificazione territoriale e rischio idrogeologico redatto dal Ministero dell’Ambiente nel lontano 2003 (l’ultimo disponibile): “la stima del fabbisogno finanziario complessivo per la sistemazione dei bacini per oltre 11.402 interventi di messa in sicurezza del territorio già individuati ammonta a 33.428 milioni di euro”. Insomma, servono oltre 33 miliardi per la messa in sicurezza; soldi che ovviamente non ci sono. Quelli per il ponte sullo stretto invece sì. Come sempre, è questione di scelte. E non si tratta di un problema marginale o occasionale. Basti pensare che negli ultimi 50 anni in Italia si sono verificate 470.000 frane, che hanno causato 6 vittime ogni mese, 3.500 morti in tutto.
Leggiamo ancora “I dati di sintesi rilevabili dallo studio mostrano che la superficie del territorio italiano a ‘potenziale rischio idrogeologico più alto’ è pari a 21.504 chilometri quadrati, di cui 13.760 per frane e 7.744 per alluvioni. Si tratta del 7,1% della superficie della nazione. Sono 5.553 i comuni interessati, pari al 68,8% dei comuni italiani”. Ebbene sì, più dei due terzi dei comuni italiani sono esposti al rischio idrogeologico più alto. Poi esiste il rischio medio e quello basso, ma in questo rapporto non vengono considerati. Leggiamo ancora che “in Valle d’Aosta, in Umbria e Calabria il 100% dei comuni della regione sono interessati da aree a potenziale rischio”. Tutti, nessuno escluso. E dopo di esse, tante altre regioni non se la passano di certo meglio: in Piemonte, Liguria, Emilia Romagna, Toscana, Marche, Lazio, Campania, Molise, Basilicata almeno l’80% dei comuni sorgono in aree critiche. Ma non si può non restare sconcertati se si fa un paragone tra i comuni e la percentuale del territorio regionale interessati a rischio idrogeologico. Basta considerare il dato nazionale: solo il 7,1% del territorio nazionale è a rischio, ma il 68,6% dei comuni sorge su di esso. In Calabria solo il 7,7% del territorio è considerato a rischio e in Umbria il 10,7%, ma tutti i comuni di queste due regioni, nessuno escluso, sono stati costruiti, almeno in parte, su aree a forte rischio.
In Liguria l’80% dei comuni ha nel proprio territorio abitazioni in aree golenali, in prossimità degli alvei maggiori dei fiumi e il 27% ha costruito interi quartieri in queste zone. Nel 53% dei comuni sono presenti strutture e fabbricati industriali in aree a rischio, che comportano in caso di alluvione, oltre al rischio per le vite dei dipendenti, anche il pericolo di sversamento di prodotti inquinanti nelle acque e nei terreni. Nel 21% dei comuni sono presenti in zone esposte a pericolo di frana o alluvione anche strutture sensibili o strutture ricettive turistiche.
“A un anno esatto dalla frana di Giampilieri – disse il presidente di Legambiente dopo il disastro ligure ci troviamo nuovamente in un’altra zona di fronte alla tragedia, senza che nulla sia stato fatto per la prevenzione. Un eterno allarme quello del dissesto idrogeologico che da Nord a Sud suona puntuale ogni volta che il maltempo si affaccia sulla Penisola ”.

11 ottobre 2010

Chi è senza peccato scagli la prima Marcegaglia



Appuntamente settimanale con Passaparola di Marco Travaglio. Argomento della puntata, il dossieraggio sul presidente di Confindustria, le ombre nella carriera di Emma Marcegaglia, del suo gruppo e le indagini sulle sue aziende e parenti, tutte le campagne diffamatorie del Presidente del Consiglio Berlusconi attraverso i suoi media e le indagini del pm Woodcock.

Guarda le altre puntate di Passaparola

8 ottobre 2010

Libera satira in libero stato - Parte 8

Sabato 25 settembre
- La Marcegaglia avverte il Governo che gli industriali stanno per perdere la pazienza. Molti l’hanno già delocalizzata in Cina.
- Noemi Letizia è apparsa in pubblico trasformata dalla chirurgia estetica. Tutta suo Papi.
- Fini oggi è apparso in un video su Internet. Ma era vestito.


Domenica 26 settembre
- La Fondazione Italia Futura, vicina a Montezemolo, attacca Bossi accusandolo di parlare tanto e combinare poco. E anche quando parla non è che si capisce proprio tutto tutto…
- Minzolini accolto con entusiasmo alla Festa del PdL. Come sempre avviene quando entra il comico.
- Berlusconi non esprime giudizi sul video di Fini. Ma non credo che lo includerà tra “i Bellissimi” di Rete 4.


Lunedì 27 settembre
- L’ONU ha creato un’agenzia per tenere rapporti con gli alieni. L’ufficio centrale sarà davanti alla sede del PD.
- Bossi dà dei porci ai romani. In altre parole, Roma lardona.
- Lele Mora rivela che ebbe una relazione con Fabrizio Corona. E non c’è uno straccio di foto.


Martedì 28 settembre
- E’ morto Foppa Pedretti. Ma nessun problema: c’è la nuovissima cassa in palissandro che, una volta usata, si ripone comodamente sotto il letto.
- Il Generale Mori dichiara che le lettere di Ciancimino sono un falso. Saranno mica scritte su carta intestata di Saint Lucia?
- A proposito del ruolo del FLI nella coalizione, La Russa dichiara al TG3, che “in natura non esistono esseri con una terza gamba”. Parla per te, è stato il commento di Rocco Siffredi.


Mercoledì 29 settembre
- Berlusconi: “Non ho comprato deputati”. Glieli hanno tutti regalati per il suo compleanno.
- Mentre Berlusconi parla, D’Alema in aula fa origami. Usando il programma del PD.
- Silvio porta a casa i 5 punti. Ma stavolta Tartaglia non c’entra


Giovedì 30 settembre
- E’ morto Tony Curtis. Adesso attenti a quell'altro.
- Riguardo all’SPQR Bossi si scusa: Ha detto porci ma volevo dire froci.
- Doping, Contador positivo al Tour per colpa di una bistecca. Come molti nostri politici, anche lui nei guai per colpa di una vacca.


Venerdì 1 ottobre
- Oggi in anteprima al Mi-Sex il primo porno italiano girato in 3D. Il pubblico in sala stia pronto a schivare.
- Berlusconi ha dichiarato: “Banche americane salve grazie a me”. Bravo, grande esempio per noi comici di come si possa far ridere senza essere volgari.
- Scoperto GLIESE 581G, un nuovo pianeta del tutto simile alla Terra. Anche lì, infatti, è stato abolito il falso in bilancio.


da Il Misfatto, inserto satirico della domenica de Il Fatto Quotidiano, 3 ottobre 2010 

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6 ottobre 2010

Ilva di Taranto: veleni nell'acqua - III parte

Oggi ci occupiamo delle conseguenze degli scarichi dell’acciaieria Ilva nelle acque, non solo per quanto riguarda la salute umana, ma anche con un particolare occhio di riguardo per le effetti dei versamenti inquinanti sugli ecosistemi acquatici.
Ancora una volta, come si può vedere dalla rispettiva tabella e dal grafico (clicca immagine per ingrandire), tutte le sostanze vanno oltre ben oltre i limiti di legge, anche di centinaia di volte, e molte sono le misurazione davvero preoccupanti: il cianuro e i fenoli, che superano il valore soglia di ben oltre 600 volte negli ultimi 5 anni; il cromo, che nel 2002 superò i limiti di legge di 1183 volte;  il piombo, pericolosissimo per la salute, nel 2003 registrò un valore 887 volte più alto. Lascia invece sconcertati il mercurio, che nonostante la sua pericolosità sia per la salute umana che per l’ambiente acquatico, non viene preso in considerazione nei parametri europei di misurazione delle emissioni nelle acque. E sarebbe stato senz’altro utile, visto che l’Ilva scaricò nelle acque un contenuto di mercurio oltre 600 volte i limiti di legge tra il 2003 e il 2005.

Arsenico: l'eccessiva esposizione ad arsenico può portare a effetti sulla salute per l'apparato digerente, sistema nervoso centrale, cuore e reni e alcuni dei suoi composti possono comportare danni genetici e causare il cancro. L'arsenico è inoltre estremamente tossico per gli organismi acquatici. La tossicità e i rischi per la salute dipendono tuttavia dalla forma e dalla biodisponibilità dei diversi composti dell’arsenico.

Cianuri: vengono rilasciati nelle acque da vari processi industriali. L’industria chimica e di finitura del metallo, nonché la produzione di ferro e acciaio sono le principali responsabili di rilascio di cianuro. Tutti i cianuri inibiscono gli enzimi che legano l’ossigeno e di conseguenza il cervello e il sistema cardiovascolare sono i principali organi colpiti da avvelenamento da cianuro a causa della loro elevata richiesta di ossigeno. I cianuri non sono generalmente molto persistenti quando vengono rilasciati nell’acqua e nel suolo, anche se non persistono nel terreno ma tendono a penetrare nelle acque sotterranee. Sono comunque molto tossici per i pesci e le altre forme di vita acquatica. Tutti i cianuri infatti agiscono come veleni respiratori per gli organismi aerobici. 

4 ottobre 2010

Quattro vecchi sfigati



Appuntamento settimanale con Passaparola di Marco Travaglio. Argomento della puntata, la P3 con i suoi "quattro vecchietti", i continui attacchi deliranti del premier alla magistratura e al CSM e il caso Cagliari, "tangentaro" suicidatosi in carcere all'epoca di Mani Pulite.

3 ottobre 2010

Ilva di Taranto: la morte nell'aria - II parte

Dopo aver esaminato nello scorso articolo, la situazione generale dell'Ilva di Taranto, vorrei andare ad esaminare singolarmente i principali composti inquinanti che vengono vomitati nel cielo di Taranto, giorno e notte, notte e giorno, senza alcuna sosta. Senza un attimo di respiro. Quel respiro che per i tarantini è la causa di molti dei loro mali.
In questa tabella, trovate tutti gli inquinanti riversati in atmosfera, classificati in "principali" e "secondari", non per importanza o per la loro tossicità, ma semplicemente per quante volte superano il valore soglia: principali oltre 100 volte i limiti di legge, secondari sotto le 100 volte. Mi sembra scontato dire che, anche se un tal inquinante rientra nella seconda categoria, sia comunque completamente al di fuori di qualsiasi norma. Ad esempio, le diossine (PCDD) che superano di 73 volte il limite di legge, sono comunque molto più pericolose delle emissioni di anidiride carbonica, benchè questa vada oltre le 100 volte. In questa tabella dati potete vedere nella parte destra il valore assoluto dell'emissione di ciascun inquinante, mentre nella parte sinistra il valore normalizzato sul valore soglia, ovvero posto il valore soglia uguale a uno, quante volte la registrazione del dato superi il valore soglia. 
Come già sottolineato la scorsa volta, vi è un trend generale di diminuzione delle emissioni, ma restano comunque tutte oltre ogni limite, nessuna esclusa. E alcuni dati sono davvero impressionanti, se ci ricordiamo che l'Ilva sorge a pochi metri da Taranto, in particolare dal quartiere Tamburi, e che i veleni vomitati da centinaia di ciminiere, respirati per decenni dai cittadini, viaggiano a chilometri di distanza. Non si può non notare, nel primo grafico a destra (clicca l'immagine per ingrandire), il benzene, noto cancerogeno, che supera di 219 il valore soglia, così come gli IPA, altamente tossici, 622 volte, e i PCB ben 1208 volte oltri i limiti di legge. Ancor più grave forse il trend di emissione delle diossine (clicca l'immagine per ingrandire), nel secondo grafico, che nonostante la loro accertata tossicità e pericolosità per la salute umana, sono aumentate nel corso degli anni. Ma ora vediamo qual è il rischio per la popolazione associato all'emissione di ciascun inquinante, in particolare in una situazione, come quella di Taranto, di una cronica esposizione ad essi.

Anidride carbonica (CO2): l’anidride carbonica, o biossido di carbonio, è il risultato della combustione di composti organici in presenza di una quantità di ossigeno sufficiente a completarne l'ossidazione. Nell'agosto 2010 la concentrazione di biossido di carbonio nell'atmosfera terrestre è stata pari a 388 ppm (link). Nonostante la sua piccola concentrazione, la CO2 è un componente fondamentale dell'atmosfera terrestre perché - insieme al vapore acqueo ed al metano - intrappola la radiazione infrarossa della luce solare riflettendola nuovamente verso la superficie terrestre (il cosiddetto effetto serra) impedendo alla Terra di raffreddarsi. Si stima che la concentrazione atmosferica di biossido di carbonio prima della rivoluzione industriale fosse 280 ppm, e che quindi sia aumentata del 35% dai tempi della rivoluzione industriale e del 20% dal 1958. La combustione dei combustibili fossili (carbone, petrolio) è la causa di questo aumento per il 64%, mentre la deforestazione è la seconda con il 34% (link). 350 ppm, secondo molti scienziati ed esperti climatici, è considerato il limite di sicurezza per la nostra atmosfera, ma la concentrazione CO2 di è rimasta perennemente oltre questa soglia dal 1988 e aumenta di circa 2ppm ogni anno.

1 ottobre 2010

Ilva di Taranto: oltre ogni limite - I parte

Mi sono preso due giorni di pausa dal blog in quanto il prossimo argomento sarà lungo e complesso e la ricerca e la raccolta delle informazioni ha portato via diverso tempo. Come avrete facilmente intuito si parlerà dell’Ilva di Taranto. Ciò che mi ha colpito, mentre mi documentavo sulla questione, è l’impossibilità delle persone di dimostrare che la causa delle loro malattie siano gli scarichi nell’atmosfera dell’acciaieria tarantina. Eppure è noto che a Taranto ci si ammali di più: l’incidenza di tumori correlati all’inquinamento è maggiore del 31% rispetto alla media italiana, così come aumentano le forme di autismo e deficit intellettivi (solo per l’autismo si stima un aumento del 50% negli ultimi 10 anni). Ma quello che manca per la legislazione italiana è il “nesso causale”, ovvero è necessario individuare con certezza tra un evento e un fenomeno una relazione di causa-effetto. Insomma, deve essere dimostrato senza ombra di dubbio che l’evento è provocato da quel preciso fenomeno. Per il diritto italiano, affermare che esiste un nesso causale tra l’inquinamento e le malattie è impossibile. Infatti, bisognerebbe dimostrare che la persona si è ammalata in quel momento, per colpa di quelle emissioni inquinanti, bisogna provare che quella persona non si sarebbe ammalata se avesse vissuto da un’altra parte. Ovviamente questo è impossibile da dimostrare perché la medicina non è matematica.
Bisogna dire però che a Taranto non c’è solo l’Ilva, ma ci sono ben 9 stabilimenti definiti per legge “inquinanti”, tra i quali il cementificio, la raffineria, l’inceneritore e appunto l’impianto siderurgico più grande d’Europa, l’Ilva, tanto che occupa una superficie pari a 4 volte la città di Taranto che lo ospita. E Taranto è una città che vive grazie alla sua industria siderurgica; all’Ilva lavorano infatti 13mila operai più quelli dell’indotto. Ma la città vive praticamente dentro l’industria siderurgica. Le colline di carbone e di ferro, i cosiddetti “parchi minerari”, materie prime per fare l’acciaio, sono a pochi metri dalle case del quartiere Tamburi . La gente vive immersa in questa pericolosa polvere. E non solo.