31 luglio 2010

Berlusconi e le “mele marce”

Francia, Jeune Afrique. Non si contano più i responsabili politici, i magistrati o gli uomini d’affari chiamati in causa per corruzione. Come se il capo del governo fosse ormai incapace di assicurare protezione dei suoi amici.
Sette mesi dopo l’aggressione di cui è stato vittima di fronte al duomo di Milano, Silvio Berlusconi (73 anni) è tornato sul luogo del “delitto” per ricevere un premio che ricompensa il suo carisma e la sua leadership. Numerosi membri del suo governo si trovano tuttavia coinvolti in scandali. Al punto che molti italiani cominciano a chiedersi se, per il presidente del Consiglio, non sia arrivato il momento di passare il testimone.
Per un po’ si pensava di essere quasi tornati all’inizio degli anni 1990, quando il moltiplicarsi di certi eventi provocò lo sprofondamento di tutto il sistema. Alcune inchieste per corruzione sono in effetti state aperte nei confronti di una sfilza di ministri, uomini d’affari, magistrati e responsabili politici – alcuni sospettati di intrattenere legami con la mafia.

“Odore di melma”
L’ultima fra queste riguarda una presunta società segreta alla quale sono sospettati di appartenere gli alleati più vicini a Berlusconi. Ma per Giulio Tremonti, ministro delle Finanze e possibile successore del Cavaliere, non si tratterebbe altro che di qualche “mela marcia”. Ossia l’albero non sarebbe compromesso, e il frutteto ancora meno. Resta il fatto che Tremonti si è recentemente pronunciato, o per la convocazione delle elezioni anticipate, oppure per l’introduzione di un governo tecnico. “Un odore di melma sta emanando dal palazzo della repubblica” ha seccamente replicato Eugenio Scalfari, fondatore del quotidiano d’opposizione La Repubblica.
Il Giornale, un quotidiano dell’impero mediatico della famiglia Berlusconi, denuncia, da parte sua, il clima di tradimento che prevale attualmente all’apice dello Stato. Per definire le cose, incita Gianfranco Fini, presidente della Camera (e cofondatore del Popolo della Libertà, il partito al potere), a mettere in atto la sua minaccia, velata ma esplicita, di ritirarsi dalla coalizione di governo con i suoi sostenitori. Malgrado resti un attore chiave della scena politica italiana, quest’ultimo è lontano dalla sicurezza di disporre, in Parlamento, di un numero di deputati sufficiente a rovesciare il Governo, ammesso che lo voglia fare.
Ma il principale problema di Berlusconi risiede altrove. È in effetti tutto il sistema clientelare pazientemente edificato con cura ad essere oggi minacciato da un pugno di magistrati. Dal mese di maggio [Berlusconi] è stato costretto ad accettare le dimissioni di 2 ministri e di un alto funzionario del Tesoro. Alcune persone ci vedono la prova che non sia più abbastanza forte da poter assicurare la protezione dei “suoi”.

Leggi anche: Dicono di noi, notizie dell'Italia dall'estero

30 luglio 2010

Pdl, il Partito della Legalità

Nel giorno della grande epurazione dei finiani dal Pdl, la Presidenza del Consiglio fa sapere, attraverso il comunicato ufficiale, le ragioni dell'espulsione. Dopo le dichiarazioni del 28 luglio, forse dettate dalla stanchezza e dal caldo torrido, in cui Berlusconi parla della "legalità come la sua stella polare", contrattaccando alle affermazioni di Gianfranco Fini "nessun incarico nel partito agli indagati" (con chiari riferimenti a Verdini e Cosentino), nel comunicato si fa nuovamente riferimento al  tema della legalità:
"...Persino il tema della legalità per il quale è innegabile il successo del Governo e della maggioranza in termini di contrasto alla criminalità di ogni tipo e di riduzione dell’immigrazione clandestina, è stato impropriamente utilizzato per alimentare polemiche interne. Il PdL proseguirà con decisione nell’opera di difesa della legalità, a tutti i livelli, ma non possiamo accettare giudizi sommari fondati su anticipazioni mediatiche."
Il Fatto Quotidiano aveva sapientemente pubblicato quella che è la "carta d'identità" di questo partito che fa della legalità, a loro detta, una delle colonne portanti. Eppure leggendo questo elenco degli onorevoli pidiellini, viene da pensare facilmente l'esatto contrario. Sono almeno 35 gli indagati o condannati che siedono in Parlamento nelle file del partito del premier, una questione morale che si è allargata con le ultime vicende relative agli appalti sulle grandi opere e con l’inchiesta sulla P3, che coinvolge moltissimi big: da Verdini a Cosentino, da Dell’Ultri al sottosegretario Caliendo. È da sottolineare che per tre onorevoli è stata negata dalla casta parlamentare l'autorizzazione ad utilizzare le intercettazioni telefoniche, mentre altri quattro sono stati "protetti" dall'arresto, richiesto dal Pm.
Abrignani Ignazio (deputato): è stato indagato a Milano per dissipazione post fallimentare nelle indagini sulla bancarotta Cit, agenzia di viaggi dello Stato.
Berlusconi Silvio (premier): 2 amnistie (falsa testimonianza P2, falso in bilancio Macherio); 2 assoluzioni per depenalizzazione del reato (falso in bilancio All Iberian, Sme-Ariosto); 8 archiviazioni (6 per mafia e riciclaggio, 2 per concorso in strage); 6 prescrizioni; 3 processi in corso (frode fiscale Mediaset, corruzione in atti giudiziari Mills, frode fiscale e appropriazione indebita Mediatrade), tutti sospesi in attesa che la Consulta si pronunci sulla legge sul legittimo impedimento.
Berruti Massimo (deputato): condannato a 8 mesi per favoreggiamento per aver depistato nel 1994 le indagini sulle tangenti Fininvest.
Brancher Aldo (deputato): condannato in secondo grado per falso in bilancio e finanziamento illecito, reato prescritto (il primo) e depenalizzato (il secondo). È imputato anche per la scalata Bnl, per la quale i suoi legali hanno chiesto il legittimo impedimento nel breve periodo in cui è stato ministro per il Federalismo. È stato quindi condannato a 2 anni di reclusione e 4mila euro di multa.
Caliendo Giacomo (senatore e sottosegretario): indagato nell’inchiesta sulla nuova P3.
Camber Giulio (senatore): condannato a 8 mesi per millantato credito nell’ambito della Kreditna Banka. Era accusato di aver preso 100 milioni di lire.
Cantoni Giampiero (senatore): ha patteggiato 2 anni per corruzione e poi per concorso in bancarotta fraudolenta.
Ciarrapico Giuseppe (senatore): 5 condanne definitive fin dagli anni ‘70 per falso e truffa.

29 luglio 2010

Marea nera: sei domande, sei risposte

Dopo il disastro ambientale dovuto all'incidente della piattaforma Deepwater Horizon nel Golfo del Messico, Greenpeace ha presentato “Orizzonte nero”, un documento che si propone di comprendere meglio, attraverso sei semplici domande e relative risposte, cosa sta accadendo in Louisiana, cercando di aprire uno spiraglio tra la rete di menzogne e falsità giornalmente diffuse. Greenpeace punta il dito contro Barack Obama, reo di aver dato vita ad un’inversione di tendenza dopo una moratoria durata 20 anni sulle nuove trivellazioni al largo della costa atlantica annunciata, tra le polemiche, il 2 aprile scorso, quando l’apertura di nuovi impianti off-shore veniva individuata come un elemento necessario per ridurre la dipendenza energetica americana dai paesi stranieri. Il tutto dopo tante promesse di "rivoluzione verde" e green economy in campagna elettorale. Un pedaggio pagato, secondo Greenpeace, alle lobby petrolifere per far passare un "Climate Bill"(la legislazione per la riduzione delle emissioni di gas serra) che riduce le emissioni degli USA solo del 4% rispetto al 1990 (anno di riferimento del Protocollo di Kyoto). Obama è stato subito ripagato da BP (che da oggi si chiamerà Beyond Petroleum, ovvero "Oltre il petrolio"..!! e non più British Petroleum), proprietaria della Deepwater Horizon, con una marea nera che lascerà il segno.
“It turns out, by the way, that oil rigs today generally don’t cause spills. They are technologically very advanced.”
[Risulta poi, tra l’altro, che oggi le piattaforme petrolifere generalmente non causano sversamenti. Sono tecnologicamente molto avanzate.]

Barak Obama - 2 aprile 2010
1. Un incidente senza precedenti?
Falso! La moratoria alle estrazioni petrolifere offshore negli USA non è cominciata per caso. Nel 1969 esplodeva infatti la piattaforma Santa Barbara (California): in dieci giorni, furono rilasciate in mare 12-13.000 tonnellate di petrolio. Almeno 10.000 uccelli furono uccisi. Dieci anni dopo era la volta della Ixtoc1, della compagnia di Stato messicana PeMex: 450-480.000 tonnellate di petrolio furono rilasciate in mare nell'arco di oltre 9 mesi, nel Golfo del Messico. E' il maggior rilascio di petrolio in mare mai registrato, con danni anche negli USA che la PeMex non volle mai pagare. Migliaia di tartarughe marine furono sgomberate con gli aerei dalle spiagge messicane, pesantemente contaminate. Altri pesanti rilasci di petrolio furono causati dalle 30 piattaforme danneggiate o affondate dall'uragano Katrina, nel 2005: proprio in Louisiana.

2. Una tecnologia all'avanguardia?
Falso! La piattaforma Depwater Horizon non è della BP, che l'ha affittata dalla Transocean, alla modica cifra di 500,000 US$ al giorno. Con quella stessa cifra, la BP avrebbe potuto acquistare, e utilizzare, un sistema di bloccaggio del pozzo "a distanza" (azionabile con un sistema acustico, dalla superficie). Perché questo utile congegno, obbligatorio in Norvegia e in Brasile, non è stato utilizzato in una piattaforma assolutamente all'avanguardia (come sostiene la stessa BP)? L'uso di questo congegno è stato a lungo dibattuto negli USA, almeno dal 2000. Ma, dopo forti pressioni della lobby petrolifera, nel 2003 lo US Mineral Management Service concludeva che "questi sistemi non sono raccomandati perché tendono a essere troppo costosi". Certo, mezzo milione di dollari sono una bella cifra: ma sono appena il costo dell'affitto giornaliero di una piattaforma. E nel primo quadrimestre 2010 la stessa BP, che ha fatto profitti per quasi 6 miliardi di dollari, per attività di lobby al Congresso USA ha speso non meno di 3,5 milioni di dollari.

Legge anticorruzione


Pronto il disegno di legge anti-corruzione. Ora finalmente lo potranno colorare.


28 luglio 2010

I dispiaceri della carne - II parte

(...continua dalla prima parte...)
"Il malaffare e l'opacità mettono a dura prova qualunque sorveglianza", dice il biologo Pierluigi Cazzola, responsabile a Vercelli dell'Istituto zooprofilattico sperimentale (Izs). Basti pensare al documento riservato, e non ufficiale, che il ministero della Salute ha discusso il 19 maggio con esponenti dei carabinieri, dell'Istituto di zooprofilassi e dell'Istituto superiore di sanità. "Al centro dell'attenzione, c'era la tabella del ministero con i farmaci prescritti agli animali d'allevamento", spiega un testimone. "In particolare, si è chiesto alle Regioni di specificare quante volte nel 2009 i veterinari avessero legalmente permesso agli allevatori di utilizzare sostanze delicate per la salute animale (e quindi umana) come gli ormoni." L'esito, poco credibile, è che in Emilia Romagna su 46 mila 383 prescrizioni ordinarie non è risultato nessun caso. Idem per la Sicilia, su un totale di 9 mila 641 prescrizioni. Per non parlare di Lombardia, Liguria, Campania, Calabria, Basilicata, Veneto, Friuli e Sardegna, che scaduti i termini di consegna non avevano ancora inviato i dati.

In questo clima, viene da pensare, tutto è possibile: non solo dentro i capannoni intensivi, ma anche nei pascoli di montagna. Raccontano gli allevatori abruzzesi onesti, ad esempio, che le loro parti non sono esenti da illegalità: "Si tratta", spiega uno di loro, "delle marche auricolari, i sigilli che per gli animali equivalgono a carte d'identità". Un tempo erano targhe metalliche, difficilmente trasferibili da una bestia all'altra. "Oggi invece sono di plastica, si staccano senza problemi, e vengono applicate alle bestie straniere, importate di nascosto ed escluse dal circuito sanitario". Oppure, dice un altro allevatore, "c'è chi le marche auricolari non le mette proprio, allevando anche animali malati". E non sono notizie per sentito dire. Per verificarlo basta salire fino ai pascoli di Pratosecco, sopra al comune di Camerata Nuova, e osservare un branco di circa 300 vacche. La maggioranza dei capi, va sottolineato, ha regolari marche. Altri, invece, no. "Il problema è capire di chi sono questi animali", spiega Massimiliano Rocco di Wwf Italia, presente al sopralluogo, "e poi catturarli: tracimano ovunque, dai prati ai boschi, in un circuito di illegalità che parte dall'estero e arriva al nostro territorio".

Certo: non sbaglia François Tomei, direttore di Assocarni, quando sostiene che nel suo settore "il numero di controlli ufficiali in Italia è superiore a quello di qualsiasi altro Paese". E fa bene a ricordare che "la filiera italiana ha un prodotto con caratteristiche organolettiche e nutrizionali particolarmente elevate". Ma non è ancora sufficiente, a chiudere il discorso: "A tutelare i consumatori, sarebbe utile anche un'Agenzia per la sicurezza alimentare", dice la senatrice Colomba Mongiello (Pd), "ma il governo ha pensato di inserirla tra gli enti inutili". Ora, spiega, si è arrivati a una probabile retromarcia, ma se anche l'Agenzia dovesse partire mancherebbero gli indispensabili decreti attuativi: "La sensazione è che, in un Paese che mal tollera i controllori, non sia un ritardo casuale". Quanto al fronte estero, e al rischio che i nostri confini siano attraversati da bestiame malato, o in ogni caso fuori controllo, è utile leggere i regolamenti comunitari. Soltanto così, infatti, si apprende che in Europa i controlli spettano alle nazioni che esportano bestiame, mentre gli Stati riceventi possono giusto svolgere "controlli per sondaggio e con carattere non discriminatorio". Un obbligo che limita l'eccellente rete dei nostri Uffici veterinari per gli adempimenti degli obblighi comunitari (Uvac) e dei Posti di ispezione frontaliera (Pif). "Ma soprattutto", commentano i veterinari, "fa guardare con sospetto al lungo elenco di nazioni che non segnalano alcuna positività delle loro bestie alle sostanze proibite". Tra queste, recita la tabella disponibile del 2007, Bulgaria, Danimarca, Estonia, Finlandia, Ungheria, Irlanda, Lussemburgo, Romania, Slovenia, Repubblica slovacca e Svezia.

27 luglio 2010

I dispiaceri della carne

Controlli insufficienti. Allevamenti lager. Macellazioni clandestine. Ampio uso di farmaci. È allarme per gli animali che finiscono sulle nostre tavole. E ogni italiano ne consuma 92 chili l'anno.

Nel piatto c'è un filetto al sangue. O una costata di maiale. O un pollo al forno che aspetta di essere divorato. La forchetta è già a mezz'aria quando si affaccia un dubbio: ma in che percentuale, la carne macellata in Italia, viene controllata dai veterinari pubblici? Insomma: quanto possiamo essere certi che, nel cibo che stiamo mangiando, non siano contenute sostanze tossiche o comunque pericolose?
La prima risposta arriva da Francesca Martini, sottosegretario alla Salute: "Il consumatore italiano può stare tranquillo", garantisce, "la sicurezza della filiera alimentare è assoluta, anche per la carne. Tutti gli standard europei vengono rispettati. I nostri veterinari sono un esempio di professionismo.
Dunque non c'è da preoccuparsi". O meglio: non ci sarebbe, se non si intrecciassero i dati dell'anagrafe nazionale bovina, dell'Istat e dell'Unione nazionale avicoltura con le statistiche del Piano nazionale residui, il programma ministeriale "di sorveglianza sulla presenza, negli animali e negli alimenti di origine animale, di residui di sostanze chimiche che potrebbero danneggiare la salute pubblica".
Da questo intreccio di analisi escono numeri poco entusiasmanti, scenari poco popolari. Nel 2009, ad esempio, la percentuale dei controlli sui bovini macellati (in tutto 2 milioni 949 mila 828) ha riguardato 15 mila 803 capi, ed è stata pari allo 0,5%. Dei 13 milioni 616 mila 438 suini macellati, invece, i veterinari ne hanno controllati 7 mila 563, cioè uno striminzito 0,05%. E ancora meno sono stati controllati gli 11 milioni 740 mila quintali di volatili macellati (tra polli, tacchini, oche e quant'altro), con un totale di 4 mila 316 verifiche e il record negativo dello 0,03% (inferiore agli standard imposti dalle direttive Ue).
"Il settore delle carni è una polveriera, ne paghiamo ogni giorno le conseguenze, ma nessuno ha interesse a sollevare la questione", dice Enrico Moriconi, presidente dell'Associazione veterinari per i diritti animali (Avda). Un problema di prima grandezza, considerando che lo scorso anno gli italiani hanno consumato in media 92 chili di carne a testa, e che per il presidente di Assocarni Luigi Cremonini "i consumi sono destinati a crescere". Eppure l'opinione pubblica è serena: "La gran parte della popolazione continua a non chiedersi cosa può nascondere una bistecca", sostiene Moriconi: "Al massimo si agita quando scoppiano episodi di straordinaria gravità: come l'influenza aviaria nel 1999 e 2002, la cosiddetta mucca pazza nel 2001, o le carni suine irlandesi contaminate dalla diossina nel 2008".
Emergenze che la sanità italiana ha affrontato senza sbandamenti, va riconosciuto, adeguandosi velocemente ai protocolli internazionali. Ma la comune origine di questi allarmi è rimasta identica: "Una zootecnia suicida basata sugli allevamenti intensivi", la chiama Roberto Bennati, vicepresidente della Lega antivivisezione (Lav). "Una strategia industriale che, partita dagli Stati Uniti nel dopoguerra, è arrivata in Europa travolgendo regole e tradizioni".
Anno dopo anno, ettaro dopo ettaro, al posto dei pascoli si sono imposti capannoni "dove gli animali vivono in condizioni di sovraffollamento, immersi nell'inquinamento dei loro stessi escrementi (pregni di ammoniaca per i bovini, e metano per il pollame), con limitate possibilità di movimento e reiterati bombardamenti farmacologici". Non importa che anche la Food and agricolture organization, a nome delle Nazioni Unite, definisca queste strutture "un vivaio di malattie emergenti". Malgrado la crisi, l'industria italiana delle carni nel 2009 ha fatturato 20,5 miliardi di euro. Ed è una cifra che colpisce, oltre che per dimensioni, per il confronto con la quantità di bestiame che muore all'interno delle nostre aziende zootecniche. "Nel 2008", documenta la Lav, "sono morti in Piemonte 20 mila 700 bovini allevati. In Veneto sono arrivati a quota 24 mila 433. In Emilia Romagna ne hanno contati 18 mila 217 e in Lombardia 67 mila 996. È accettabile questo cimitero? E chi può dire, in buona fede, che non bisogna allarmarsi?".

26 luglio 2010

CSM senza politica



Appuntamento settimanale con Passaparola di Marco Travaglio. Argomento della puntata, le infiltrazioni della nuova P2 nel Consiglio Superiore della Magistratura, il cui mandato avrà scadenzae il 31 luglio, e l'elezione del nuovo Consiglio, con i partiti di maggioranza e opposizione che, contro gli intendimenti dei Padri Costituenti, cercano di "infiltrare" amichetti e politicanti tra i membri laici, eletti dal Parlamento, piuttosto che optare per alti esponenti del mondo del diritto e della giurisprudenza.

Libera satira in libero stato - Parte 6

Sabato 17 luglio
- La Lega annuncia le ronde anti-evasione. Se un imprenditore sarà sorpreso ad evadere, le guardie Padane bastoneranno i suoi operai extracomunitari.
- Il premier in soccorso di Cota: “Gli avversari non digeriscono la sconfitta”. Sarà necessario un po’ di olio di ricino.
- Casini: “Chi ci governa dovrebbe essere attento a chi frequenta”. E non cenare con chiunque a casa di Vespa.


Domenica 18 luglio
- Tremonti ammette: “C’è una questione morale”. Dopo la Manovra, quello degli italiani è sottoterra.
- Alla mostra di Caravaggio record di visitatori, numeri da vera Rock Star. Più che del Caravaggio, sembrava la mostra di Ligabue.
- Avvistati alcuni UFO nei cieli cinesi. Si sospetta però, che si tratti di copie contraffatte.


Lunedì 19 luglio
- Marrazzo farà inchieste per RAI3 ma non tornerà davanti alle telecamere. Ha capito che dietro gli piace di più.
- Referendum per l’acqua pubblica: un milione e 400mila sottoscrizioni. E’ il record di firme, dopo quello di Napolitano.
- Consegnato a Berlusconi il Premio Grande Milano. Il Premier è tornato in piazza Duomo dopo 7 mesi, per riceve la seconda statuetta.


Martedì 20 luglio
- Intercettazioni, un emendamento allenta il bavaglio. Stanno cercando di dare un colpo al cerchio e uno allo Stato.
- A Milanello, i tifosi contestano Berlusconi con uno striscione: “E’ un anno che non ti fai vedere”. Già pronto uno striscione così anche nei tribunali.
- Hillary Clinton annuncia che il ritiro dall’Afghanistan inizierà nel 2011 e terminerà nel 2014. Il piano di rientro, infatti, prevede di passare dalla Salerno-Reggio Calabria.


Mercoledì 21 luglio
- Tremonti: “Con questa manovra abbiamo toccato i papaveri”. Da com’è scritta, avrei giurato che se li fossero fumati.
- P3, Mancino afferma che sul CSM c’è un cono d’ombra. E che in quanto vice Presidente, tocca a lui parcheggiarci la macchina.
- Secondo l’ISTAT, i divorzi sarebbero raddoppiati. Perfetta la media inglese di Silvio Berlusconi.

25 luglio 2010

Financial Times: Bersani inefficace

Financial Times. Berlusconi canta mentre il governo si sgretola.

19 luglio. Sette mesi dopo essere stato colpito in faccia da un uomo che brandiva un modellino del Duomo di Milano, Silvio Berlusconi la scorsa notte (18 luglio, ndt) ha deciso di tornare sulla scena del crimine per ricevere un premio celebrativo del suo carisma e della sua leadership.
I quotidiani hanno a lungo dibattuto se il primo ministro italiano - un ex cantante di navi da crociera - avrebbe eseguito un duetto nella cattedrale gotica accanto all'ospite d'onore Charles Aznavour. Il celebre cantante francese, oggi 86enne, è nel suo tour di congedo. Con il suo governo che si sta frantumando per gli scandali di corruzione, in Italia molti si chiedono se sia giunto il momento per il signor Berlusconi, 73 anni, di fare altrettanto.
Con una discussione ancora tutta aperta per quanto riguarda l'era post-Berlusconi, in Italia si dibatte se la raffica di inchieste per corruzione che stanno coinvolgendo ministri, imprenditori, giudici e politici - alcuni con presunti legami con la mafia -  non significhi un ritorno ai primi anni '90 quando l'establishment politico crollò sotto gli scandali milanesi di Tangentopoli.
Per Giulio Tremonti, ministro delle finanze e uno dei possibili candidati alla succesione del presidente Berlusconi, l'ultima inchiesta su una presunta società segreta che coinvolge i più stretti alleati del premier, riguarda solo poche "mele marce", o tutt'al più una "scatola piena". "Ma l'albero non è marcio, e neanche il frutteto", insiste Tremonti in un'intervista a un quotidiano in cui riconferma la sua fedeltà al primo ministro ed esclude la soluzione delle elezioni anticipati o della formazione di un governo di emergenza.
Eugenio Scalfari, fondatore del quotidiano di opposizione La Repubblica, è stato schietto nella risposta. "Questa è la melma che sta venendo fuori e il suo puzzo proviene dai palazzi del potere", ha scritto, prevedendo che il presidente Berlusconi potrebbe tentare di risolvere la sua crisi di medio termine evocando le elezioni anticipate.
Il Giornale, quotidiano dell'impero mediatico della famiglia Berlusconi, ha aggiunto che Berlusconi sta navigando in acque pericolose, sollecitando Gianfranco Fini, presidente della Camera e co-fondatore del partito del Popolo delle Libertà, a realizzare la sua tacita, ma chiara minaccia di condurre una fazione separatista fuori dalla coalizione. Il presidente Fini, la cui lunga carriera lo ha visto transitare dal neo-fascismo al post-fascismo e abbracciare le forme più centriste della politica, resta un giocatore chiave. Ma vi è il dubbio se abbia i numeri in Parlamento per far cadere il Governo, anche se volesse farlo.
Il problema più grosso di Berlusconi, non è tanto la sua difficoltà nel far passar leggi controverse in Parlamento. Piuttosto, è la sensazione che il sistema di clientelismo - lo scambio di favori - si stia sgretolando sotto il lavoro zelante di un gruppo relativamente piccolo di pubblici ministeri. Aver dovuto accettare le dimissioni di due ministri e di un importante sottosegretario del Tesoro da maggio è visto come un segno che Berlusconi non è più abbastanza forte da proteggere i suoi.
Andrea Romano, direttore del gruppo di esperti di Futura Italia - un'idea del presidente della Ferrari Luca di Montezemolo, che è un altro potenziale leader per il futuro - ha detto che l'allargarsi delle indagini per corruzione potrebbe segnare la fine di quella che gli italiani chiamano Seconda Repubblica, che ha seguito il crollo della prima tra gli scandali di Tangentopoli. "Stiamo assistendo al fallimento della Seconda Repubblica per iniziare una nuova storia politica del nostro paese", ha detto al Financial Times. "Gli italiani stanno sempre più perdendo fiducia nel loro partiti politici". Tuttavia Romano è convinto che l'onorevole Berlusconi, che entrò prepotentemente nelle scene nel 1994 come l' "anti-politico", farà la sua "scommessa finale", convocando le elezioni anticipate nella prossima primavera. Se riuscisse a vincere un nuovo mandato - e nonostante il suo gradimento stia calando resta relativamente popolare - allora Berlusconi potrebbe coronare la sua carriera facendosi eleggere dal Parlamento a Capo dello Stato nel 2013.
Questa ipotesi è alimentata dalla leadership inefficace di Pierluigi Bersani dei democratici di opposizione. Seguendo il suo suggerimento che il primo ministro dovrebbe "prendersi una pausa", piuttosto che passare l'estate a riorganizzare il suo partito, il Corriere della Sera, uno dei principali quotidiani, ha commentato: "Se questo è tutto quello che il capo dell'opposizione riesce a dire allora sarebbe meglio chiamare al suo ruolo il primo che passa per la strada."
Articolo originale "Berlusconi sings as government crumbles", Financial Times (è necessario registrarsi al quotidiano per accedere)

24 luglio 2010

A un passo dal fallimento

La Commissione europea ha predisposto due strumenti per consentire agli Stati membri di bandire gli Ogm: una Raccomandazione (non vincolante) e l’introduzione di un nuovo articolo all’interno della preesistente Direttiva 2001/18. Ma nonostante l'entusiasmo di associazioni di consumatori e agricoltori, che da anni difendono un modello agricolo ecologico e basato sulla biodiversità, restano comunque molte perplessità. La Commissione europea alla fine ha optato per l'autorità dei singoli Stati in materia, non perseguendo quel “modello agricolo europeo Ogm-free” tanto agognato. Inoltre, questa “apertura” della Commissione potrebbe snellire l’iter autorizzativo per l'utilizzo di Ogm, eliminando quindi le remore di quei Paesi che finora non ne hanno consentito l'utilizzo per il complesso iter burocratico, richiesto fino ad ora per l’introduzione di nuovi prodotti biotech in Europa. Questi, una volta autorizzati, potranno circolare liberamente e finire sulle tavole dei cittadini (nonostante la loro contrarietà a consumare prodotti transgenici).
Al Ministro Galan che, in un’intervista al quotidiano Terra si dice preoccupato per la ricerca e la sperimentazione, ricordiamo che gli Ogm hanno a che fare con la tecnologia (non con la conoscenza), con i brevetti (non con l’etica), con il mercato globale e standardizzato (non con i prodotti tipici locali). L’agricoltura italiana ha effettivamente bisogno di investimenti nella ricerca e nella conoscenza, non per lo sviluppo di prodotti trasgenici, ormai obsoleti e rifiutati dal mercato, ma per l’applicazione di principi ecologici. Gli Ogm infatti si sono rivelati fallimentari su tutti i fronti, sia economici che agronomici, una volta usciti dai laboratiori dei colossi del settore come la Monsanto e provati direttamente sul campo, dove l'immensità del numero di variabili non è di certo riproducibile in un laboratorio, per quanto moderno e ipertecnologico.

Fallimenti economici
Sondaggi d’opinione effettuati in molti paesi a livello mondiale hanno ripetutamente dimostrato come la maggioranza delle persone sia preoccupata rispetto alla sicurezza degli alimenti geneticamente modificati, e chieda che, se messi in commercio, vengano opportunamente separati e chiaramente etichettati (Commissione Europea, 2001). Così il mercato, la sicurezza e la politica spesso richiedono che le coltivazioni geneticamente modificate siano mantenute separate da quelle convenzionali e biologiche, ma anche adottando il miglior sistema di segregazione, è difficile evitare le contaminazioni, e una singola contaminazione costa milioni di dollari a ogni comparto del settore agricolo.
Le spese che sono quindi necessarie per mantenere separate le due colture, si riflettono in grossi oneri per gli agricoltori, i commercianti e l’industria alimentare e quindi, in ultima analisi, sul consumatore finale. Infatti i costi derivanti dai sistemi di separazione Ogm-convenzionale, sono sostenuti ad ogni livello del sistema produttivo, dalla produzione delle sementi fino alla trasformazione in alimenti.
Uno degli esempi più importanti del fallimento economico degli Ogm è quello del lino. Questo infatti, denominato flax in Nordamerica, è una coltura adatta alle latitudini settentrionali, finalizzata principalmente alla produzione dell'olio - di cui tali semi sono ricchi - e a molteplici impieghi in campo alimentare, nella produzione di mangimi e nel settore industriale. Nel 2009 è stata scoperta una contaminazione causata da una varietà di semi di lino Ogm nelle partite destinate all'esportazione dal Canada verso l'Europa e il Giappone, che ha determinato un collasso del mercato e ingenti perdite economiche per i produttori canadesi. Infatti il prezzo di vendita è crollato da 12,50 dollari canadesi a 6,80 in alcuni porti canadesi. Anche l'industria della trasformazione e gli operatori al dettaglio europei ne hanno subito i contraccolpi economici, a seguito del ritiro di prodotti in vari paesi. Ora i raccolti restano invenduti nei magazzini e il volume delle spedizione è praticamente inesistente, tanto che per il 2010 è prevista una riduzione del 24% nelle semine.

Fallimenti agronomici

23 luglio 2010

Pdl, il Partito del Latrocinio

Pubblico volentieri questa lettera apparsa su Micromega (Repubblica) di padre Paolo Farinella , uno dei pochi uomini di Chiesa che si ispira a quelli che dovrebbero essere i veri valori della Cristianità, al contrario di Don Verzè e tanti altri, il Paparazzo in primis. Quel Carlo Maria Verzè che continua a mantenere l'appellativo di "Don" nonostante nel 1964 gli venga comminata dalla Curia milanese, guidata dall'allora cardinale Montini, «la proibizione di esercitare il Sacro ministero», mentre nel 1973 viene sospeso a divinis dalla stessa Curia, presieduta allora dal cardinale Giovanni Colombo. Secondo lo stesso Papa Paolo VI infatti, Don Verzè si occupava troppo di affari e poco di fede. Ma presto iniziano anche i guai con la giustizia: nel marzo 1976 è stato condannato dal tribunale di Milano ad un anno e quattro mesi di reclusione per tentata corruzione in relazione alla convenzione con la facoltà di medicina dell’università Statale e la concessione di un contributo di due miliardi di lire da parte della Regione Lombardia. Inoltre è stato incriminato di truffa aggravata nei confronti della signora Anna Bottero alla quale ha sottratto un appartamento del valore di 30 milioni di lire. Nel marzo del 1977 Verzé è riconosciuto colpevole di «istigazione alla corruzione». Ma, tra archiviazioni, rinvii a giudizio e prescrizioni, non si arriverà per nessuno a sentenze definitive. Malgrado questi eventi, la crescita del San Raffaele non si ferma e nel corso degli anni '90 aumenta la sua capacità di ospitare i degenti; tuttavia la magistratura si accorge di qualcosa che non va nell'andamento dei lavori. Nel 1995 infatti Verzé finisce nel mirino della magistratura per presunte irregolarità. Una serie di collusioni fra Luigi Verzé e un rappresentante del SISMI, Pio Pompa, sono state riscontrate all'interno di un'indagine giudiziaria a carico di quest'ultimo e Nicolò Pollari. Dalle carte risulta che Pompa teneva costantemente al corrente Verzé di quanto accadeva in ambito politico ed istituzionale, affinché Verzé stesso potesse sfruttare le suddette informazioni in modo da ottenere particolari vantaggi per le sue attività imprenditoriali. Detto questo, è facile capire xke sia il confessore personale del Premier.
Buona lettura.

Paolo Farinella. "Dopo il volo del duomo di Milano che navigando tra la folla andò ad insozzarsi in una faccia tumefatta di suo perché appesantita da km 18,50 di mascara artificiale, nacque come reazione il «partito dell’amore». Per mesi abbiamo visto la faccia del sanguinario capo, gridare e urlare che lui e loro non odiano, ma amano fino alla bestemmia in quella bocca spergiura che «L’amore vince l’odio». Non sanno più che pesci pigliare per accreditarsi per quello che non sono e non saranno mai. Il capo e i suoi manutengoli, i servi e le schiave che vivono di rendita, sono esperti nell’odio e nella calunnia, nella falsità e nello spergiuro. Urlano, inveiscono e sbraitano di essere il «partito dell’amore», ma si arrabbiano se si dice che il loro capo è così abietto che per avere un po’ di sesso se lo deve comprare, anzi se lo deve fare comprare pagando professioniste del mestiere. Poveracci, sono tanto il partito dell’amore che si sbranano tra di loro, si infangano, si uccidono.
Costui e costoro sono solo il «Pdl» cioè il «Partito Del Latrocinio» o se volete il «Partito Di Latta» visto che il partito non conta proprio nulla, ma è solo il predellino di un’auto (per giunta non italiana) su cui il capo mafioso poggia il suo piede con tacco rialzato. Credevamo che la vecchia Dc e il ladro contumace Craxi avessero toccato il fondo; invece dobbiamo ricrederci: questi qua che avrebbero dovuto essere «ricchi di suo» e quindi sazi, si sono dimostrati famelici più di tutti coloro che li hanno preceduti. Questa è la vera celebrazione del 150° dell’unità d’Italia: allora Massimo D’Azeglio aveva un progetto: «Abbiamo fatto l’Italia ora dobbiamo fare gli italiani». A distanza di un secolo e mezzo l’Italia è in pieno deliro leghista in corsa verso la frantumazione e gli Italiani sono letteralmente fatti. Fatti e strafatti. Il dramma comico è che chi se li fa è un essere ributtante e laido e lascivo che è riuscito a fare apparire il mostro di Notre Dame come la bella addormentata nel bosco.
Bossi ha incoronato i suoi pargoli trigliati come suoi eredi assicurando loro la prebenda lauta della casta politica e dire che lui era contro «Roma ladrona» e i leghisti amano stare controvento mentre il loro boss mammasantissima orina. Cota sembra che abbia vinto con l’imbroglio e ora si appella al popolo. Hanno tolto l’ici anche ai ricchi e straricchi e ora si accingono a mettere una super tassa sui fabbricati, ma vogliono farla passare come riforma del catasto.
Lo chiamavano partito delle libertà; invece era la cricca del malaffare. Lo chiamavano il popolo della libertà; invece era il gregge della mafia, della ‘ndrangheta e della camorra. Lo chiamavano il capo carismatico; era solo un capobastone e nemmeno tra i più quotati perché manovrato e ricattato dai mammasantissima. Lo chiamavano «meno male che Silvio c’è»; invece era la convergenza di un sistema di cloache che hanno reso la nazione un letamaio e lerciume senza precedenti nella storia.
Ha ricevuto anche il premio come «Statista di rara capacità» per furto con destrezza, per evasione fiscale, per falso in bilancio, per corruzione di giudici e testimoni, per spergiuro sulla testa dei figli. Quando la sentina fuoriesce dalle fogne è il segno che le fogne stanno scoppiando e può cominciare un nuovo progetto di pulizia e di depurazione. Basterebbe che il Pd, il partito che non c’è, battesse un colpo e prendesse il timone dell’opposizione dura e senza compromessi di sorta. Non si fanno accordi di alcun genere con i mafiosi malavitosi di stampo berlusconista. Bisogna solo cacciarlo nella fogna da cui è venuto, lui e il suo parterre dell’amore a pagamento. Il bello deve ancora venire perché il macellaio Verdini ha più trippa di quanta lascia intendere. Restate nei paraggi.

22 luglio 2010

Svezia: lo Stato trattò con la mafia

Dagens Nyheter, 20 luglio. Lo Stato ha avuto contatti con la mafia

Lo Stato italiano ha trattato con la mafia siciliana, e questo non è più una tesi azzardata di molti politici e magistrati. In vista della 18esima commemorazione a Palermo dell’omicidio del giudice Paolo Borsellino, le trattative sono adesso accettate come un fatto giuridico.
L’omicidio fu il culmine dell’attacco della mafia siciliana Cosa Nostra allo Stato italiano. Borsellino fu ucciso con un attentato una caldissima domenica il 19 luglio 1992, durante una visita a Palermo dove era andato per trovare la mamma anziana. L’attentato è avvenuto solo cinque settimane dopo l’uccisione del collega Giovanni Falcone in una strage simile.
Il giornalista televisivo Maurizio Torrealta ha seguito la mafia e la Sicilia per decenni. E anche l’autore del libro “La trattativa”, un libro di oltre 600 pagine che parla di tutti i contatti avvenuti fra la mafia siciliana e lo Stato. Il libro è uscito in una seconda edizione ed è subito entrato nella classifica dei libri più venduti.
“In passato nessuno voleva sentire la verità su questi contatti, i tempi non erano maturi, spiega il giornalista e aggiunge che l’attentato contro Borsellino non può essere visto come un tradizionale attentato mafioso.”
Questo è anche quanto detto in diverse occasioni dal boss dei boss, Totò Riina, il quale ha perfino sostenuto che “l’attentato contro Borsellino è stato un atto dello Stato”.
Soltanto un centinaio di persone hanno partecipato alla marcia di commemorazione domenica a Palermo, un corteo che è partito dal luogo dell’attentato per arrivare fino al Castello Utveggio, in alto sopra la città. Il castello è stato indicato come sede temporanea degli ex servizi segreti italiani, Sisde, che secondo alcuni indagini potrebbero essere stati coinvolti nell’attentato. I partecipanti al corteo domenica avevano tutti in mano una copia de “l’agenda rossa” di Borsellino: una piccola agenda dove il giudice si segnava dettagli particolarmente importanti per le indagini. L’agenda sparì dalla sua borsa subito dopo l’attentato, e non è mai stata ritrovata.
Il giudice capo pro tempore Antonio Ingroia, che ha lavorato sia con Falcone che con Borsellino, sostiene che l’attentato contro Borsellino non sarebbe dovuto succedere così vicino a quello di Falcone. “L’attentato è stato anticipato, molto probabilmente perché Borsellino rappresentava un ostacolo nelle trattative tra lo Stato e la Cosa nostra. Le trattative sono realmente avvenute, questo lo sappiamo, e se Borsellino l’avesse saputo avrebbe fatto di tutto per fermarle", dice Ingroia al Corriere della Sera.
In vista dell’anniversario degli attentati erano state esposte a Palermo due grandi statue in gesso dei giudici. Le statue sono state vandalizzate e ribaltate sabato notte. La polizia sta adesso indagando su quello che potrebbe essere una ragazzata o un sabotaggio professionale.
La sorella, Rita Borsellino, attualmente Deputata del Parlamento europeo, pensa che l’atmosfera a Palermo sia peggio oggi rispetto a 18 anni fa: “Allora sapevamo chi erano i nostri amici e chi erano i nostri avversari. Oggi non sappiamo più di chi ci possiamo fidare.”
Durante la cerimonia di commemorazione il fratello Salvatore Borsellino ha sottolineato come adesso siamo solo molto vicini a scoprire la verità sul perché fu ucciso Paolo Borsellino. Allo stesso tempo ha detto al Corriere della Sera di aver paura: “Oggi non vengono più fatti attentati contro i giudici, ma ci sono altri modi per neutralizzare la magistratura.”
Articolo originale "Staten hade maffiakontakt" di Peter Loewe (pubblicato su edizione cartacea nella sezione Esteri del Dagens Nyheter lunedì 19 a pagina 15.)

Leggi anche: Dicono di noi, notizie dell'Italia dall'estero

Brasile: la mafia, la P2 e i pochi dubbi su Cesare

Terramagazine, 18 luglio. Mafia e nuova loggia massonica P2. Abbattute le statue dei giudici Falcone e Borsellino

"Il periodo tra il 23 maggio e il 19 luglio è un momento di grande emozione e riflessione per il capoluogo della Sicilia, Palermo. Tutti gli anni, con l´anima afflitta e il cuore che sanguina, sento quest’atmosfera quando prendo parte alle celebrazioni. Partecipo come co-relatore nei congressi organizzati nel palazzo di Giustizia dall´Università di Palermo e dal Consiglio Superiore della Magistratura italiana.

In questo breve spazio di tempo tra il 23 maggio e il 19 luglio del 1992 la mafia siciliana, conosciuta anche come Cosa Nostra, assassinò i giudici Giovanni Falcone e Paolo Borsellino. Nella strage di Capaci insieme a Falcone morirono la moglie e tre uomini della scorta. L´esplosione di via D´Amelio oltre a Borsellino uccise cinque membri della sua scorta. Per la prima volta una donna della scorta venne ammazzata in servizio. Dettaglio rilevante: dopo l´esplosione del 19 luglio 1992, all´interno dell´automobile di Borsellino parcheggiata a pochi metri dal luogo della detonazione, venne aperta la sua borsa (appoggiata sul sedile posteriore) e fu fatta sparire la sua agenda (di colore rosso) con le annotazioni su Cosa Nostra e le sue relazioni con il mondo della politica e degli agenti del servizio segreto dello Stato italiano. A tutt’oggi non si è scoperto chi trafugò l’ “agenda rossa” di Borsellino.

Alla vigilia dell´inizio delle celebrazioni programmate per il 17, 18 e 19 luglio 2010 per tenere viva la memoria e anche le riflessioni sulla tragica morte di Borsellino, la cultura mafiosa ha dimostrato di essere viva e resistente. Ovvero, durante la notte un gruppo di giovani ha distrutto le statue in gesso di Paolo Borsellino e Giovanni Falcone realizzate dal rinomato scultore palermitano Tommaso Domina.
Ieri [17 luglio, ndt] a Palermo centinaia di giovani, radunatisi di fronte al palazzo di Giustizia dove si teneva un incontro con dibattiti sul fenomeno mafioso in memoria di Borsellino, hanno compiuto la cosiddetta “Passeggiata delle Agende Rosse”, per dimostrare che la società civile continua a chiedere allo Stato spiegazioni sulla misteriosa sparizione dell´agenda rossa, avvenuta il 19 luglio 1992.
Bisogna ricordare che solo gli autori materiali e i boss mafiosi sono stati condannati e arrestati per gli attentati compiuti contro Falcone e Borsellino. Nel frattempo nuovi fatti, come per esempio la partecipazione degli 007 dei servizi segreti di Stato ad un primo tentativo per assassinare Giovanni Falcone (quando si trovava in vacanza nella casa sulla spiaggia siciliana dell´Addaura), hanno causato la riapertura delle indagini sulla morte dei due magistrati considerati martiri della lotta antimafia.

L´insulto alla memoria dei due eroi antimafia avviene in un momento particolare della agitata vita politico-istituzionale italiana:
a) Il senatore Marcello Dell´Utri, braccio destro del premier Silvio Berlusconi e cofondatore del partito Forza Italia, è appena stato condannato in appello, una conferma della condanna in primo grado per associazione mafiosa. Dell´Utri presenterà ricorso alla Suprema Corte di Cassazione.
b) Nella magnifica ed enorme villa di Arcore di Berlusconi, su indicazione di Dell´Utri, lavorò il boss mafioso Vittorio Mangano. Mangano fu assunto quando era già stato condannato per associazione mafiosa e traffico internazionale di droga.
c) Subito dopo la condanna per concorso esterno in associazione mafiosa (Cosa Nostra), Dell’Utri ha rilasciato in un´intervista una pericolosa affermazione: “Mangano è il mio eroe”. Eroe per essere rimasto in silenzio nel corso dei processi, rispettando la legge mafiosa dell´omertà. Nulla disse su Dell´Utri e Berlusconi. Non raccontò niente di quello che sapeva.
d) A partire da giovedì scorso [15 luglio, ndt] con le dimissioni dal governo Berlusconi del sottosegretario all’Economia, confermato coordinatore regionale del Popolo della Libertà in Campania, prosegue l´indagine sulla costituzione di una nuova P2 che agiva per condizionare la vita politica e istituzionale italiana. La celebre loggia massonica P2 riuniva politici, mafiosi, massoni e soggetti del mondo della finanza, come per esempio il cardinale Paul Marcinkus (soprannominato “Banchiere di Dio”). E anche Roberto Calvi che fece fallire il Banco Ambrosiano del Vaticano e Michele Sindona, soprannominato il “Banchiere della mafia e del Vaticano”. La nuova P2 (ribattezzata P3) – questa settimana sono stati arrestati politici ed è indagato un componente della Corte di Cassazione della Giustizia italiana – manovrava per dettare le regole al paese e ottenere presso la più alta corte di Giustizia decisioni favorevoli al gruppo. Una di queste decisioni negoziate dalla nuova P2 – che non andò in porto – era rivolta alla Suprema Corte di Cassazione. Per meglio dire, l´obiettivo era che il cosiddetto Lodo Alfano fosse giudicato legittimo. Questa legge (lodo Alfano) stabiliva la sospensione dei processi penali in corso contro Berlusconi: uno dei quali per corruzione, ovvero il caso Mills.
e) Il presidente della Commissione Parlamentare Antimafia, il senatore Giuseppe Pisanu, ha affermato in sede di commissione che negli attacchi mafiosi del ´92 e ´93 (quando la mafia dichiarò guerra allo Stato uccidendo i giudici Falcone e Borsellino) ci fu un´associazione tra la mafia, i servizi segreti, la massoneria e la politica (attraverso soggetti deviati).
f) Nelle intercettazioni telefoniche sulla nuova P2 (chiamata anche P3) appare un beneficiario diretto di tutte queste azioni (compresa quella per convalidare il lodo Alfano). Il suo nome è in codice e viene chiamato Cesare.

Chi sarebbe questo Cesare? Berlusconi nega di essere il Cesare menzionato in oltre 20 telefonate intercettate. Dobbiamo credergli?"

Articolo originale "Mafia e nuova loggia massonica P2. Abbattute le statue dei giudici Falcone e Borsellino" di Wálter Fanganiello Maierovitch

21 luglio 2010

Prestigiacomo: ministro honoris causa

È ormai noto e risaputo che Berlusconi nomini i suoi Ministri in base a particolari "meriti". Scalfaro confessò di aver respinto la nomina di Cesare Previti a Ministero della Giustizia, così come nel governo successivo venne respinta dal Presidente Ciampi la nomina di Roberto Maroni allo stesso dicastero in quanto pregiudicato.
Ma anche per diventare Ministro dell’Ambiente è necessario avere i “titoli giusti”. La prima volta Berlusconi ci provò con Altero Matteoli, che da ministro dell’ambiente fu indagato per favoreggiamento e rivelazione di segreto d’ufficio in relazione all’inchiesta sul “mostro di Procchio”, un complesso in costruzione a Marciana nell’isola d’Elba, inchiesta che coinvolse, fra gli altri, un giudice e due prefetti accusati di corruzione. Dalle accuse pare che Matteoli si sia comportato "alla Cuffaro", ossia abbia avvertito il prefetto di Livorno Vincenzo Gallitto di essere sotto indagine.

Un interessante articolo de L’Espresso, firmato da Marco Lillo del 25 ottobre 2001, stabilisce invece le correlazioni tra gli interessi imprenditoriali dell'attuale Ministro Prestigiacomo, siracusana purosangue, ed il dramma ambientale a cui è sottoposto chi vive nel triangolo della morte Augusta-Melilli-Priolo. “Combatterò le ineguaglianze sociali, i problemi dei più deboli, degli invalidi... diceva il Ministro delle Pari Opportunità (nel 2001, all’epoca dell’articolo, nda). Oggi da Ministro dell’Ambiente, Stefania Prestigiacomo, ha le idee ancora più chiare. Per realizzarle non deve andare lontano. Sarebbe sufficiente che poggiasse lo sguardo sui casi umani della azienda di famiglia, la Ved (Vetroresina Engineering Development) di Siracusa.
Per esempio su tre operai che hanno avuto figli con malformazioni congenite. O su quelli che non hanno mai fumato una sigaretta e che dopo dieci anni di stabilimento si ritrovano la polvere nei polmoni. "Coincidenze" è la risposta che gli operai si sono sentiti opporre dal padre del ministro, Giuseppe Prestigiacomo, fondatore ed amministratore dell’impero della vetroresina, nonchè Presidente di Confindustria Palermo. Ma a volte le coincidenze sono sospette.
Nella fabbrica della famiglia Prestigiacomo si lavora in condizioni di sicurezza che sono oggetto di una inchiesta della Procura di Siracusa. Il sostituto Maurizio Musco procede per lesioni contro papà Prestigiacomo e altri dirigenti. Due dipendenti hanno denunciato la società dopo aver fatto delle analisi ai polmoni. Tre mesi fa la Polizia è entrata in ditta riscontrando una seri di violazioni. Gli operai si feriscono gravemente e muoiono con frequenza inquietante. Pochi giorni prima che venisse pubblicato l'articolo su L'Espresso, un dipendente di una delle aziende del gruppo morì cadendo da un traliccio mentre lavorava. Pochi mesi prima un altro era rimasto gravemente ferito alla Ved. Ma la vicenda più inquietante, finora passata sotto silenzio, è quella delle malformazioni congenite dei bambini.
Tutto comincia nel 1993, qunado Sebastiano Guzzardi, un operaio di 36 anni, scopre che suo figlio ha una malformazione congenita dell’uretere che fa tornare i metaboliti tossici del suo corpo al rene, danneggiandolo. Dopo due operazioni è tornato alla normalità. Ora ha sette anni e conduce una vita serena, anche se il rene è danneggiato e deve essere sogggetto a controlli frequenti. Il suo caso non è isolato. Tre anni dopo, un collega di Guzzardi, si ritrova nella medesima situazione: suo figlio nasce con una malformazione all’uretere, anche lui risulta avere il reflusso urinario. Il tarlo che ronza nella testa dei due papà diviene un rombo un anno dopo. Nello stesso reparto della fabbrica, un caposquadra li chiama in disparte e confida: “Mio figlio ha il reflesso dell’uretere“. Un incubo. Dopo neanche un anno, un altro operaio ha una bambina che nasce con febbre e problemi alle vie urinarie.

20 luglio 2010

Svezia: L'ultima battaglia di Berlusconi?

Svenska Dagbladet, 12 luglio. Se si dà uno sguardo alla politica italiana, viene in mente sia l’Inferno di Dante, sia il film scandalo di Gore Vidal sull’imperatore edonista Caligola. Ai vertici della politica si trovano innumerevoli peccatori. Silvio Berlusconi stesso è stato al centro di un’imbarazzante storia che ha visto il coinvolgimento di prostitute.
In caso qualcuno pensasse che la sinistra sia di maggiore statura morale, lo scorso autunno un governatore del Partito Democratico, il principale partito d’opposizione, è stato vittima di ricatti. Alcuni agenti di polizia avevano una registratione video in cui Piero Marrazzo assume cocaina con una prostituta transessuale brasiliana.
Ma non è solo di lussuria e ingordigia ciò di cui certi si rendono colpevoli. Non mancano nemmeno la corruzione e le frodi. Nel New York Review of Books (8/4), Berlusconi è stato accusato dal giornalista Alexander Stille di essersi avvalso di contratti statali come merce di scambio con imprenditori influenti e compiacenti. In novembre ha anche svolto una campagna per una legge che, se venisse applicata, annullerebbe dei processi in corso da un certo numero di anni, tra i quali alcuni in cui Berlusconi stesso è coinvolto. La settimana scorsa, inoltre, si è dimesso un ministro fresco di nomina (Brancher, nda), in concomitanza con un processo per appropriazione indebita. Di sicuro il peccato non è nulla di nuovo per la politica italiana, come viene elegantemente descritto nel film “Il Divo” (2009), sull’ ex primo ministro Giulio Andreotti. Ma è opinione comune che abbia prosperato negli anni di Berlusconi. 
E, alla fine, la gente ha iniziato a stufarsi. Pure nei giorni dello scandalo delle prostitute dell’anno scorso, il sostegno a Berlusconi era forte, ma in dicembre si sono riuniti 350 000 italiani in una dimostrazione di massa dal nome “No Berlusconi Day”, e ora il sostegno diminuisce. Comprensibilmente, sia la destra che la sinistra vengono percepite sempre di più come una sorta di casta sopraelevata del tutto distaccata dalla realtà della gente comune.
Questo è lo sfondo dell’ultima crisi politica di Berlusconi. Questa settimana il parlamento la fiducia su di lui, a causa della sua controversa manovra economica di 25 miliardi di euro. Berlusconi ha annunciato di essere pronto a dimettersi se il parlamento respingesse la manovra. In realtà la manovra economica è il primo vero tentativo di riforma di Berlusconi, ed è anche l’ennesimo motivo, nel caso ce ne fosse stato bisogno, che induce a pensare che all’Italia possa far bene cambiare il primo ministro. Gianfranco Fini ha dimostrato di essere un possibile successore di Berlusconi. Si è guadagnato la reputazione di rispettabile moderato, ma proviene da un problematico passato di estremismo politico. Avrà sia la morale che la volontà politica di cui l’Italia ha bisogno?

19 luglio 2010

Borsellino ucciso e dimenticato



Appuntamento settimanale con Passaparola di Marco Travaglio, in collegamento da Palermo per l'anniversario del 19 luglio. Argomento della puntata, la strage di Via D'Amelio, dove morì il giudice Borsellino e i 5 uomini della scorta, e le nuove rivelazioni di Massimo Ciancimino, figlio del boss mafioso Vito Ciancimino, sulla trattativa tra Stato e mafia.

"Grazie caro papà"

MANFREDI BORSELLINO. Il primo pomeriggio di quel 23 maggio studiavo a casa dei miei genitori, preparavo l’esame di diritto commerciale, ero esattamente allo “zenit” del mio percorso universitario. Mio padre era andato, da solo e a piedi, eludendo come solo lui sapeva fare i ragazzi della scorta, dal barbiere Paolo Biondo, nella via Zandonai, dove nel bel mezzo del “taglio” fu raggiunto dalla telefonata di un collega che gli comunicava dell’attentato a Giovanni Falcone lungo l’autostrada Palermo-Punta Raisi.

Ricordo bene che mio padre, ancora con tracce di schiuma da barba sul viso, avendo dimenticato le chiavi di casa bussò alla porta mentre io ero già pietrificato innanzi la televisione che in diretta trasmetteva le prime notizie sull’accaduto. Aprii la porta ad un uomo sconvolto, non ebbi il coraggio di chiedergli nulla né lui proferì parola.

Si cambiò e raccomandandomi di non allontanarmi da casa si precipitò, non ricordo se accompagnato da qualcuno o guidando lui stesso la macchina di servizio, nell’ospedale dove prima Giovanni Falcone, poi Francesca Morvillo, gli sarebbero spirati tra le braccia. Quel giorno per me e per tutta la mia famiglia segnò un momento di non ritorno. Era l’inizio della fine di nostro padre che poco a poco, giorno dopo giorno, fino a quel tragico 19 luglio, salvo rari momenti, non sarebbe stato più lo stesso, quell’uomo dissacrante e sempre pronto a non prendersi sul serio che tutti conoscevamo.

Ho iniziato a piangere la morte di mio padre con lui accanto mentre vegliavamo la salma di Falcone nella camera ardente allestita all’interno del Palazzo di Giustizia. Non potrò mai dimenticare che quel giorno piangevo la scomparsa di un collega ed amico fraterno di mio padre ma in realtà è come se con largo anticipo stessi già piangendo la sua.
Dal 23 maggio al 19 luglio divennero assai ricorrenti i sogni di attentati e scene di guerra nella mia città ma la mattina rimuovevo tutto, come se questi incubi non mi riguardassero e soprattutto non riguardassero mio padre, che invece nel mio subconscio era la vittima. Dopo la strage di Capaci, eccetto che nei giorni immediatamente successivi, proseguii i miei studi, sostenendo gli esami di diritto commerciale, scienze delle finanze, diritto tributario e diritto privato dell’economia. In mio padre avvertivo un graduale distacco, lo stesso che avrebbero percepito le mie sorelle, ma lo attribuivo (e giustificavo) al carico di lavoro e di preoccupazioni che lo assalivano in quei giorni. Solo dopo la sua morte seppi da padre Cesare Rattoballi che era un distacco voluto, calcolato, perché gradualmente, e quindi senza particolari traumi, noi figli ci abituassimo alla sua assenza e ci trovassimo un giorno in qualche modo “preparati” qualora a lui fosse toccato lo stesso destino dell’amico e collega Giovanni.

La mattina del 19 luglio, complice il fatto che si trattava di una domenica ed ero oramai libero da impegni universitari, mi alzai abbastanza tardi, perlomeno rispetto all’orario in cui solitamente si alzava mio padre che amava dire che si alzava ogni giorno (compresa la domenica) alle 5 del mattino per “fottere” il mondo con due ore di anticipo. In quei giorni di luglio erano nostri ospiti, come d’altra parte ogni estate, dei nostri zii con la loro unica figlia, Silvia, ed era proprio con lei che mio padre di buon mattino ci aveva anticipati nel recarsi a Villagrazia di Carini dove si trova la residenza estiva dei miei nonni materni e dove, nella villa accanto alla nostra, ci aveva invitati a pranzo il professore “Pippo” Tricoli, titolare della cattedra di Storia contemporanea dell’Università di Palermo e storico esponente dell’Msi siciliano, un uomo di grande spessore culturale ed umano con la cui famiglia condividevamo ogni anno spensierate stagioni estive.

18 luglio 2010

Nucleare: senza vergogna!

Facciamo un po' di ordine. Il 10 giugno la Corte Costituzionale respinse i ricorsi presentati da 11 regioni (diventate poi 10, grazie al nuovo governatore del Piemonte Cota che si defilò) contro la legge 99 del 23 luglio 2009 che dà il primo via libera alla costruzione di centrali nucleari su suolo italiano. Al governo furono contestati diversi punti: l'assenza di intesa e raccordo con ciascuna delle Regioni interessate dalla scelta dei siti delle centrali; i criteri e le modalità di esercizio del potere sostituivo dell'esecutivo centrale in caso di mancato accordo; la possibilità di dichiarare i siti aree di interesse strategico nazionale, soggette a speciali forme di vigilanza e di protezione; la procedura che prevede una autorizzazione unica (e non a livello locale) sulle tipologie di impianti per la produzione di energia nucleare rilasciata previa intesa della Conferenza unificata e dopo delibera del Cipe. Ricorsi infondati o inammissibili secondo la Consulta. Dal centrodestra si è gridato al successo e la notizia ebbe subito grande risalto sui media.
Molto meno riscontro ebbe l'ammissione del ricorso presentato da Umbria, Toscana, Emilia-Romagna e la Provincia autonoma di Trento, quest'ultima in quanto, appunto, dotata di particolari autonomie. La Corte Costituzionale, infatti, con la sentenza 215/2010 del 09/06/2010 dichiarò incostituzionale l'articolo n.4 (comma 1, 2, 3, 4) della legge n.102 del 3 agosto 2009, "Interventi urgenti per le reti dell'energia", ovvero il primo atto legislativo del nostro Governo per la costruzioni di centrali nucleari. Riassumendo, il quarto articolo diceva che la costruzione delle centrali nucleari era faccenda urgente e indispensabile, che essa sarebbe stata realizzata con capitali privati, o prevalentemente privati, e che il Governo avrebbe potuto istituire commissari straordinari con poteri esclusivi e totali a proposito dell’ubicazione delle centrali. La Suprema Corte stabilì invece che l’urgenza delle centrali nucleari non si concilia con il ricorso ai capitali privati, per natura incerti, per costruirle: un’azienda investe dove e quando le conviene, non al comando di un decreto legge. Inotre, poichè la costruzione di nuove centrali nucleari sono iniziative di rilievo strategico, "ogni motivo d’urgenza dovrebbe comportare l’assunzione diretta, da parte dello Stato, della realizzazione delle opere medesime". Ma se lo Stato non si muove in prima persona, le centrali nucleari non sono poi così urgenti. E di conseguenza “non c’è motivo di sottrarre alle Regioni la competenza nella realizzazione degli interventi”.
Ma nessuna delle due sentenze di fatto stabilisce una parola definitiva sul tema in questione. La Corte Costituzionale, infatti, non può stabilire se produrre energia dagli atomi di uranio sia incostituzionale o meno. D'altronde l'energia nucleare è stata presente nel nostro paese per ben 28 anni. Tantomeno la Consulta può stabilire se sia utile, dannoso o pericoloso il ricorso a tale soluzione energetica. Ciò su cui la Corte Costituzionale può decidere è il rispetto delle competenze del governo centrale e delle regioni in materia. La Costituzione prevede che in tema di energia governo centrale e enti regionali abbiano potestà concorrente. Ed è questo il punto cardine che può decidere come, quando e con quali poteri il governo potrà proseguire la sua corsa all'atomo.

17 luglio 2010

Svezia: Basta, Berlusconi!

Dagens Nyheter, 13 luglio. La politica italiana è ancora fondata in grande misura sulla corruzione. E la situazione non è destinata a cambiare, fintanto che Silvio Berlusconi resterà presidente del consiglio.
Silvio Berlusconi è abituato alle bufere. Ma quest’anno il Primo Ministro italiano non ha fatto in tempo ad uscire da una crisi prima che ne iniziasse un’altra. Per giovedì Berlusconi ha indetto un voto di fiducia al parlamento, ma nonostante i partiti di governo godano di un’ampia maggioranza, la vittoria non è scontata. La votazione, paradossalmente, riguarda una manovra di austerità economica a cui lo stesso Berlusconi all’inizio era contrario. Si è detto a lungo che l’Italia, sotto la sua saggia dirigenza, non fosse stata colpita dalla crisi finanziaria così duramente. È vero che il PIL è sceso più del 5% l’anno scorso in contemporanea all’aumento del deficit, ma è servita una lunga opera di persuasione da parte del ministro dell’economia per far sì che Berlusconi accettasse la manovra economica.
Quattro anni di stop all’aumento degli stipendi nel settore pubblico e la diminuzione dei contributi ai comuni non sono di certo provvedimenti popolari. Il sostegno a Berlusconi è in calo. Ma sono le crescenti fratture all’interno della coalizione di governo a rendere il voto di fiducia un thriller.
Il Popolo della Libertà, così si chiama il partito di Berlusconi, fu costituito quando la sua Forza Italia si unì al partito di destra di Gianfranco Fini. Attualmente i loro scontri sono sempre più pubblici. Fini sostiene che Berlusconi “confonde la leadership con la monarchia assoluta”, mentre la stampa appartenente a Berlusconi definisce Fini un membro dell’opposizione. La lotta tra Berlusconi e Fini è diventata particolarmente palese riguardo il ddl che l’opposizione chiama “legge bavaglio”. Berlusconi vuole in parte diminuire l’uso delle intercettazioni telefoniche e ambientali da parte di polizia e magistrati, e in parte proibire la pubblicazione delle derivanti informazioni prima dell’inizio dei processi. I giornali che pubblicassero le informazioni sulle intercettazioni andrebbero incontro a sanzioni salatissime.
C’è una ragione oggettiva per questa legge. L’Italia è il paese europeo che fa maggior uso delle intercettazioni. Nella giustizia c’è una lunga tradizione di fughe di notizie per influenzare i processi.
D’altro canto, la stampa ha ragione nel parlare di censura. In un paese in cui le indagini preliminari possono durare in eterno, si vedrebbe ridotta significativamente la possibilità di pubblicare notizie compromettenti su persone potenti. La polizia e la magistratura sostengono che la lotta alla mafia e alla corruzione verrebbe gravemente compromessa. Per la criminalità organizzata si farebbe un’eccezione alla regola, tuttavia è tramite le indagini per altri crimini che spesso la polizia arriva a rintracciare i crimini di mafia. Ed è qui che nascono i sospetti riguardo ai piani di Berlusconi. Durante i suoi tre mandati di governo, ha introdotto forzatamente innumerevoli volte delle leggi che lo proteggessero dalla persecuzione giudiziaria di cui sostiene di essere vittima. Le accuse di evasione fiscale e tangenti hanno colpito duramente lui così come i suoi ministri e i suoi stretti collaboratori. Di recente si sono dimessi altri due ministri a causa di legami con appalti truccati e corruzione. Berlusconi ha affermato che “c’è fin troppa libertà di stampa in Italia”, ed è palese che sia proprio la pubblicità su questi scandali che lui vuole evitare.
La manovra finanziaria sulla carta prevede pesanti tagli, ma nessun chiarimento della giungla legislativa di cui l’Italia avrebbe bisogno. Con Berlusconi è sempre stato così. Ha promesso grandi riforme del sistema pensionistico e altro, per poi metterle sempre da parte.
Berlusconi, semplicemente, non ne ha mai avuto il tempo. Già dall’inizio, la difesa del suo impero mediatico Fininvest è stata più importante di qualsiasi altra cosa. Poi si è concentrato nell’emanare leggi che gli permettessero di evitare diversi processi. Il governo di Berlusconi è impegnato principalmente nella difesa dello stesso.
Purtroppo l’Italia ha pure un’opposizione senza speranze. Perché il paese si meriterebbe un presidente del consiglio migliore.
Articolo originale: "Basta, Berlusconi"

L'Italia svende i suoi gioielli - Parte 2

La Nación, Argentina. A causa della crisi, l’Italia venderà spiagge, fiumi, boschi, castelli…
Lo Stato si disfa di migliaia di “tesori”.
ROMA.- Per fare cassa, l’Italia si appresta a vendere isole della Costa Smeralda e della laguna di Venezia, spiagge, boschi, fiumi, laghi, fari, castelli e perfino alcune cime delle famose Dolomiti, la spettacolare catena montuosa del Sudtirol italiano, nel nordest del paese.
Secondo la norma del federalismo demaniale (che potrebbe essere tradotto come federalismo delle proprietà pubbliche) approvata a maggio su iniziativa della Lega Nord, lo Stato cederà a comuni e regioni “pezzi” d’Italia. In una discussa triangolazione, questi potranno essere poi venduti a privati, sempre che le entrate percepite nell’operazione servano a ridurre il gigantesco debito pubblico del paese.
Anche se solo a fine mese si saprà quali saranno i “tesori” che passeranno dalle mani dello Stato agli enti locali, giorni fa è trapelata una lista provvisoria che ha causato grande agitazione. Tra i beni dell’inventario realizzato dallo Stato, di un valore di 3000 milioni di euro e che consta di circa 9000 immobili, spiagge, laghi, fonti e montagne, ci sono anche veri e propri gioielli della storia, dell’architettura e dell’arte italiani.
Tra i “bocconcini” di maggior valore, di fatto, figurano il famoso Palazzo dei Normanni a Palermo; il castello di Vigevano, vicino a Milano; la Cittadella (fortezza) di Alessandria, e la Rocca di Scandiano, un palazzo medievale dell’omonima località in provincia di Reggio Emilia, dove alla fine del XV secolo visse Matteo Maria Boiardo, il celebre autore del poema cavalleresco L’Orlando innamorato.
Nella lista ci sono anche perle, come alcune delle cime delle famosissime Dolomiti - Tofane, Cristallo e Corda del Becco - vicine alla celebre località di Cortina d’Ampezzo, da sempre meta del jet set internazionale.
L’inclusione delle Dolomiti ha causato una grossa controversia perché un anno fa sono state giustamente dichiarate Patrimonio dell’Umanità. “Si tratta di beni universali; solo lo Stato li deve amministrare, non i privati” ha denunciato Enrico Farinone, deputato del Partito Democratico, il principale partito dell’opposizione di centrosinistra. “Federalismo sì, ma estremismo federalista no”, ha protestato.
Da parte opposta, Luca Zaia, nuovissimo governatore della regione Veneto per la Lega Nord (il partito ex secessionista e xenofobo che ha da sempre come cavallo di battaglia il federalismo), non ha nascosto la sua soddisfazione. “Mi sembra un fatto molto positivo che cose famose come le Dolomiti tornino alle loro comunità. Stiamo andando nella direzione giusta” si è rallegrato.
Hotel di lusso

16 luglio 2010

Brasile: Berlusconi Spaventa l'Europa

Terra Magazine, 8 luglio. Berlusconi spaventa l´Europa con la sua legge bavaglio
In Brasile si è già tentato, con progetti di legge ed emendamenti alla Costituzione, di imbavagliare la stampa. E di imbavagliare il Pubblico Ministero che il ministro Nelson Jobim non ritiene legittimato a investigare sugli autori dei reati. In altre parole, a dimostrazione di come tutto ciò sia ridicolo, il PM che ha il potere-dovere di promuovere l’azione penale non può raccogliere elementi per promuoverla.
Oggi in Brasile il bavaglio è apparso in goffe decisioni giudiziarie. Tutti ricordano il caso del figlio del senatore Sarney. Su decisione del tribunale, riuscì a mettere a tacere il giornale O Estado de S.Paulo che, per l’interesse pubblico, informava sulle sue megatruffe basandosi sulla rivelazione di intercettazioni telefoniche.
Nel progetto di Berlusconi, già approvato in Senato dove possiede una larga maggioranza, nessuna notizia sulle indagini può essere rivelata dai mass media fino al momento prima della sentenza di condanna passata in giudicato. Per dare un´idea, la durata media di un processo per corruzione in Italia è superiore ai cinque anni. È lento come in Brasile.
Secondo Berlusconi, che dice di voler difendere la “privacy” dei cittadini ma che invece è il principale beneficiario della misura, le notizie sui reati commessi o che hanno riflessi in Italia, potranno essere divulgate dalla stampa solo dopo la condanna definitiva, e sarà considerato responsabile di reato non solo chi ha fatto trapelare la notizia ma anche l’editore e il giornalista o l’autore dell’articolo.
Due ministri di Berlusconi, dopo notizie verificate e divulgate dalla stampa, si sono dimessi in casi di flagrante corruzione. Uno di loro, il ministro dello Sviluppo Economico, ha ricevuto in regalo da un costruttore che vinceva i grandi appalti, un lussuoso e costoso appartamento con vista sul Colosseo.
L´altro ministro dimissionario ha ricevuto in dono dalla Chiesa, attraverso Propaganda Fide, un appartamento nella centralissima Via dei Prefetti, nei pressi di piazza di Spagna. In cambio lo Stato laico italiano ha ristrutturato dei palazzi della Chiesa (Propaganda Fide) nel super super quotato centro storico romano.
Se fosse stata in vigore la legge bavaglio di Berlusconi, non si sarebbe potuto raccontare nulla sui due sopracitati ex ministri. Nemmeno che uno di loro, Scajola, ha detto in un´intervista, di non conoscere chi aveva pagato l´appartamento con vista sul Colosseo in cui abita e che risulta intestato a suo nome.
Domani in Italia, i giornali, le radio, le televisioni, le agenzie stampa e i giornali on line sciopereranno per 24 ore. Il silenzio nazionale sarà rotto solo, ovviamente, dai media appartenenti al clan Berlusconi.
L’iniziativa di Berlusconi, che sta giocando pesante per farla approvare, è antidemocratica al punto di annullare il diritto dei cittadini di essere informati, e spaventa e preoccupa l’Europa. Un’Europa che all’inizio della settimana ha vissuto giorni agitati per la decisione del popolo polacco. Questi ha preferito l’integrazione europea ricusando il candidato cattofascista Kaczynski, fratello gemello dell’ex capo di governo morto nel recente disastro aereo. Il populista Kaczynski ha contato sull´appoggio della Chiesa cattolica.

Brasile: i festini privati del Premier

O Estado de São Paulo, 1 luglio. Nonostante la nutrita agenda ufficiale, il primo ministro italiano ha trovato il tempo di partecipare a una cena intima con sei ragazze nella suite presidenziale di un hotel di lusso di San Paolo
Bustier rosso e giarrettiera di pizzo coprivano il corpo della ballerina Alexandra Valença, pagata 2000 Reais [circa 900 euro, ndt] per esibirsi nella lap dance di fronte a Silvio Berlusconi, lunedì scorso [29 giugno, ndt] a San Paolo. ll premier italiano ha passato due giorni in Brasile incontrandosi con imprenditori e con il presidente Luiz Inácio Lula da Silva. Anche così ha trovato il tempo nella sua nutrita agenda per fare la conoscenza di sei ragazze brasiliane durante un festino privato nella suite presidenziale dell’Hotel Tivoli São Paulo Mofarrej.
All’inizio il motivo della riunione non era molto chiaro per alcune delle invitate. “Veramente non sapevo neanche perché stavo andando (alla festa). Sapevo solo che lunedì mi avrebbero pagata per esibirmi in un numero di danza” ha detto una ballerina di 28 anni che pratica la lap dance già da 7 anni.
Rilassamento. “Durante la cena hanno presentato sommariamente il progetto di un programma di una rete televisiva che possiedono in Italia. E hanno detto che volevano portarci delle brasiliane. Da quello che ho sentito, debutterà tra 10 – 15 giorni”. A proposito di una sua impressione su Berlusconi, Alessandra ci ha tenuto a dire: “Ah, è un simpaticone! È fuori dal comune”. Per approvare preventivamente le ragazze che sarebbero state presentate al leader conservatore, domenica un tal Valter, presentatosi come “imprenditore italiano”, ha cenato con le sei giovani, la sera prima della festa, nella stessa suite dell’albergo. In quella circostanza ha illustrato alle presenti il programma televisivo.
E ha sottolineato anche le possibilità di un lavoro futuro in Italia “in pubblicità, per esempio”.
Dopo l’avallo di Valter, il gruppo si è incontrato il giorno dopo alla presenza del presidente del Consiglio italiano, che era abbastanza rilassato. Alle 22 circa la tavola di antipasti, formaggi, roastbeef e prosciutto di Parma, cominciava ad essere spazzolata dai pochissimi invitati. Spumante, vino bianco e rosso circolavano nella sala, mentre la ballerina si esibiva appesa alla pertica sulle note di Não Enche, di Caetano Veloso. Dopo 12 minuti di danza (incluso un tango e un cambio di costume) tutti si sono seduti a una lunga tavola per assaporare la cena. Alessandra se ne è andata e la festa è continuata fino all’alba.
Agenda. Berlusconi è arrivato a San Paolo lunedì e si è incontrato nell’Edifício Itália con i rappresentanti di circa 100 imprese italiane attive in Brasile. Martedì ha partecipato al forum “Brasile-Italia, nuove partnership strategiche” nella sede della Federação das Indústrias do Estado de São Paulo (Fiesp), alla presenza del presidente Lula.
Sul leader italiano pende l’accusa di promuovere e frequentare feste con prostitute. L’anno scorso, dopo vari scandali, l’allora moglie Veronica chiese il divorzio. Oggi riceve un assegno di 300.000 euro mensili. Oltre che leader politico, Berlusconi è anche proprietario del Milan, la squadra di calcio dove gioca Ronaldinho. Secondo la rivista Forbes è al 74° posto nella lista degli uomini più ricchi del mondo.