24 luglio 2010

A un passo dal fallimento

La Commissione europea ha predisposto due strumenti per consentire agli Stati membri di bandire gli Ogm: una Raccomandazione (non vincolante) e l’introduzione di un nuovo articolo all’interno della preesistente Direttiva 2001/18. Ma nonostante l'entusiasmo di associazioni di consumatori e agricoltori, che da anni difendono un modello agricolo ecologico e basato sulla biodiversità, restano comunque molte perplessità. La Commissione europea alla fine ha optato per l'autorità dei singoli Stati in materia, non perseguendo quel “modello agricolo europeo Ogm-free” tanto agognato. Inoltre, questa “apertura” della Commissione potrebbe snellire l’iter autorizzativo per l'utilizzo di Ogm, eliminando quindi le remore di quei Paesi che finora non ne hanno consentito l'utilizzo per il complesso iter burocratico, richiesto fino ad ora per l’introduzione di nuovi prodotti biotech in Europa. Questi, una volta autorizzati, potranno circolare liberamente e finire sulle tavole dei cittadini (nonostante la loro contrarietà a consumare prodotti transgenici).
Al Ministro Galan che, in un’intervista al quotidiano Terra si dice preoccupato per la ricerca e la sperimentazione, ricordiamo che gli Ogm hanno a che fare con la tecnologia (non con la conoscenza), con i brevetti (non con l’etica), con il mercato globale e standardizzato (non con i prodotti tipici locali). L’agricoltura italiana ha effettivamente bisogno di investimenti nella ricerca e nella conoscenza, non per lo sviluppo di prodotti trasgenici, ormai obsoleti e rifiutati dal mercato, ma per l’applicazione di principi ecologici. Gli Ogm infatti si sono rivelati fallimentari su tutti i fronti, sia economici che agronomici, una volta usciti dai laboratiori dei colossi del settore come la Monsanto e provati direttamente sul campo, dove l'immensità del numero di variabili non è di certo riproducibile in un laboratorio, per quanto moderno e ipertecnologico.

Fallimenti economici
Sondaggi d’opinione effettuati in molti paesi a livello mondiale hanno ripetutamente dimostrato come la maggioranza delle persone sia preoccupata rispetto alla sicurezza degli alimenti geneticamente modificati, e chieda che, se messi in commercio, vengano opportunamente separati e chiaramente etichettati (Commissione Europea, 2001). Così il mercato, la sicurezza e la politica spesso richiedono che le coltivazioni geneticamente modificate siano mantenute separate da quelle convenzionali e biologiche, ma anche adottando il miglior sistema di segregazione, è difficile evitare le contaminazioni, e una singola contaminazione costa milioni di dollari a ogni comparto del settore agricolo.
Le spese che sono quindi necessarie per mantenere separate le due colture, si riflettono in grossi oneri per gli agricoltori, i commercianti e l’industria alimentare e quindi, in ultima analisi, sul consumatore finale. Infatti i costi derivanti dai sistemi di separazione Ogm-convenzionale, sono sostenuti ad ogni livello del sistema produttivo, dalla produzione delle sementi fino alla trasformazione in alimenti.
Uno degli esempi più importanti del fallimento economico degli Ogm è quello del lino. Questo infatti, denominato flax in Nordamerica, è una coltura adatta alle latitudini settentrionali, finalizzata principalmente alla produzione dell'olio - di cui tali semi sono ricchi - e a molteplici impieghi in campo alimentare, nella produzione di mangimi e nel settore industriale. Nel 2009 è stata scoperta una contaminazione causata da una varietà di semi di lino Ogm nelle partite destinate all'esportazione dal Canada verso l'Europa e il Giappone, che ha determinato un collasso del mercato e ingenti perdite economiche per i produttori canadesi. Infatti il prezzo di vendita è crollato da 12,50 dollari canadesi a 6,80 in alcuni porti canadesi. Anche l'industria della trasformazione e gli operatori al dettaglio europei ne hanno subito i contraccolpi economici, a seguito del ritiro di prodotti in vari paesi. Ora i raccolti restano invenduti nei magazzini e il volume delle spedizione è praticamente inesistente, tanto che per il 2010 è prevista una riduzione del 24% nelle semine.

Fallimenti agronomici
Le coltivazioni geneticamente manipolate in pieno campo hanno ripetutamente deluso le aspettative e dato origine a nuovi problemi agronomici. Per assicurare i risultati voluti, le colture Ogm commercializzate si basano su una costante espressione dei geni introdotti per la resistenza agli erbicidi e/o per la produzione di tossine. Se questi geni non funzionano secondo le previsioni, possono derivarne cali nelle rese. Le varietà Ogm hanno inoltre evidenziato nuova sensibilità a parassiti e malattie per ragioni sconosciute (ad esempio nel mais Ogm), nonchè alle alte temperatura nel caso del cotone Ogm, con cali del raccolto fino a ben il 63%. Anche la manipolazione genetica delle piante, finalizzata a renderle resistenti agli insetti, comporta degli effetti sulle popolazioni di parassiti, poiché possono subentrare, come conseguenza, nuovi e pericolosi parassiti che richiedono un uso massiccio di insetticidi. E' lo stesso principio per cui i batteri sviluppano resistenze agli antibiotici: per delle naturali differenze genetiche, alcuni parassiti più forti e resistenti verranno selezionati dagli stessi anti-parassitari; oppure potranno subentrare dei parassiti che in principio erano di secondaria importanza, ma che una volta eliminato il "concorrente principale", avranno campo libero e saranno assolutamente immuni ai veleni, essendo questi specifici per l'altra specie.
Lo stesso discorso degli insetti vale anche per le piante: dopo anni di uso massiccio dell'erbicida glifosato su colture di mais Ogm negli Stati Uniti, le erbe infestanti stanno sviluppando una resistenza ai prodotti chimici. Questa rapida diffusione del problema dimostra come il ricorso ad organismi geneticamente modificati resistenti agli erbicidi sia una strategia miope, che sta generando erbe infestanti ancora più difficili da controllare, tanto che l'unica strategia di estirpazione utile è tornata a essere la tradizionale sarchiatura con la zappa.
Ad esempio di quanto detto, nella stagione 2008/09, il fallimento del cotone Ogm in Colombia ha reso i tempi già duri ancora più bui per molti agricoltori. Due nuove varietà di cotone Ogm sono risultate disastrose nelle prove in campo nella provincia di Cordoba, la regione più importante della Colombia per la coltivazione del cotone. Infatti, mentre la resa per ettaro del cotone convenzionale è stata di 2027 kg, il cotone Ogm, a seconda della specie, ha reso tra 1905 e 956 kg. Gli agricoltori hanno quindi fatto causa alla Monsanto, denunciando di essere stati ingannati in merito alle varietà che, secondo le dichiarazioni, sono state attaccate da parassiti e danneggiate dagli erbicidi contro i quali le piante dovevano essere - in teoria - resistenti. Inoltre il colosso biotecnologico Monsanto, oltre a detenere il brevetto di tutte le specie Ogm, si occupa anche della commercializzazione dei semi di cotone convenzionali insieme allo Stato, la cui quota si aggira però intorno al 20% delle sementi necessarie al settore. Il "trucchetto" adottato dalla Monsanto è stato quello di mettere in commercio una quantità di semi di cotone convenzionale molto bassa, cosicché quasi il 50% dei coltivatori, volenti o nolenti hanno dovuto comprare semi Ogm. Peccato che, mentre un sacco (25kg) di semi di cotone convenzionale viene pagato 179$, il prezzo dei semi Ogm varia tra i 355 e i 497 dollari. Il caso sembra ora destinato a preseguire in tribunale.
La stessa situazione é stato verificato anche per la soia Ogm della Monsanto, dove è stato riscontrato una calo della resa (il cosiddetto yeld drag) del 5-10% rispetto alle moderne linee di coltivazione della soia convenzionale, pari a un danno economico di ben 11 miliardi di dollari.
Visto l'alto prezzo che gli agricoltori devono pagare per coltivare i semi Ogm, tutti questi fallimenti sono difficilmente sostenibili economicamente per gli agricoltori.

Soluzioni
Secondo la prima valutazione su scala globale dello sviluppo agricolo la prosecuzione delle prassi correnti non rappresenta un'opzione sostenibile per il futuro dell'agricoltura. I 400 scienziati che hanno preso parte all'International Assessment of Agricultural Knowledge, Science, and Technology (IAASTD), hanno concluso che le colture geneticamente modificate non sono una priorità nella prospettiva di sfamare il pianeta per il 2050, ma, a mio parera, solo un sistema per ingrassare i bilanci dei colossi biotech detentrici dei brevetti.
Lo IAASTD ha individuato altri approcci più fruttuosi per il futuro dell'agricoltura, ovvero misure volte alla promozione del ruolo e delle conoscenze dei piccoli agricoltori e un crescente investimento pubblico nella ricerca agricola. Le colture geneticamente modificate, infatti, non costituiscono un’opzione promettente con cui affrontare le sfide che l’agricoltura ha davanti a sé. Una delle più importanti che il settore agricolo dovrà affrontare a livello mondiale sarà reagire ai cambiamenti climatici. Nei prossimi decenni, differenze nella piovosità, nelle temperature e nelle varietà di piante e specie di parassiti trasformeranno l’agricoltura. I paesi in via di sviluppo, in base alle previsioni, subiranno impatti maggiori degli altri. Nel 2050, ad esempio, i delta dei fiumi densamente popolati del sud e sud-est asiatico saranno soggetti a inondazioni di acqua marina. Nel contempo, si stima che le riserve di acqua dolce diminuiranno. Ma mentre l’ingegneria genetica continua a promettere soluzioni inanellando fallimenti, l’agricoltura sostenibile fornisce risultati concreti, sottolineando ancora una volta l'importanza di conservare la biodiversità. Le piante Ogm infatti si sono dimostrate essere molto sensibili alle alte temperature, inferiori a quelle previsti per i prossimi decenni; al contrario, gli agricoltori che hanno effettuato la rotazione delle colture più di frequente e che hanno piantato colture di copertura hanno ottenuto rese superiori del 100% rispetto alle monocolture di mais.
Un'agricoltura diversificata e sostenibile e la selezione convenzionale delle piante con tecniche moderne rappresentano quindi la scelta giusta per affrontare i mutamenti climatici in agricoltura. L’ingegneria genetica non è in grado di offrire tutto questo e la complessità nel controllo dei tratti genetici delle piante si è rivelata ancora ben lontana dalle conoscenze attuali per la sofisticatezza dei meccanismi genetici stessi.
A dimostrazione di quanto detto sopra, una delle migliori soluzioni nella lotta a insetti ed erbacce non arriva dai laboratori biotech ultramoderni della Monsanto, ma dalle campagne del Kenya e dalle conoscenze degli agricoltori tramandate da padre in figlio per generazioni. Qui i coltivatori di mais stanno sconfiggendo alcuni dei più dannosi insetti e piante infestanti in modo ecologicamente sostenibile, senza l'utilizzo di veleni chimici e Ogm, grazie ad un approccio comprovato, detto sistema “push-pull”, che utilizza semplici e più economici, ma geniali accorgimenti ecologici per migliorare i raccolti mettendo freno a piante e insetti parassiti. Il risultato è un costante aumento dei raccolti di mais, talvolta fino al 350%. Gli agricoltori che utilizzano il metodo push-pull piantano due specie oltre al mais: una repellente per i parassiti delle piante di mais (“push”) e l’altra, detta pianta trappola, in grado di attrarre il parassita lontano dal mais (“pull”). Il repellente è rappresentato da un legume nativo dell’Africa, il Desmodium uncinatum, piantato in filari accanto al mais, che produce in modo naturale delle sostanze che hanno un effetto repellente sui tarli dello stelo. Di conseguenza questi evitano il desmodium (e il mais accanto ad esso) e cercano un altro luogo dove deporre le uova.
Il fattore attraente nel sistema invece è dato dall’erba elefantina, che viene piantata lungo il perimetro dei campi di mais. I tarli dello stelo vengono attirati dall’erba elefantina e preferiscono deporre le uova sulle sue foglie piuttosto che su quelle del mais. Oltre ad attirare i tarli, l’erba elefantina è spesso una trappola per la riproduzione dei bruchi, poiché essa reagisce in modo particolarmente attivo all’infestazione: quando le uova si schiudono e le larve tentano di scavare un foro nella pianta, questa rilascia una sostanza vischiosa che le immobilizza, riducendo i danni e aumentando le probabilità che le larve vengano mangiate dai predatori, come ad esempio gli uccelli. 
Come se non bastasse, il desmodium è inoltre un ottimo alleato nel combattere le piante infestanti, facendo germogliare i loro semi nel momento sbagliato e portandole quindi alla morte. 
Dulcis in fundo, sia il desmodium che l’erba elefantina sono inoltre utili come foraggio per gli animali e possono essere raccolte dagli agricoltori per essere vendute o per nutrire il proprio bestiame. Una volta stabilitesi, entrambe le piante ricrescono per proteggere il successivo raccolto di mais. Il desmodium infine, è un legume fissatore dell’azoto in grado di migliorare la fertilità del suolo e accrescere quindi
la resa del mais.
Alla luce di tutto questo, il sistema push-pull ha tutto il potenziale per essere applicato ad altre coltivazioni, in particolare quelle di sorgo e di miglio, entrambe importanti fonti alimentari in Africa, e, una volta individuati i giusti "alleati" a tutte le altre piantagioni. Questo potrà consentire quindi di eliminare le tecniche Ogm, la cui sicurezza è ancora oggi oggetto di dibattimento, e l'utilizzo tonnellate di prodotti chimici, spesso pericolosi anche per la nostra salute, andando inoltre a sgravare pesantemente sui costi sostenuti dall'agricoltore.
(Leggi i report "L'ingegneria genetica non è una priorità per l'agricoltura", "Agricoltura diversificata", "Kenya soluzioni ecologiche")

1 commenti:

Anonimo ha detto...

bel lavoro-son contento ci siano persone come te

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