Facciamo un po' di ordine. Il 10 giugno la Corte Costituzionale respinse i ricorsi presentati da 11 regioni (diventate poi 10, grazie al nuovo governatore del Piemonte Cota che si defilò) contro la legge 99 del 23
luglio 2009 che dà il primo via libera alla costruzione di centrali
nucleari su suolo italiano. Al governo furono contestati diversi punti: l'assenza di intesa e raccordo
con ciascuna delle Regioni interessate dalla scelta dei siti delle
centrali; i criteri e le modalità di esercizio del potere sostituivo
dell'esecutivo centrale in caso di mancato accordo; la possibilità di
dichiarare i siti aree di interesse strategico nazionale, soggette a
speciali forme di vigilanza e di protezione; la procedura che prevede
una autorizzazione unica (e non a livello locale) sulle tipologie di
impianti per la produzione di energia nucleare rilasciata previa intesa
della Conferenza unificata e dopo delibera del Cipe. Ricorsi infondati o inammissibili secondo la Consulta. Dal
centrodestra si è gridato al successo e la notizia ebbe subito grande risalto sui media.
Molto meno riscontro ebbe l'ammissione del ricorso presentato da Umbria, Toscana, Emilia-Romagna e la Provincia autonoma di Trento,
quest'ultima in quanto, appunto, dotata di particolari autonomie. La Corte Costituzionale, infatti, con la sentenza 215/2010 del
09/06/2010 dichiarò incostituzionale l'articolo n.4 (comma 1, 2,
3, 4) della legge n.102 del 3 agosto 2009, "Interventi
urgenti per le reti dell'energia", ovvero il primo atto legislativo
del nostro Governo per la costruzioni di centrali nucleari. Riassumendo, il quarto articolo diceva che la costruzione delle centrali nucleari era faccenda
urgente e indispensabile, che essa sarebbe stata
realizzata con capitali privati, o prevalentemente
privati, e che il Governo avrebbe potuto istituire commissari
straordinari con poteri esclusivi e totali a proposito
dell’ubicazione delle centrali. La Suprema Corte stabilì invece che l’urgenza delle centrali
nucleari non si concilia con il ricorso ai capitali privati, per natura incerti,
per costruirle: un’azienda investe dove e quando le conviene, non al
comando di un decreto legge. Inotre, poichè la costruzione di nuove
centrali nucleari sono iniziative di rilievo strategico, "ogni motivo
d’urgenza dovrebbe comportare l’assunzione diretta, da parte
dello Stato, della realizzazione delle opere medesime". Ma se lo
Stato non si muove in prima persona, le centrali nucleari non sono poi
così urgenti. E di conseguenza “non c’è motivo di sottrarre alle
Regioni la competenza nella realizzazione degli
interventi”.
Ma nessuna delle due sentenze di fatto stabilisce una parola definitiva sul tema in questione. La Corte Costituzionale, infatti, non può stabilire se produrre energia dagli atomi di uranio sia incostituzionale o meno. D'altronde l'energia nucleare
è stata presente nel nostro paese per ben 28 anni. Tantomeno la
Consulta può stabilire se sia utile, dannoso o pericoloso il ricorso a
tale soluzione energetica. Ciò su cui la Corte Costituzionale può
decidere è il rispetto delle competenze del governo centrale e delle
regioni in materia. La Costituzione prevede che in tema di
energia governo centrale e enti regionali abbiano potestà concorrente.
Ed è questo il punto cardine che può decidere come, quando e con quali
poteri il governo potrà proseguire la sua corsa all'atomo.
Il Governo, però, ha già messo una toppa al ricorso ammesso. E’ il decreto legge n.105 , “misure urgenti in materia di energia”. Ribadisce, con altre parole, le stesse cose che la Corte ha cassato. Una vera e propria farsa. E il tutto nel silenzio generale della stampa e della cosiddetta opposizione. Le nuove norme dicono in sostanza che il Governo individua, questa volta "d’intesa
con le Regioni e le province autonome interessate", gli interventi "urgenti e indifferibili" in materia di
energia (non è fatta esplicita menzione delle centrali nucleari, ma è a
questo che in sostanza ci si riferisce) da attuare “con mezzi e poteri straordinari”
ed eventualmente anche con capitali privati, purchè ne siano
assicurati “l’effettività e l’entità”.
In caso di mancata intesa con le Regioni entro 30 giorni, il Governo può procedere da
solo e può nominare commissari.
Ora, io non sono un esperto in materia di giurisprudenza, ma possono facilmente vedere che è cambiata la forma ma non la sostanza. Insomma, una presa per il culo. Il Governo continua a riproporre l'urgenza, i commissari e il ricorso a capitali privati. Il sistema dell'urgenza con il ricorso ai commissari speciali è indispensabile nelle vere situazioni di emergenza, quando ci sono vite umane in pericolo e lo Stato non può perdere tempo con i bandi pubblici, che richiedono diverso tempo. In situazioni di emergenza quindi è direttamente il commissario che decide a chi rivolgersi, con trattativa privata. Ma si è abusato di questo sistema per aggirare le leggi e ormai le inchieste su Bertolaso, sulla protezione civile e gli appalti enormi dati a imprenditori amici in cambio di "favori" non sono più un segreto. Inoltre, l'ennesimo riferimento ai capitali privati lascia supporre che, primo, il governo non abbia i soldi per costruire queste centrali di cui abbiamo urgentemente bisogno; secondo, che il nucleare serva solo, ancora una volta, a gonfiare i portafogli delle cricche, quelle stesse che se la ridevano dopo il terremoto in Abruzzo, sognando la valanga di denaro che avrebbero guadagnato. E così è stato. Ma lo Stato non impara, anzi non vuole imparare. E gli Italiani non vogliono vedere.
Ma come se tutto questo non bastasse, questa legge aggiunge un'altra chicca in favore di "cricche e caste". L'8 luglio è stato pubblicato sulla Gazzatta Ufficiale lo statuto della Agenzia per
la sicurezza nucleare. Il suo ruolo è quello di "autorità nazionale unica", ovvero tutto ciò che ha attinenza con l'energia nucleare, anche
indirettamente, sarà sottoposto all'occhio vigile dell'Agenzia. Il
suo potere è assoluto, limitato solo ed esclusivamente dalle
competenze della Corte dei Conti. Il Consiglio dell'Agenzia, Presidente compreso, è composto da 5 membri: il premier
nomina il Presidente, la scelta di due membri spetta al Ministro
dell'Ambiente, Stefania Prestigiacomo, gli altri due vengono nominati
dal Ministro dello Sviluppo Economico, attualmente detenuto sempre da Silvio Berlusconi ad interim. La direzione dell'Agenzia è, di fatto, nelle mani del governo, che
dovrà affidarla però a personaggi in nessun modo legati alla sfera
politica locale e nazionale. Due commi stabiliscono questo vincolo: il
comma 8 ("La carica di componente dell'Agenzia è incompatibile
con incarichi politici elettivi, nè possono essere nominati
componenti coloro che abbiano interessi di qualunque natura in conflitto
con le funzioni dell'Agenzia") ed il comma 13 ("A pena di
decadenza il presidente, i membri dell'Agenzia e il direttore generale
non possono esercitare, direttamente o indirettamente, alcuna attività
professionale o di consulenza, essere amministratori o dipendenti di
soggetti pubblici o privati nè ricoprire altri uffici pubblici di
qualsiasi natura, ivi compresi gli incarichi elettivi o di
rappresentanza nei partiti politici, nè avere interessi diretti o
indiretti nelle imprese operanti nel settore"), entrambi riportati
integralmente dalla legge di creazione allo Statuto. Insomma, nessuna carica
politica e nessun conflitto di interessi. Ma questo almeno fino a pochi giorni fa.
Dopo appena un giorno dalla
pubblicazione ufficiale dello Statuto, il governo, sempre con il decreto-legge
numero 105 ha cambiato radicalmente le carte in tavola. Nell'art. 3 leggiamo infatti che il comma 8 è abrogato e il
comma 13, che impone la salvaguardia dell'indipendenza politica
dell'Agenzia, non opera in sede di prima applicazione. Per i Consiglieri
resta il limite della non elettività politica e dell'assenza di
conflitto d'interessi. Per il Presidente, per il primo di essi che
verrà nominato dal Presidente del Consiglio Silvio Berlusconi, non varrà
l'obbligo di non ricoprire cariche politiche elettive. Un
cambiamento di questo tipo, con questa tempistica (appena 24 ore dopo la
pubblicazione dello statuto), lascia facilmente presupporre che il
primo presidente dell'agenzia sarà un politico eletto e regolarmente in
carica.
Ora non resta che scatenare la fantasia. E pensare a chi, tra
parlamentari, consiglieri regionali o comunali, andrà a ricoprire
questo oneroso incarico. E magari azzardare da subito qualche ipotesi,
qualche nome. Magari colui che spinse sopra tutti per il ritorno al nucleare, quel ministro dello Sviluppo Economico da poco dimissionario, attualmente deputato presso la Camera: Claudio Scajola. Oppure quell'Umberto Veronesi che gode di un immensa fama, nonostante non abbia alcuna competenza in merito.
Inutile precisare che il Presidente della Repubblica Napolitano abbia firmato senza indugi anche questa legge.
Leggi anche: Basta Palle, sulla nomina di Veronesi alla Presidenza dell'Agenzia nucleare.
Corte Costituzionale: la legge sul nucleare anticostituzionale, sul primo ricorso ammesso.
5 commenti:
Potresti essere il figlio che trent'anni fa avrei voluto.Ti seguo con piacere a ammirazione.
Una stagionata collega.
compliments per la tua giovane età e per quello che scrivi..questa cosa è davvero tristemente aggiacciante, farò in modo che giri se la pag di fb contro il nuclere la ignora ancora...lavori anche per loro?stai facendo un phd in finlandia o cosa? compliments again
Attenzione, hai scritto "cambiata la forma ma la sostanza", quando forse volevi dire "ma NON la sostanza"?
A parte ciò, ottima desamina della legge, interessante come Scajola possa tornare in auge.
Ricordiamocene!
No non lavoro per nessuno, sono in proprio! :)
Sono in finlandia semplicemente come ricercatore, niente phD.
ps: grazie Dannox ;)
Complimenti per questa tua analisi.
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