Francia, Jeune Afrique. Non si contano più i responsabili politici, i magistrati o gli uomini
 d’affari chiamati in causa per corruzione. Come se il capo del governo 
fosse ormai incapace di assicurare protezione dei suoi amici.
Sette mesi dopo l’aggressione di cui è stato vittima di fronte al 
duomo di Milano, Silvio Berlusconi (73 anni) è tornato sul luogo del 
“delitto” per ricevere un premio che ricompensa il suo carisma e la sua 
leadership. Numerosi membri del suo governo si trovano tuttavia 
coinvolti in scandali. Al punto che molti italiani cominciano a 
chiedersi se, per il presidente del Consiglio, non sia arrivato il 
momento di passare il testimone.
Per un po’ si pensava di essere quasi tornati all’inizio degli anni 
1990, quando il moltiplicarsi di certi eventi provocò lo sprofondamento 
di tutto il sistema. Alcune inchieste per corruzione sono in effetti 
state aperte nei confronti di una sfilza di ministri, uomini d’affari, 
magistrati e responsabili politici – alcuni sospettati di intrattenere 
legami con la mafia.
“Odore di melma”
L’ultima fra queste riguarda una presunta società segreta alla quale sono sospettati di appartenere gli alleati più vicini a Berlusconi. Ma per Giulio Tremonti, ministro delle Finanze e possibile successore del Cavaliere, non si tratterebbe altro che di qualche “mela marcia”. Ossia l’albero non sarebbe compromesso, e il frutteto ancora meno. Resta il fatto che Tremonti si è recentemente pronunciato, o per la convocazione delle elezioni anticipate, oppure per l’introduzione di un governo tecnico. “Un odore di melma sta emanando dal palazzo della repubblica” ha seccamente replicato Eugenio Scalfari, fondatore del quotidiano d’opposizione La Repubblica.
L’ultima fra queste riguarda una presunta società segreta alla quale sono sospettati di appartenere gli alleati più vicini a Berlusconi. Ma per Giulio Tremonti, ministro delle Finanze e possibile successore del Cavaliere, non si tratterebbe altro che di qualche “mela marcia”. Ossia l’albero non sarebbe compromesso, e il frutteto ancora meno. Resta il fatto che Tremonti si è recentemente pronunciato, o per la convocazione delle elezioni anticipate, oppure per l’introduzione di un governo tecnico. “Un odore di melma sta emanando dal palazzo della repubblica” ha seccamente replicato Eugenio Scalfari, fondatore del quotidiano d’opposizione La Repubblica.
Il Giornale, un quotidiano dell’impero mediatico della famiglia 
Berlusconi, denuncia, da parte sua, il clima di tradimento che prevale 
attualmente all’apice dello Stato. Per definire le cose, incita 
Gianfranco Fini, presidente della Camera (e cofondatore del Popolo della
 Libertà, il partito al potere), a mettere in atto la sua minaccia, 
velata ma esplicita, di ritirarsi dalla coalizione di governo con i suoi
 sostenitori. Malgrado resti un attore chiave della scena politica 
italiana, quest’ultimo è lontano dalla sicurezza di disporre, in 
Parlamento, di un numero di deputati sufficiente a rovesciare il 
Governo, ammesso che lo voglia fare. 
Ma il principale problema di Berlusconi risiede altrove. È in effetti
 tutto il sistema clientelare pazientemente edificato con cura ad essere
 oggi minacciato da un pugno di magistrati. Dal mese di maggio 
[Berlusconi] è stato costretto ad accettare le dimissioni di 2 ministri e
 di un alto funzionario del Tesoro. Alcune persone ci vedono la prova 
che non sia più abbastanza forte da poter assicurare la protezione dei 
“suoi”.
















