3 gennaio 2011

Il prezzo della guerra per la pace

Matteo Miotto è il 35esimo militare italiano morto in Afghanistan. Ucciso all'interno della sua base da un cecchino, un colpo penetrato nella spalla o nel fianco, ancora non è chiaro. Un solo colpo che ha portato via la vita di un ragazzo di 24 anni e distrutto quella della sua famiglia e dei suoi cari. Una vita che però non ha di certo maggior valore dei 50mila innocenti civili afghani (fonte Peacereporter) uccisi in questa "guerra di liberazione", 10mila solo nell'anno appena trascorso. Eppure continuiamo a parlare di missione di pace, di "interventi di cooperazione allo sviluppo e a sostegno dei processi di pace e stabilizzazione, nonche' delle missioni internazionali delle forze armate e di polizia", come recita il Decreto Legge n.228, approvato guarda caso due giorni prima della morte del militare italiano. Stabilisce infatti la legge "Ritenuta la straordinaria necessita' e urgenza di emanare disposizioni volte ad assicurare la prosecuzione degli interventi di cooperazione allo sviluppo e a sostegno dei processi di pace e di stabilizzazione e la proroga della partecipazione del personale delle Forze armate e delle Forze di polizia alle missioni internazionali.."
Ritengo opportuno sottollineare come queste missioni abbiano un costo non solo in termini di vite umane, ma anche economico, e non di certo indifferente. La legge, infatti, oltre a prorogare gli interventi delle forze armate nei vari punti caldi del globo, stanzia anche i finanziamenti necessari al prosieguo delle missioni. Se andiamo a leggere i vari articoli del decreto legge scopriamo che il maggior peso economico è dettato dalla guerra in Afghanistan, mentre a missioni per le quali sarebbe molto più giustificabile l'intervento vengono destinati finanziamenti davvero esigui in confronto.
Ebbene, come si legge nell'art.8, sono stati finanziati ulteriori 754.300.000 euro, ma, se si scorre con attenzione il testo degli articoli, questa spesa copre solo metà anno, fino al 31 giugno 2011. In particolare, quasi 381 milioni vengono destinati alla missione militare in Afghanistan, oltre 106 milioni per il Libano, 36 milioni per i Balcani, 25 milioni per la missione Atalanta contro i pirati dei mari somali, 4 milioni per l'Iraq, mentre soli 126.459 euro destinati alla missione in Sudan e 206.026 euro per il Congo. Questi però sono solo i finanziamenti per le spese militari, ma ci sono tante altre "spese accessorie", come gli oltre 80 milioni per "la stipulazione dei contratti di assicurazione e di trasporto di durata annuale e per la realizzazione di infrastrutture".
Diventa quindi sempre più importante valutare l'opportunità delle missioni in Iraq e in Afghanistan, dettate dalle motivazioni molto discutibili di un presidente guerrafondaio, sia da un punto di vista di inutili perdite umane, sia anche da un punto di vista economico. Non a caso, in questo periodo di crisi mondiale, tutti i paesi dell'Europa hanno ridotto gli stanziamenti per le forze armate, mentre nel nostro non solo vengono aumentati, ma vengono intraprese anche ingenti spese economiche per nuovi armamenti, circa 24 miliardi, l'equivalente dell'ultima finanziaria, tanto da far acquisire all'Italia una potenza militare notevole, decisamente oltre le necessità di uno Stato all'apparenza democratico dell'Europa occidentale. Del resto si sa che al Ministro La Russa piaccia giocare con i soldatini. Chissà se si divertirebbe allo stesso modo se tra i soldatini ci fosse uno dei suoi tre figli, magari quel Geronimo piazzato ai vertici dell'Aci, per la sua nota passione automobilistica, assieme al compagno del ministro Brambilla. Non sarà un caso se in Italia e nel mondo, l'unica industria a non andare mai in crisi sia quella delle armi.
Diceva José Saramago, premio Nobel per la letteratura, scomparso recentemente:
Culturalmente, è più facile mobilitare gli uomini per la guerra che per la pace. Nel corso della storia, l’Umanità è sempre stata portata a considerare la guerra come il mezzo più efficace di risoluzione dei conflitti, e da sempre coloro che governano hanno utilizzato i brevi intervalli di pace per preparare le guerre future. Ma è sempre stato in nome della pace che sono state dicharate tutte le guerre. É sempre perché un domani i figli vivano pacificamente che oggi vengono sacrificati i padri…
Questo si dice, questo si scrive, questo si fa credere, giacché si sa che l’uomo, ancorché storicamente educato alla guerra, possiede nel proprio spirito un permanente anelito di pace. Ecco perché la pace è usata tante volte come mezzo di ricatto morale da quelli che vogliono la guerra: nessuno oserebbe mai confessare che fa la guerra per la guerra, mentre si giura, questo sì, che si fa la guerra per la pace. Per ciò tutti i giorni e in tutte le parti del mondo è ancora possibile che uomini partano per la guerra, continua a essere possibile che lei vada a distruggerli nelle loro case.
Quanto ancora l'essere umano continuerà a essere l'unica specie al mondo desiderosa di sterminare se stessa?


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