Mi sono preso due giorni di pausa
dal blog in quanto il prossimo argomento sarà lungo e complesso e la ricerca e
la raccolta delle informazioni ha portato via diverso tempo. Come avrete
facilmente intuito si parlerà dell’Ilva
di Taranto. Ciò che mi ha colpito, mentre mi documentavo sulla questione, è
l’impossibilità delle persone di dimostrare che la causa delle loro malattie siano
gli scarichi nell’atmosfera dell’acciaieria tarantina. Eppure è noto che a
Taranto ci si ammali di più: l’incidenza di tumori correlati all’inquinamento è maggiore del 31% rispetto alla media italiana, così come aumentano
le forme di autismo e deficit intellettivi (solo per l’autismo si stima un
aumento del 50% negli ultimi 10 anni). Ma quello che manca per la legislazione
italiana è il “nesso causale”,
ovvero è necessario individuare con certezza tra un evento e un fenomeno una
relazione di causa-effetto. Insomma, deve essere dimostrato senza ombra di
dubbio che l’evento è provocato da quel preciso fenomeno. Per il diritto
italiano, affermare che esiste un nesso causale tra l’inquinamento e le
malattie è impossibile. Infatti, bisognerebbe dimostrare che la persona si è
ammalata in quel momento, per colpa di quelle emissioni inquinanti, bisogna
provare che quella persona non si sarebbe ammalata se avesse vissuto da
un’altra parte. Ovviamente questo è impossibile da dimostrare perché la medicina
non è matematica.
Bisogna dire però che a Taranto
non c’è solo l’Ilva, ma ci sono ben 9 stabilimenti definiti per legge
“inquinanti”, tra i quali il cementificio, la raffineria, l’inceneritore e
appunto l’impianto siderurgico più grande d’Europa, l’Ilva, tanto che occupa
una superficie pari a 4 volte la città di Taranto che lo ospita. E Taranto è
una città che vive grazie alla sua industria siderurgica; all’Ilva lavorano
infatti 13mila operai più quelli dell’indotto. Ma la città vive praticamente dentro l’industria siderurgica.
Le colline di carbone e di ferro, i cosiddetti “parchi minerari”, materie prime
per fare l’acciaio, sono a pochi metri dalle case del quartiere Tamburi . La gente vive immersa in questa pericolosa
polvere. E non solo.
Se forse non è ancora stato
possibile dimostrare che l’impianto siderurgico del patron Riva è il diretto
responsabile dell’insorgenza di molte malattie, ciò che non si può negare sono
le emissioni degli stabilimenti, completamente oltre tutti i limiti di legge. E
i dati non possono che essere attendibili, visto che provengono dall’INES (Inventario Nazionale delle
Emissioni e loro Sorgenti) e dall’EPER (European Pollutant Emission Register).
Come riporta lo stesso sito, i due registri “sono
nati nell'ambito della direttiva 96/61/CE, meglio nota come direttiva IPPC
(Integrated Pollution Prevention and Control). Essi sono il risultato di un
approccio integrato alla gestione ambientale che coinvolge i governi, le
industrie e il pubblico e dà la possibilità a quest'ultimo di esercitare il
proprio diritto di accesso ad informazioni ambientali in maniera semplice
attraverso la moderna tecnologia”. Anche se in Italia a quanto pare non se
ne sono ancora accorti, il registro EPER è stato definitivamente rimpiazzato da
quello E-PRTR (European
Pollutant Release and Transfer Register).
Come potete vedere dal sito
dell’INES, inserendo i dati dello stabilimento nel motore di ricerca del sito (link),
è presente l’archivio dei dati relativi alle emissioni negli anni dal 2002 al
2005, mentre nel sito europeo, aperto nel 2006, sono presenti i dati del 2007 e
2008. Entrambi prendono in considerazione le emissioni sia in atmosfera, sia
nelle acque.
Come si può facilmente notare da
questa tabella
dati, in cui ho riunito i registri delle emissioni, tutte le misurazioni
delle emissioni sono oltre i valori soglia, ossia i limiti imposti per
legge. Tutte in tutti gli anni. Potete inoltre trovare la variazione
percentuale tra un anno all’altro (in rosso l’aumento, in blu il decremento) e
tra il primo e l’ultimo (2002- 2008). È evidente un certo trend di diminuzione
delle emissioni nel corso degli anni, anche se per qualcuno si registra un
sostanziale aumento, in particolare per i metalli pesanti (nichel, rame e
zinco), CO2 e per le pericolosissime diossine e similari (PCDD e
PCDF). Anche per gli scarichi nelle acque il trend è simile, ma sempre con le
dovute eccezioni: arsenico (+525% rispetto al 2002), fenoli (+441%), rame
(+133%) e nichel, con ben un +1429%
rispetto al 2002. Ciò che a mio parere è incomprensibile è il fatto che il
registro europeo non prenda in considerazione nei suoi parametri, oltre al
cadmio, lo scarico del mercurio
nelle acque, vista la sua enorme pericolosità.
Le due colonne colorate, invece, aiutano
a capire quanto le emissioni abbiano sforato i limiti di legge, ovvero di quante volte siano oltre il valore
soglia, sia per il 2005 che per il 2008. Ciò è importante rispetto alla
valutazione del valore assoluto, in quanto 1 grammo di diossina è certamente
più pericoloso di una tonnellata di CO2. È impressionante vedere che
i PCB, pericolosissimi per la
salute, tanto che la loro produzione è utilizzo è stato bandito in Italia nel
1983, sforino i limiti di legge di ben 1208
volte. È importante sapere che i PCB sono considerati inquinanti
persistenti, dalla tossicità per alcune forme molto vicina a quella della diossina. Non va di certo meglio il monossido di carbonio (CO), lo stesso
che ci uccide quando la caldaia di casa è difettosa, che supera il valore di
legge di 1078 volte, o gli idrocarburi policiclici aromatici
(IPA), classificati come possibili cancerogeni, 622 volte. Anche nelle acque la situazione è disastrosa, con
numerosi composti che superano di oltre 600
volte i limiti di legge. Come si può vedere facilmente a colpo d’occhio dai
colori (legenda in basso) il trend è
in diminuzione, ma tutti i valori sono pesantemente oltre i limiti di legge.
Bisogna anche dire che secondo le
stime dell’ARPA Puglia, il
sistema industriale di Taranto ha scaricato invece sulla città 170 grammi di
diossina in un anno, mentre le emissioni dichiarate dall’Ilva al registro INES
nel 2005 si attestano a 93 grammi. Il totale delle diossine dichiarate al
registro INES da tutti gli impianti industriali italiani nel 2005 è stato di
103 grammi, il che significa che 93 grammi su 103 è solo la fetta di
inquinamento del siderurgico di Taranto. Ammettendo che quanto dichiarato dall’Ilva
sia veritiero, il 90% di tutta la diossina italiana è scaricata nella città di
Taranto. Dalle rilevazioni fatte dall’ARPA tra il 2003 e il 2006 a Taranto,
questo inquinante è infatti presenti in livelli elevatissimi rispetto alle
altre città italiane.
Se forse non è possibile trovare
un nesso causale tra una popolazione avvelenata e l’Ilva, quello che è certo
sono questi dati, tanto è vero che il sig. Riva, titolare dell’azienda, nel
2005 è stato condannato
definitivamente a sei mesi di carcere per gettito pericoloso di polveri nocive
(pena commutata poi in una ridicola ammenda di 6750 €) e per gli stessi motivi
condannato in primo grado nel 2008 (processo ancora in corso).
Visto quanto sopra, le
istituzioni, che dovrebbero in primo luogo tutelare i loro cittadini,
dovrebbero quanto meno obbligare l’Ilva a rientrare nei limiti di legge. E
invece, come sappiamo, il Governo il 15 settembre ha varato il Decreto Legislativo
del 13 agosto 2010 n.155, la cosiddetta legge
“salva-Ilva” che consente di prorogare ulteriormente l’adeguamento ai
limiti di legge.
Nei prossimi due giorni andremo
ad analizzare la tossicità e il rischio legato ad ogni inquinante.
ps: per poter scaricare il file gratuitamente è necessario (ahimé) attendere circa 60 secondi. Altrimenti, chi fosse interessato, può contattarmi via e-mail.
Leggi anche:
Ilva di Taranto: la morte nell'aria - II parte
Il decreto "salva-Ilva": morire per legge
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3 commenti:
Sono di Taranto e ti ringrazio della segnalazione. Abito nei pressi del quartiere Tamburi e ti assicuro che la situazione si sta espandendo anche nelle periferie delle città. Dal mio balcone scopo ogni giorno una paletta di minerale di vari colori, quando nero, quando rosso, quando avano! E loro fanno sempre leggi per rendere legittimo l'inquinamento, le conseguenti malattie, i tumori, le morti che ne conseguono! Taranto sta morendo!!!!
pero bisognerebbe domandarsi quanti "Tarantini" sostengono questo gov. dei ladri e assasini?
Ho partecipato alle 2 marce contro l'inquinamento e sono sempre sensibile a questi temi. Ho perso mio padre per cancro, ex operaio ILVA, ... però vedendo tutti questi tarantini che se ne fottono del problema adesso non ci sto più! Continuano ad appoggiare il governo, e pensano la sera ad uscire e fare i fichi in giro per i locali... Taranto è piena di gente ignorante e che non è educata da un punto di vista civico. Beh io mi sono rotto le scatole. Non ho più nulla da perdere in quella città. Ho combattuto per anni ma il risultato è stato emigrare. Vergognatevi della vostra ignoranza.
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