MANFREDI BORSELLINO. Il primo pomeriggio di quel 23
maggio studiavo a casa dei miei genitori, preparavo l’esame di diritto
commerciale, ero esattamente allo “zenit” del mio percorso
universitario. Mio padre era andato, da solo e a piedi, eludendo come
solo lui sapeva fare i ragazzi della scorta, dal barbiere Paolo Biondo,
nella via Zandonai, dove nel bel mezzo del “taglio” fu raggiunto dalla
telefonata di un collega che gli comunicava dell’attentato a Giovanni
Falcone lungo l’autostrada Palermo-Punta Raisi.
Ricordo bene che mio padre, ancora con tracce di schiuma da barba sul
viso, avendo dimenticato le chiavi di casa bussò alla porta mentre io
ero già pietrificato innanzi la televisione che in diretta trasmetteva
le prime notizie sull’accaduto. Aprii la porta ad un uomo sconvolto, non
ebbi il coraggio di chiedergli nulla né lui proferì parola.
Si cambiò e raccomandandomi di non allontanarmi da casa
si precipitò, non ricordo se accompagnato da qualcuno o guidando lui
stesso la macchina di servizio, nell’ospedale dove prima Giovanni
Falcone, poi Francesca Morvillo, gli sarebbero spirati tra le braccia.
Quel giorno per me e per tutta la mia famiglia segnò un momento di non
ritorno. Era l’inizio della fine di nostro padre che poco a poco, giorno
dopo giorno, fino a quel tragico 19 luglio, salvo rari momenti, non
sarebbe stato più lo stesso, quell’uomo dissacrante e sempre pronto a
non prendersi sul serio che tutti conoscevamo.
Ho iniziato a piangere la morte di mio padre con lui
accanto mentre vegliavamo la salma di Falcone nella camera ardente
allestita all’interno del Palazzo di Giustizia. Non potrò mai
dimenticare che quel giorno piangevo la scomparsa di un collega ed amico
fraterno di mio padre ma in realtà è come se con largo anticipo stessi
già piangendo la sua.
Dal 23 maggio al 19 luglio divennero assai ricorrenti i sogni di
attentati e scene di guerra nella mia città ma la mattina rimuovevo
tutto, come se questi incubi non mi riguardassero e soprattutto non
riguardassero mio padre, che invece nel mio subconscio era la vittima.
Dopo la strage di Capaci, eccetto che nei giorni immediatamente
successivi, proseguii i miei studi, sostenendo gli esami di diritto
commerciale, scienze delle finanze, diritto tributario e diritto privato
dell’economia. In mio padre avvertivo un graduale distacco, lo stesso
che avrebbero percepito le mie sorelle, ma lo attribuivo (e
giustificavo) al carico di lavoro e di preoccupazioni che lo assalivano
in quei giorni. Solo dopo la sua morte seppi da padre Cesare Rattoballi
che era un distacco voluto, calcolato, perché gradualmente, e quindi
senza particolari traumi, noi figli ci abituassimo alla sua assenza e ci
trovassimo un giorno in qualche modo “preparati” qualora a lui fosse
toccato lo stesso destino dell’amico e collega Giovanni.
La mattina del 19 luglio, complice il fatto che si
trattava di una domenica ed ero oramai libero da impegni universitari,
mi alzai abbastanza tardi, perlomeno rispetto all’orario in cui
solitamente si alzava mio padre che amava dire che si alzava ogni giorno
(compresa la domenica) alle 5 del mattino per “fottere” il mondo con
due ore di anticipo. In quei giorni di luglio erano nostri ospiti, come
d’altra parte ogni estate, dei nostri zii con la loro unica figlia,
Silvia, ed era proprio con lei che mio padre di buon mattino ci aveva
anticipati nel recarsi a Villagrazia di Carini dove si trova la
residenza estiva dei miei nonni materni e dove, nella villa accanto alla
nostra, ci aveva invitati a pranzo il professore “Pippo” Tricoli,
titolare della cattedra di Storia contemporanea dell’Università di
Palermo e storico esponente dell’Msi siciliano, un uomo di grande
spessore culturale ed umano con la cui famiglia condividevamo ogni anno
spensierate stagioni estive.
Mio padre, in verità, tentò di scuotermi dalla mia
“loffia” domenicale tradendo un certo desiderio di “fare strada”
insieme, ma non ci riuscì. L’avremmo raggiunto successivamente insieme
agli zii ed a mia madre. Mia sorella Lucia sarebbe stata impegnata tutto
il giorno a ripassare una materia universitaria di cui avrebbe dovuto
sostenere il relativo esame il giorno successivo (cosa che fece!) a casa
di una sua collega, mentre Fiammetta, come è noto, era in Thailandia
con amici di famiglia e sarebbe rientrata in Italia solo tre giorni dopo
la morte di suo padre.
Non era la prima estate che, per ragioni di sicurezza, rinunciavamo alle
vacanze al mare; ve ne erano state altre come quella dell’85, quando
dopo gli assassini di Montana e Cassarà eravamo stati “deportati”
all’Asinara, o quella dell’anno precedente, nel corso della quale mio
padre era stato destinatario di pesanti minacce di morte da parte di
talune famiglie mafiose del trapanese. Ma quella era un’estate
particolare, rispetto alle precedenti mio padre ci disse che non era più
nelle condizioni di sottrarsi all’apparato di sicurezza cui,
soprattutto dolo la morte di Falcone, lo avevano sottoposto, e di
riflesso non avrebbe potuto garantire a noi figli ed a mia madre quella
libertà di movimento che negli anni precedenti era riuscito ad
assicurarci.
Così quell’estate la villa dei nonni materni, nella
quale avevamo trascorso sin dalla nostra nascita forse i momenti più
belli e spensierati, era rimasta chiusa. Troppo “esposta” per la sua
adiacenza all’autostrada per rendere possibile un’adeguata protezione di
chi vi dimorava. Ricordo una bellissima giornata, quando arrivai mio
padre si era appena allontanato con la barchetta di un suo amico per
quello che sarebbe stato l’ultimo bagno nel “suo” mare e non posso
dimenticare i ragazzi della sua scorta, gli stessi di via D’Amelio,
sulla spiaggia a seguire mio padre con lo sguardo e a godersi quel sole e
quel mare.
Anche il pranzo in casa Tricoli fu un momento piacevole per tutti, era
un tipico pranzo palermitano a base di panelle, crocché, arancine e
quanto di più pesante la cucina siciliana possa contemplare, insomma per
stomaci forti. Ricordo che in Tv vi erano le immagini del Tour de
France ma mio padre, sebbene fosse un grande appassionato di ciclismo,
dopo il pranzo, nel corso del quale non si era risparmiato nel “tenere
comizio” come suo solito, decise di appisolarsi in una camera della
nostra villa. In realtà non dormì nemmeno un minuto, trovammo sul
portacenere accanto al letto un cumulo di cicche di sigarette che
lasciava poco spazio all’immaginazione.
Dopo quello che fu tutto fuorché un riposo pomeridiano
mio padre raccolse i suoi effetti, compreso il costume da bagno
(restituitoci ancora bagnato dopo l’eccidio) e l’agenda rossa della
quale tanto si sarebbe parlato negli anni successivi, e dopo avere
salutato tutti si diresse verso la sua macchina parcheggiata sul
piazzale limitrofo le ville insieme a quelle della scorta. Mia madre lo
salutò sull’uscio della villa del professore Tricoli, io l’accompagnai
portandogli la borsa sino alla macchina, sapevo che aveva l’appuntamento
con mia nonna per portarla dal cardiologo per cui non ebbi bisogno di
chiedergli nulla. Mi sorrise, gli sorrisi, sicuri entrambi che di lì a
poche ore ci saremmo ritrovati a casa a Palermo con gli zii.
Ho realizzato che mio padre non c’era più mentre quel pomeriggio giocavo
a ping pong e vidi passarmi accanto il volto funereo di mia cugina
Silvia, aveva appena appreso dell’attentato dalla radio. Non so perché
ma prima di decidere il da farsi io e mia madre ci preoccupammo di
chiudere la villa. Quindi, mentre affidavo mia madre ai miei zii ed ai
Tricoli, sono salito sulla moto di un amico d’infanzia che villeggia lì
vicino ed a grande velocità ci recammo in via D’Amelio.
Non vidi mio padre, o meglio i suoi “resti”, perché
quando giunsi in via D’Amelio fui riconosciuto dall’allora presidente
della Corte d’Appello, il dottor Carmelo Conti, che volle condurmi
presso il centro di Medicina legale dove poco dopo fui raggiunto da mia
madre e dalla mia nonna paterna. Seppi successivamente che mia sorella
Lucia non solo volle vedere ciò che era rimasto di mio padre, ma lo
volle anche ricomporre e vestire all’interno della camera mortuaria. Mia
sorella Lucia, la stessa che poche ore dopo la morte del padre avrebbe
sostenuto un esame universitario lasciando incredula la commissione, ci
riferì che nostro padre è morto sorridendo, sotto i suoi baffi
affumicati dalla fuliggine dell’esplosione ha intravisto il suo solito
ghigno, il suo sorriso di sempre; a differenza di quello che si può
pensare mia sorella ha tratto una grande forza da quell’ultima immagine
del padre, è come se si fossero voluti salutare un’ultima volta.
La mia vita, come d’altra parte quella delle mie sorelle e di
mia madre, è certamente cambiata dopo quel 19 luglio, siamo
cresciuti tutti molto in fretta ed abbiamo capito, da subito, che
dovevamo sottrarci senza “se” e senza “ma” a qualsivoglia sollecitazione
ci pervenisse dal mondo esterno e da quello mediatico in particolare.
Sapevamo che mio padre non avrebbe gradito che noi ci trasformassimo in
“familiari superstiti di una vittima della mafia”, che noi vivessimo
come figli o moglie di ….., desiderava che noi proseguissimo i nostri
studi, ci realizzassimo nel lavoro e nella vita, e gli dessimo quei
nipoti che lui tanto desiderava. A me in particolare mi chiedeva
“Paolino” sin da quando avevo le prime fidanzate, non oso immaginare la
sua gioia se fosse stato con noi il 20 dicembre 2007, quando è nato
Paolo Borsellino, il suo primo e, per il momento, unico nipote maschio.
Oggi vorrei dire a mio padre che la nostra vita è sì
cambiata dopo che ci ha lasciati ma non nel senso che lui temeva: siamo
rimasti gli stessi che eravamo e che lui ben conosceva, abbiamo percorso
le nostre strade senza “farci largo” con il nostro cognome, divenuto
“pesante” in tutti i sensi, abbiamo costruito le nostre famiglie cui
sono rivolte la maggior parte delle nostre attenzioni come lui ci ha
insegnato, non ci siamo “montati la testa”, rischio purtroppo ricorrente
quando si ha la fortuna e l’onore di avere un padre come lui, insomma
siamo rimasti con i piedi per terra. E vorrei anche dirgli che la mamma
dopo essere stata il suo principale sostegno è stata in questi lunghi
anni la nostra forza, senza di lei tutto sarebbe stato più difficile e
molto probabilmente nessuno di noi tre ce l’avrebbe fatta.
Mi piace pensare che oggi sono quello che sono, ossia
un dirigente di polizia appassionato del suo lavoro che nel suo piccolo
serve lo Stato ed i propri concittadini come, in una dimensione ben più
grande ed importante, faceva suo padre, indipendentemente dall’evento
drammatico che mi sono trovato a vivere.
D’altra parte è certo quello che non sarei mai voluto diventare dopo la
morte di mio padre, una persona che in un modo o nell’altro avrebbe
“sfruttato” questo rapporto di sangue, avrebbe “cavalcato” l’evento
traendone vantaggi personali non dovuti, avrebbe ricoperto cariche o
assunto incarichi in quanto figlio di …. o perché di cognome fa
Borsellino. A tal proposito ho ben presente l’insegnamento di mio padre,
per il quale nulla si doveva chiedere che non fosse già dovuto o che
non si potesse ottenere con le sole proprie forze. Diceva mio padre che
chiedere un favore o una raccomandazione significa mettersi nelle
condizioni di dovere essere debitore nei riguardi di chi elargisce il
favore o la raccomandazione, quindi non essere più liberi ma
condizionati, sotto il ricatto, fino a quando non si restituisce il
favore o la raccomandazione ricevuta.
Ai miei figli, ancora troppo piccoli perché possa
iniziare a parlargli del nonno, vorrei farglielo conoscere proprio
tramite i suoi insegnamenti, raccontandogli piccoli ma significativi
episodi tramite i quali trasmettergli i valori portanti della sua vita.
Caro papà, ogni sera prima di addormentarci ti
ringraziamo per il dono più grande, il modo in cui ci hai insegnato a
vivere.
Fonte: LiveSicilia.it
( La testimonianza del figlio del giudice – pubblicata per
gentile concessione dell’editore – chiude il libro “Era d’estate”,
curato dai giornalisti Roberto Puglisi e Alessandra Turrisi- Pietro
Vittorietti editore).
45 commenti:
commovente... davvero commovente...
Non riesco a fermare le lacrime.
Grazie Manfredi
nn si può dimenticare e mai lo faremo.
Ma dove viviamo, questo paese non mi appartiene, mi vergogno di essere italiana, sono sentitamente commossa.
Mi uccideranno, ma non sarà una vendetta della mafia, la mafia non si vendica. Forse saranno mafiosi quelli che materialmente mi uccideranno, ma quelli che avranno voluto la mia morte saranno altri. ( Paolo Borsellino ) STRAGE VIA D' AMELIO 19 LUGLIO 1992 PER NON DIMENTICARE MAIIIII
ogni padre penso che vorrebbe essere ricordato così, figlio eccezionale di un padre altrettanto eccezionale. Grazie
stridente il paragone con gli ometti della p3 e del governo
Grazie d'aver riportato questa lettera del figlio Manfredi, davvero commovente. Grazie di cuore.
ciao
posterò questa bellissima lettera sul mio blog http://nodoingola.blogspot.com/
Grazie mille
Roberto Scalia
LETTERA STUPENDA E PIENA DI AMORE X UN GRANDE PADRE ...NN RIESCO A TRATTENERE LE LACRIME
....grazie, una lettera commovente e bellissima che mi ha fatto piangere e pensare.... grazie a Manfredi e al suo papà... Rosy
Mi sembra una frecciata ai professionisti dell'antimafia ed in particolare a Rita Borsellino che sulle tragedie del fratello ha costruito la sua carriera politica.
In ogni caso onore a Paolo Borsellino e un grazie a Manfredi per la sua testimonianza di vita.
Un esempio di vita.. grazie Manfredi e un grazie alla tua famiglia, per averci permesso di condividere con voi il ricordo di un uomo che merita tutto il nostro rispetto.
Grazie dottor Borsellino, la testimonianza di vita di suo padre ha segnato le mie scelte di vita, nell'estate in cui sceglievo la facoltà a cui iscrivermi, la notizia di quella sciagurata sera ha scelto per me. E, coincidenze del destino, sono diventata ricercatrice con lo stesso professore con cui il Giudice Paolo Borsellino ha mosso i primi passi. Lui mi ha parlato del giovane assistente Borsellino, della sua vivacità intellettuale, serietà, rettitudine, onestà, ironia. Da lui è passata la Sicilia che vale, quella Sicilia a cui tutti noi italiani siamo debitori, io per prima. Stefania
Il libro citato, "Era d'estate", da cui è tratta questa testimonianza l'ho letto.
Consiglio di leggerlo, merita.
Paolo Borsellino: il padre che ogni figlio vorrebbe avere avuto.
Manfredi Borsellino: il figlio,che avendo avuto tale eccezzionale esempio,ogni padre vorrebbe avere.
Paolo Borsellino Jr.: la speranza di tale continuità per i nostri figli.
Grazie per averci fatto leggere questa commovente lettera.
Grazie per aver condiviso con tutti noi i Suoi sentimenti, anch'io vorrei mettere la Sua lettera nel mio blog. Suo padre è stato un uomo eccezionale e dopo la tragica dipartita mi sono sentito più solo. Giovanni
ho rivisto il film dedicato a suo padre e ho pianto pianto pianto
Gentile Dottor Borsellino,
ho iniziato a leggere casualmente poi mi sono lasciato andare sempre più appassionatamente : ho sempre pensato all'attentato a Suo padre ed alla morte di una persona straordinaria come Lui. Difficilmente si pensa "a chi resta"... ma Lei ci ha trasmesso dei messaggi egregi. Grazie!!!
Vostro padre sarebbe sicuramente orgoglioso di voi figli...e noi gli saremo sempre grati per il prezioso e forte insegnamento che ha dato a noi giovani....un uomo,un padre,un esempio...
"Le loro idee cammineranno sulle nostre gambe" così diceva un cartellone esposto a scuola.
A 14 anni è difficile comprendere il significato profondo di questa frase. Adesso lo conosco bene, sono una persona migliore anche grazie a Falcone e Borsellino. Dopo 18 anni, le loro idee camminano ancora sulle mie gambe e lo faranno su quelle dei miei figli e dei figli dei miei figli.GRAZIE
Caro Dottor Borsellino,
mi sono molto commosso dopo aver letto la lettera.
Personalmente molte volte mi vergogno di essere Italiano, ma non mi vergogneró mai di essere Palermitano, come Giovanni Falcone e Paolo Borsellino che sacrificarono le loro vite per combattere la mafia.
Non ti dimenticheremo mai!!!
chi ha ordinato la tua morte deve finire in galera!!
queste sono le tue parole.. "No, la partita comincia adesso".
Grazie per avere postato questa bella lettera!
L'ho subito postata sul mio blog!!!(grillostraparlante.blogspot.com)
Grazie ancora, soprattutto per averci aiutato a ricordare!!!
quel giorno lò vissuto in prima persona ,quando siamo stati chiamati per la morte del giudice borsellino,posso solo dire che non dimenticherò mai quello che ho visto con i miei occhi.paolo borsellino e giovanni falcone saranno sempre nei nostri cuori,sono vicino hai tuoi ricordi.
non sono andato alla marcia, nè ho partecipato a fiaccolate: sono una persona civile, non foraggio nessun racket, non do soldi ai posteggiatori gestiti dalle famiglie, nè compro pane dai furgoncini, evito locali in odore di mafia e mai al mondo darei un soldo se qualche bastardo venisse a chiedermi il pizzo.
borsellino sarebbe orgoglioso di me. parliamo tanto ma facciamo poco. ogni euro regalato a un posteggiatore gestito dalla mafia è un pugno in faccia a borsellino.
enrico
Nel paragrafo che inizia con "Mi piace pensare", c'è un significativo messaggio a tutti i professionisti e i filosofi dell'antimafia parolaia ed inconcludente, sono sicuro che il giudice Borsellino sarebbe stato orgoglioso di un figlio così, ma certamente non lo sarebbe stato della sorella che sta cavalcando oramai da tanti anni l’onta del grande Paolo spesso infangandolo!
...... commovente .....
caro Dott. Borsellino, la ringrazio di cuore per queste parole, per tutto l'amore e la gratitudine che riescono ad esprimere nei confronti di un padre e di un uomo il cui ricordo continuo a portare con me e che non vorrò e non potrò mai dimenticare per tutto ciò che ha trasmesso e ci ha lasciato in eredità. E suo padre continua, così come il suo amico fraterno e collega il giudice Giovanni Falcone, a creare valore benché non siano più tra noi. Mi creda, la sua lettera mi ha commossa fin nel profondo e, forse, dirle "grazie" non mi è sufficiente.
Carolina Scoppola
ma perchè i fratelli di B0rsellin0 dev0n0 essere c0ntrapp0sti al figli0 di B0rsellin0: Hann0 scelt0 strade diverse nel met0d0 f9rse a n0n v0gli0 credere nel pr0f0nd0
leggo cattiverie nei confronti della sorella di Paolo...a volte per portare avanti delel idee bisogna esporsi!
il figlio come la famiglia tutti credo che sposino degli ideali comuni che tengono alti ognuno nel modo che sa fare!
e basta con la dietrologia!
Questo è stato un vero uomo una persona che ha rischiato la sua vita per realizzare un sogno : Avere una Sicilia che fosse governata dallo Stato e non da criminalità organizzata (Mafia).Quel sogno si è infranto il 19 Luglio 1992 quando tutte le speranze sono scomparse come quando un grande fuoco brucia tutto quello che intralcia il suo cammino e tu eri l' erba che non si era bruciata ma il fuoco era più grande di te e non sei riuscito a vincerlo , non ci sarà mai un'altra persona come te... TI STIMIAMO PAOLO BORSELLINO
eh sì, ciò che è bello è che avere tali esempi di giustizia dà voglia di lottare, di impegnarsi per un Italia che possa trovare il suo lustro anche se la televisione ne dichiara la decadenza...la fede nella giustizia mentre Berlusconi ne ride della giustizia, ingordo di potere, di fama...io, italiana all'estero, quanto mi devo vergognare ogni volta e non capisco perché gli italiano lo abbiano votato...un personaggio con così poca classe...io sogno per l'Italia una classe politica più illuminata, più intellettuale..per ridare la volontà di sognare, sinceramente con un presidente che organizza orgie e non è grave, che è citato giudizio ma non è perseguibile, insomma è un esempio che scoraggia e fà scappare tutti i giovani dall'Italia....
GRAZIE per l'ennesima testimonianza per l'onore di un grande eroe..
Sono anni che mi appassiono alla vita di questi grandi..
Da studentessa di Giurisrudenza, ad un passo dalla laurea, mi rendo conto che i miei studi, sin dall'inizio, sono stati segnati dalla presenza di questi grandi uomini, ma non per semplice imitazione, ma per un grande amore condiviso per la giustizia, anzi per la "giusta" giustizia, quella che ci viene dettata dal buon senso.. e "dal fresco profumo di libertà che ci fa rifiuare il puzzo del compromesso, della contiguità e quindi della complicità..."
Immortale, come il suo migliore amico.
Spero che questi GRANDI UOMINI abbiano giustizia.
...uomo di grande personalità e di grande saggezza........avrei voluto conoscerlo personalmente...........Quando vedo una sua intervista o leggo qualcosa che gli riguarda, mi viene la voglia di stringergli la mano, e dimostrargli tutto il mio affetto................ma purtroppo mi devo accontentare di quello che vedo o che sento dire di lui...... grazie
Sono contento che nel 2007 sia nato Paolo Borsellino, spero un giorno si faccia luce sul mistero di queste stragi, e di poterne riflettere insieme a Manfredi.
questa è LIBERTA'.
Ecco perchè ci manca tantissimo il giudice Paolo Borsellino. Se sono cresciuti così i suoi figli quale straordinaria persona venne assassinata il 19 luglio di vent'anni fa?
Ad ogni ricorrenza e più che mai quest'anno un senso di angoscia profonda mi pervade. E non riesco ancora ad accettare le loro morti (e quella delle scorte).
Se sto piangendo, se ho un freddo ingiustificato, se sento di aver partecipato al dipenarsi di una vita nella quale la parola "dovere" ha un senso, lo devo a lei dr.Borsellino che ha alzato un velo, non soltanto sui fatti, ma sulla validità di parole come "dignità, forza morale, onestà, amore". Lei non é solo ad essere fiero di suo padre. lo siamo tutti. Le porgo i sensi della mia stima,e della infinita gratitudine.Credo di "sentire" cosa le costa...ricordare. Grazie.
Se la Sicilia, si libererà' dal gioco mafioso, in gran parte lo dovrà' alla famiglia Borsellino: Agnese, Rita, Salvatore, Lucia, Manfredi, FIAMMETTA. La coscienza civile crea la speranza che come diceva S. Agostino ha due figli: la rabbia ed il coraggio; la rabbia c'e' da tempo, il coraggio e' alle porte. Senza dubbio il Signore sosterrà' ogni azione protesa a contrastare il male ed a sconfiggerlo. Alla fine il bene risulterà' sempre vittorioso.
I siciliani devono dare inizio alla madre di tutte le battaglie: Il risveglio della Coscienza Civile. Giorno dopo giorno nel proprio ambito ed insieme. Non più eroi solitari ma popolo unito e deciso per il bene comune.
Ragazzi ho letto tutti i commenti e voglio rispondere a tutti : ricordatevi che loro la vittoria l'hanno avuta con la sentenza definitiva del maxiprocesso...ma il mio pensiero va sempre in una direzione : FALCONE E BORSELLINO SONO STATI UCCISI DALLO STATO PER MANO DELLA MAFIA...comunque il loro ricordo è sempre vivo nel mio cuore...quelli erano esempi di senso del dovere e rispetto verso la propria terra...sono cresciuto in sicilia e so cosa voleva dire vivere in Sicilia quando c'era riina e tutti quegli "uomini d'onore" che oltre a decidere la morte di Falcone e Borsellino erano disposti ad uccidere bambini per raggiungere il proprio obiettivo...bambini come Santo di Matteo ucciso e sciolto nell'acido solamente perché era il figlio di un collaboratore di giustizia...
FALCONE E BORSELLINO IL VOSTRO RICORDO SARÀ SEMPRE VIVO IN ME....
Ragazzi ho letto tutti i commenti e voglio rispondere a tutti : ricordatevi che loro la vittoria l'hanno avuta con la sentenza definitiva del maxiprocesso...ma il mio pensiero va sempre in una direzione : FALCONE E BORSELLINO SONO STATI UCCISI DALLO STATO PER MANO DELLA MAFIA...comunque il loro ricordo è sempre vivo nel mio cuore...quelli erano esempi di senso del dovere e rispetto verso la propria terra...sono cresciuto in sicilia e so cosa voleva dire vivere in Sicilia quando c'era riina e tutti quegli "uomini d'onore" che oltre a decidere la morte di Falcone e Borsellino erano disposti ad uccidere bambini per raggiungere il proprio obiettivo...bambini come Santo di Matteo ucciso e sciolto nell'acido solamente perché era il figlio di un collaboratore di giustizia...
FALCONE E BORSELLINO IL VOSTRO RICORDO SARÀ SEMPRE VIVO IN ME....
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