11 giugno 2010

Nanopatologie

L’uomo è sempre vissuto in un ambiente polveroso: i vulcani, l’erosione delle rocce, la sabbia di spiagge trasportata dal vento, gli incendi boschivi, sono tutte fonti naturali di polveri più o meno fini. A seconda della loro dimensione, questi minuscoli granelli restano più o meno a lungo in sospensione in atmosfera e possono essere trasportati per migliaia di chilometri. Le sabbie Sahariane, pur non essendo particolarmente fini dal punto di vista granulometrico, si trovano al di là dell’Oceano Atlantico sulle coste orientali statunitensi. Ma se la Natura è responsabile di una certa quota delle polveri che si trovano nell’ambiente, è l’uomo con le sue attività ad esserne il grande produttore: cave e miniere a cielo aperto, discariche, depositi di rifiuti tossici, edifici, asfalto, traffico (gas di scarico, residui freni e pneumatici), aerei, saldature, fumi industriali, cementifci, fonderie, centrali elettriche, inceneritori, termovalizzatori (inceneritori moderni, molto più pericolosi dei vecchi), riscaldamento domestico, linoleum invecchiato (prodotto con impasto di lino e amianto fino al 1992). La medicina se ne occupa da lungo tempo, descrivendo alcune patologie a carico dei polmoni, come l’asbestosi, tristemente nota coma la letale malattia causata dall'amianto. Ma recentemente si è notato che l’incremento vertiginoso della concentrazione di polveri in atmosfera va di pari passo con l’incremento di patologie di altro tipo, ad esempio cardiovascolari, tumorali, neurologiche, allergiche, malattie della sfera sessuale e malformazioni fetali. Le nanopatologie sono le malattie provocate da micro- e, soprattutto, nanoparticelle inorganiche (dimensioni fino a un miliardesimo di metro) che riescono a penetrare nell’organismo, sortendo effetti i cui meccanismi sono in gran parte ignoti e indipendenti dall’origine delle particelle. Alla fine del 1997, nel laboratorio di Biomateriali dell’Università di Modena, diretto dalla Dott.ssa Gatti e dal Dott. Montanari (compagni nel lavoro e nella vita), furono esaminate biopsie epatiche e renali di un paziente che da più di otto anni soffriva di febbre intermittente unita a gravi disfunzioni di fegato e, soprattutto, reni, senza che nessuno fosse in grado di stabilire l’origine dei sintomi. La biopsia di fegato e reni rivelò la presenza di una granulomatosi, non batterica e non virale. Con grande sorpresa, si scoprì che quei tessuti contenevano micro- e nanoparticelle di materiale ceramico, provenienti dalla protesi dentaria, estremamente usurata, che il paziente portava: i detriti derivanti erano stati inghiottiti per otto anni. Poi, questi detriti erano in qualche modo finiti nel fegato e nei reni dove erano rimasti, compromettendo la loro funzionalità e rendendo necessario il trattamento dialitico. Ma rimossa la protesi e trattato il soggetto con un’opportuna terapia cortisonica, i sintomi si stabilizzarono e regredirono in parte, tanto che non fu necessario ricorrere all’emodialisi.
Oggi, la maggior parte dell’inquinamento ambientale ed alimentare da polveri si deve ai motori a scoppio, alle fonderie, ai cementifici, agli inceneritori, spesso chiamati abusivamente termovalorizzatori, alle esplosioni in genere, e persino ad operazioni apparentemente più innocue come la saldatura. In particolare, maggiori sono le temperature d'esercizio, più piccole sono le particelle che si formano.È necessario sottolineare che quasi mai queste polveri sono biodegradabili, ovvero sono praticamente eterne. Tra le fonti odierne d’inquinamento da polveri inorganiche, ne spicca una, quanto meno per inutilità: l’inceneritore di rifiuti. L’illusione che questa pratica offre è quella di far scomparire l’immondizia, ma già Lavoisier alla fine del 1700 stabilì, con la legge di conservazione della massa, che "nulla si crea, tutto si trasforma, nulla si distrugge". Nei fatti, quanto si introduce in un inceneritore, o termovalorizzatore che dir si voglia, esce solo trasformato chimicamente in sostanze di gran lunga più tossiche rispetto a quelle iniziali e ridotto in polveri finissime ed ultrafini, tra cui metalli pesanti, che hanno un grave impatto sull’organismo. I termovalorizzatori sono infatti solo degli inceneritori più moderni in quanto sviluppano delle temperature di esercizio più elevate, producendo quindi particelle ancora più sottili e quindi più pericolose. Già dalle prime ricerche fu subito evidente che le micro- e nanoparticelle sono in grado di entrare nell’organismo e che non sono eliminate, come si era invece dato sempre per scontato. Queste particelle sospese vengono inspirate e finiscono nei polmoni in cui la frazione dimensionalmente grossolana è di norma fagocitate dai macrofagi. Una volta divorati questi corpi estranei, i macrofagi non riescono, però, né a degradarli né a distruggerli, perché non sono biodegradabili. Morto il macrofago, le particelle rimangono dunque nell’organismo. Se invece il particolato è di dimensioni nanometriche riesce a passare, e lo fa in un minuto, direttamente alla circolazione sanguigna. Dal sangue agli organi il passo è breve, soprattutto se si pensa che le nanoparticelle sono anche in grado di entrare nei globuli rossi. Uno studio del 2004 ha accertato che nanoparticelle assunte per inalazione possono facilmente raggiungere il cervello. Ma il peggio è che queste nanoparticelle oltre a non essere biodegradabili, sono anche non biocompatibili, ovvero patogeniche, cioè capaci d’innescare una malattia: essendo un corpo estraneo, l’organismo reagisce con uno stato infiammatorio; ma se queste particelle sono particolarmente piccole, penetrano all'interno del nucleo delle cellule senza che queste ne percepiscano la loro presenza, tanto che la cellula resta vitale e capace di riprodursi. Ma queste particelle possono interagine con il DNA causando mutazioni genetiche, che posson sfociare in degenerazioni neoplastiche o malformazione del feto. Dopo l’inalazione, la via d’assunzione più frequente per le nanoparticelle è l’ingestione. Queste infatti fluttuano in aria, prima o poi cadono a terra, depositandosi su frutta e verdura, alimento per l’uomo, e sull’erba, cibo per gli animali. E anche dall'apparato digerente passano facilmente nel sangue, con il medesimo destino. A supporto di queste ipotesi, i laboratori di New York nel 2005 hanno stimato 400mila individui ammalatisi dopo il crollo delle Torri Gemelle, a causa solo delle polveri inspirate, riscontrando patologie tumorali e neurologiche, insorte in individui insolitamente troppo giovani. E le stesse patologie si riscontrano nelle cosiddette sindromi del Golfo e dei Balcani, che affliggono militari e civili allo stesso modo, nelle zone dell’Iraq e della ex-Jugoslavia. Secondo quanto finora rilevato, queste persone si ammalano non tanto per la radioattività dell’uranio impoverito contenuto in certi proiettili ed in certe bombe, ma per l’inalazione e l’ingestione di enormi quantità di polveri sottili e sottilissime che ogni esplosione ad alta temperatura sviluppa (più di 3000°C). La cosa più incredibile, a conferma della persistenza di queste sostanze nell'ambiente, è che le nanoparticelle della guerra in Jugoslavia ora si possono trovare in Grecia e Ungheria.
Come regola generale, più una particella è piccola, più è aggressiva. Questo risulta evidente se si prendono in considerazione le PM 2.5, il più fine particolato sospeso in atmosfera, molto più piccolo del famoso PM10. Un incremento nella concentrazione atmosferica del PM 2.5 è strettamente correlato con un aumento nella mortalità da problemi cardiaci. Questo non accade invece con i PM10. Malauguratamente, ciò che viene controllato per legge è la concentrazione di PM10 presente in atmosfera. Ciò di cui si dovrebbe tenere conto invece è il numero di particelle e la loro dimensione, ricordando che più queste sono piccole, più sono dannose. I controlli di legge sono quindi di scarso interesse e rischiano di indurre a ritenere, del tutto erroneamente, che l’aria di oggi sia più pulita di quella di alcuni anni fa. Paradossalmente, i filtri antiparticolato abbattono la concentrazione del PM10 perchè lo frantumano, trasformandolo quindi in particolato ancora più pericoloso che non viene però rilevato.
È possibile per il corpo umano liberarsi da queste sostanze estranee una volta assorbite? Al momento, la risposta è purtroppo negativa. Esistono però sistemi artificiali utili allo scopo, come l'emodialisi nei casi più gravi. Ma sicuramente il metodo più efficace è la prevenzione. È opportuno per prima cosa cercare di non creare particolato o almeno produrne il meno possibile. Esistono forme di prevenzione che non costano nulla e che non sono attuate solo per ignoranza o per incuria: non esporre frutta e verdura sulla strada per veder cadere drasticamente la quantità di particelle in quegli alimenti (le nanoparticelle cadute su un cavolo non possono affatto essere eliminate con il lavaggio). Oppure basterebbe che il macellaio, una volta affilato il coltello sulla cote, non tagliasse subito la carne ma passasse il coltello su di un panno e lo lavasse. Oppure, ancora, basterebbe che i saldatori non portassero a casa gli indumenti da lavoro e indossassero un copricapo, tant'è vero che le mogli di questi operai hanno gli stessi tassi di incidenza delle patologie. E che dire, poi, delle colture agricole cresciute ai margini delle autostrade o vicino agli inceneritori o a certi insediamenti industriali? E, infine, perché usare tanti sacchetti di plastica quando si potrebbero riutilizzare lo stesso tantissime volte, o meglio ancora dei sacchetti biodegradabili? Tutti questi sacchetti finiscono in gran parte negli inceneritori, avidi di plastica che produce calore nella combustione, alimentando una forma assai grave d’inquinamento da particolato. Il riciclo dei materiali è poi sicuramente un ottimo sistema per evitare la dispersione di nanoparticelle. Altra cosa ovvia è il traffico veicolare, specialmente dei SUV.
La conoscenza acquisita nel campo della nanopatologia impone una ricerca più approfondita in questa branca della scienza che sta aprendo un universo prima ignoto nel campo della medicina. Considerando che abbiamo inquinato più negli ultimi vent'anni che in tutti i milioni di anni precedenti, se l’umanità di oggi vorrà lasciare un mondo meno invivibile alla generazione che verrà, dovrà liberarsi di troppi preconcetti privi di base scientifica e, bisogna ammetterlo, d’interessi come quelli legati, nel nostro Paese, al grande affare degli inceneritori che rischiano di condurci ad un punto di non ritorno.

(Tratto da Stefano Montanari, Antonietta M. Gatti, "Nanopatologie: cause ambientali e possibilità di indagine", Laboratorio di Biomateriali, Università di Modena e Reggio Emilia)

Video della conferenza: parte 1, parte 2, parte 3, parte 4, parte 5, parte 6, parte 7, parte 8, parte 9, parte 10

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3 commenti:

Anonimo ha detto...

Bel blog davvero, anche se dall'apparenza un pò leghista (=). Tremendo il contenuto, sentire poi dire da Tremorti che 2,7 mln di invalidi sono troppi per un paese competitivo (detto dai politici più inetti e pagati che ci siano, è davvero nazista. Chissà se un giorno ci convinceranno a rottamare i portatori di handicap?

Ruby ha detto...

Beh il verde prima di essere il colore della Lega era il colore della natura.. =)
Cmq ecco, non sarò un genio dell'informatica, ma ora ho decisamente reso meglio l'idea! ;)
ciao

Unknown ha detto...

Ciao, complimenti per il blog! Scrivi molto bene e parli di argomenti che stanno a cuore a te, a me e dovrebbero stare a cuore a tutti.
Ti leggerò spesso. Continua così.

Sara

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