3 febbraio 2011

Chi se non Silvio Berlusconi?

The Guardian, 24 gennaio. Il Presidente del Consiglio italiano è nello scandalo fino al collo, anche se i sondaggi dimostrano il contrario. Ma chi potrebbe sostituirlo?

Silvio Berlusconi è ai ferri corti. Sotto inchiesta per aver pagato una ragazza di 17 anni per fare sesso, per estorsione e abuso di potere, l’istrionico Presidente del Consiglio italiano si trova ad affrontare la più grande sfida della sua vita. Spesso gli scandali sessuali segnano la fine di una carriera politica e più scandali travolgono un partito, maggiore la sofferenza alle urne. Ma stranamente, il Cavaliere – come è notoriamente chiamato Berlusconi – sembra sperimentare esattamente la situazione opposta. Secondo un sondaggio pubblicato domenica sul Corriere della Sera, il consenso per il partito di Berlusconi, il Popolo della Libertà (PdL) è di fatto aumentato da dicembre, dal 27,6% al 30,2%. Nello stesso periodo, i consensi per i maggiori partiti d’opposizione sono diminuiti. Il Partito Democratico (PD) e l’Italia dei Valori (IdV), i partiti di centro-sinistra che hanno guidato gli attacchi per sull’integrità di Berlusconi, hanno subito rispettivamente un calo dei consensi: dal 25,0% al 24,5% e dal 6,2% al 5,5%. Berlusconi sta sfidando la legge di gravità in politica.
Ma come ci è riuscito? Ci sono due ragioni. La prima, per quanto scioccante possa sembrare, è che lo scandalo sessuale si adatta molto bene all’immagine pubblica attentamente costruita di Berlusconi. Da quando è entrato in politica nel 1994, Berlusconi ha costruito il suo successo presentandosi come una persona con cui tutti possono simpatizzare e con cui tutti vorrebbero identificarsi. Un bon viveur che non fa mistero del suo amore per la ricchezza, il vino e le donne, ha proiettato un’immagine non solo come imprenditore che si è fatto da sé, ma anche come un uomo normale, che non nasconde le sue debolezze fin troppo umane, con gli stessi gusti mondani dell’uomo medio italiano. Il premier incarna il sogno italiano: ama il calcio ed è proprietario del Milan, è un uomo d’affari di successo, è un magnate televisivo che ama circondarsi di belle donne. E il suo presunto coinvolgimento con Karima “Ruby” el-Mahroug serve solo a rafforzare gli elementi chiave di questa immagine. A prescindere dalla moralità del caso, Berlusconi continua a vivere una vita a cui aspirano molti italiani.
In secondo luogo, più aumenta la pressione sulle dimissioni di Berlusconi, più gli italiani sono costretti a contemplare le alternative. Che non sono molte. Ci sono solo tre opzioni nel caso Berlusconi si dimetta. La più probabile è una coalizione instabile di centro-destra guidata dall’ambizioso e conflittuale Gianfranco Fini. Quest’ultimo non solo è un ex fascista che ha espresso in passato ammirazione per Mussolini, ma ha anche dimostrato di non saper gestire il centro-destra in modo efficace con almeno due tentativi falliti di rovesciare il governo Berlusconi in passato. Giustamente, molti italiani continuano a percepire Fini come inaffidabile nella migliore delle ipotesi e pericoloso nella peggiore.
La seconda possibilità è una coalizione di minoranza di centro-sinistra guidata dall’inefficace leader del Pd, Pier Luigi Bersani. Il grosso problema di Bersani è che il centro-sinistra è irrimediabilmente frammentato e non è riuscito a offrire una soluzione coerente al peggioramento delle condizioni economiche in Italia. Né il PD, né alcuno dei suoi alleati sono in grado di convincere gli italiani di essere sufficientemente affidabili per governare.
L’opzione finale è un compromesso. In assenza di un chiaro successore, il presidente Giorgio Napolitano potrebbe decidere di nominare un tecnocrate a capo di un governo ad interim prima di indire le elezioni. L’assenza di un mandato popolare e gli effetti debilitanti delle elezioni in un momento di instabilità economica rendono questa una scelta profondamente impopolare.
La maggioranza degli italiani, dunque, opta per la soluzione: “meglio il male minore”.

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