5 gennaio 2011

Nel Tamigi torna la vita, nei fiumi italiani arriva la morte

Una politica attenta all'ambiente può davveri fare i miracoli e riportare alla vita ecosistemi dati ormai per spacciati. Negli anni '50 il Tamigi fu dichiarato "fiume biologicamente morto", a causa dell'inquinamento e della pessima qualità delle sue acque, tanto che la maggior parte della flora e della fauna tipica del corso d'acqua era scomparsa. Venne quindi avviata una seria politica ecologica ed ambientale, un lungo lavoro iniziato dalla Thatcher e proseguito fino ad oggi, che ha puntato molto sulla qualità dell'acqua grazie all'introduzione di depuratori per trattare gli scarichi fognari e una legislazione dura verso i responsabili dell'inquinamento. Così già nel 1990 l'analisi chimica qualitativa delle sua acque aveva classificato come "buono" o "molto buono" il 53% dei campioni, mentre nel 2008 aveva raggiunto quota 80%. Oggi il fiume è tornato a risplendere. Si è ripopolato di salmoni, lontre, sogliole e persino alcune foche e si è trasformato in un'affascinante via di navigazione. Sono ricomparsi anche i cavallucci marini, specie molto sensibili all'inquinamento, che a causa delle acque velenose del Tamigi avevano migrato verso altri lidi ed erano scomparsi da più di un secolo. Dall'aprile 2005, 393 progetti di valorizzazione dell'habitat sono stati completati e circa 70 km di fiume sono stati recuperati e riportati al loro antico splendore. E secondo l'ultimo rapporto dell'Environment Agency, l'ente statale che gestisce i corsi d'acqua britannici, non è solo il Tamigi a rinascere, ma anche altri fiumi del Regno Unito stanno riprendendo vita.

Ma se oltremanica la situazione appare sempre più rosea, in Italia è sempre più nera. Secondo il rapporto realizzato dal Wwf, che ha realizzato la mappa del degrado dei fiumi italiani, nel nostro paese i corsi d'acqua sono "terra di nessuno", fogne a cielo aperto, inquinati da scarichi velenosi, spesso abusivi, a causa del malfuzionamento o dell'assenza dei depuratori. Una situazione presente in tutta Italia senza distinzioni, dal "sacro" Piave in Veneto, fino al Loreto in Sicilia. Tutte condizioni ideali per l'estinzione delle specie che vi abitano. L'88% dei pesci di acqua dolce, infatti, è a rischio così come due terzi degli uccelli e dei mammiferi che vivono lungo i torrenti. Poche le ‘perle’ naturali che risulteranno nella nuova Mappa, come quella dell’alto Sangro, in Abruzzo, dove sono state rilevate tracce di lontra, il mammifero più raro dei fiumi italiani, che non a caso sceglie i tratti d’acqua più naturali e ancora in buono stato di salute. "I nostri fiumi stanno morendo" è la denuncia che arriva dal Wwf, secondo il quale la mancanza di un'autorità nazionale di bacino, sacrificata in nome del federalismo, è una delle principale cause della disastrosa situazione italiana.
29 corsi d'acqua sono stati al centro dell'indagine in tutte le regioni d'Italia: cemento, rifiuti e scarichi stanno minacciando la loro biodiversità. Sull'Agri, in Basilicata, sono stati individuati 74 sbarramenti e 26 depositi di rifiuti, lungo l'Adda aumentano i cantieri, scarichi abusivi sono stati individuati nell'alto Tevere, l'Aniene a causa di depuratori inattivi è inquinato, nel Po la biodiversità è stata gravemente intaccata, e non sono pochi i casi di cementificazione selvaggia nell'alveo dei fiumi.
Insomma, mentre quest'anno il Tamigi ha vinto il Thiess River Prize, riconoscimento internazionale che premia i progetti di recupero dei corsi d'acqua, ospitando più di 125 specie di pesci, in Italia, se non si cambia rotta i fiumi saranno presto solo veleni, rifiuti e liquami. Degli specchi d'acqua su cui riflettere.

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