9 settembre 2010

Italia - Far Oer: un calcio al massacro

Ancora oggi l’Italia calcistica si compiace della vittoria della nazionale contro le Isole Fær Øer, una squadra che, con tutto rispetto, se militasse nel campionato italiano forse non andrebbe oltre i campionati di eccellenza. Il calcio su queste isole, infatti, è praticato a livello semiprofessionistico e pertanto hanno quasi tutti un altro impiego nella vita quotidiana. L'ex ct, Jógvan Martin Olsen, è un elettricista e il “bomber” Rógvi Jacobsen è un carpentiere, mentre il portiere Jákup Mikkelsen è un insegnante.
Ma il calcio è la grande arma di distrazione di massa nostrana e gli italiani hanno spesso la memoria corta. Circa 3 mesi prima della partita l’indignazione correva sul web e immagini terribili rimbalzavano da un sito all’altro: anche quest'anno, precisamente il 19 Giugno, nella città di Klaksvik nelle Isole Fær Øer si compiva il massacro dei delfini globicefali, che ha dato il via alla stagione della mattanza, dove hanno trovato la morte circa 800 esemplari. La caccia a questi splendidi esemplari, un misto di pesca e ritualità (Grindadrap in faroese), porta alla morte circa 2000 globicefali ogni anno; quest’anno il bollettino è stato molto più modesto grazie all’utilizzo di un sistema acustico sottomarino da parte degli attivisti di Sea Shepherd, che ha messo in fuga buona parte degli animali destinati a morte certa.
Ma i cosiddetti “ecopirati” quest’anno ha fatto di più: l’attivista Peter Hammarstedt, aspirante regista, si è finto per giorni uno studente in vacanza nelle isole e così, grazie a questa copertura, è riuscito a documentare la Grindadrap. Hammarstedt non è nuovo a queste azioni: è infatti uno degli uomini di punta degli equipaggi di Sea Shepherd impegnati nelle azioni di contrasto alle baleniere giapponesi. Ma proprio per questa sua notorietà alla fine è stato costretto a fuggire a metà del lavoro, dopo essere stato riconosciuto da alcuni dei cacciatori di cetacei, che lo avevano visto nella serie tv «Whale Wars» e che lo hanno notato mentre fotografava e riprendeva le carcasse dei mammiferi allineati sulla spiaggia.

Come si può vedere nel filmato, la battuta di caccia inizia con i grossi mammiferi che vengono sospinti nella baia dai motoscafi e costretti ad arenarsi sulla riva. Qui ha inizio il bagno di sangue. Martelli del peso di 2,2 chilogrammi percuotono ripetutamente gli animali ancora vivi, per far penetrare nella carne fresca uncini perforanti. Successivamente coltelli di 15 centimetri vengono impiegati per trapassare le carni e spaccare letteralmente la spina dorsale oppure per sgozzarli quasi fino alla decapitazione.
Eppure, nonostante le pilot whales siano “rigorosamente protette” per la Convenzione sulla Conservazione della Vita Selvatica e dell'Ambiente Naturale in Europa, l'uccisione dei cetacei è considerata una tradizione irrinunciabile dagli abitanti delle Fær Øer che, come si vede nelle foto (attenzione: immagini forti) scattate dallo stesso Hammarstedt e da quelle diffuse dall'agenzia Reuters, non si fanno remore nel portare anche i bambini piccoli ad assistere al macabro spettacolo. Secondo l’attivista, come si può vedere nelle stesse foto, tra gli animali uccisi c'erano anche femmine gravide e balenotteri ancora non nati attaccati al cordone ombelicale delle loro madri, che, per una specie protetta, rappresentano l’ultima ancora di salvataggio. Ma il destino di questi piccoli delfini non è stato quello di ripopolare una popolazione a rischio estinzione, ma di restare a marcire sulla spiaggia. I feti sono stati estratti dal ventre delle madri e lasciati morire sulla banchina.

La macellazione di massa che viene compiuta ogni anno in questo sperduto angolo d'Europa è qualcosa di particolarmente cruento e a nulla servì la campagna lanciata l’anno scorso dal blog di Beppe Grillo che invitava a inviare fiumi di mail alla Regina di Danimarca. Ne furono mandate circa 70.000 ma a quanto pare inutilmente. Del resto, le isole Fær Øer sono una regione amministrativa indipendente e godono di piena libertà politica dal regno della Danimarca. Insomma, fanno di testa loro, tranne che per esercito e politica estera, e quindi decidono autonomamente anche in merito a queste questioni.

Molti potrebbero facilmente obiettare che i globicefali non vengono uccisi solo per puro divertimento, ma anche per la sussistenza degli abitanti stessi: ricavano il 30% del fabbisogno annuale di carne e grasso, la carne viene essiccata e affumicata, il grasso si usa in cucina e può essere usato come combustibile. Insomma, non si butta niente, neppure le ossa che vengono usate come materiale da costruzione. Eppure già oggi la carne di questi delfini è vietata alle donne isolane incinte per la presenza di metalli pesanti, sali di mercurio, pesticidi e proprio per questo non può essere esportata negli altri Paesi Europei, in quanto non conforme agli standard dell’Unione Europea sugli alimenti destinati al consumo umano.
L’uomo nasce cacciatore, diranno alcuni, ed è normale che si pratichi la pesca, che si vada a caccia e che si cibi di altre specie viventi. Ma come insegnavano gli indiani d’America non bisogna prendere più del necessario da Madre Natura, rispettando ogni animale, ogni pianta come fosse sacra, perché necessaria alla nostra sopravvivenza. Un globicefalo arriva al peso di 3 tonnellate. Con gli 800 delfini uccisi, sono stati assegnati circa 53 chili per ciascuno dei 45.000 residenti nell’arcipelago, dai poppanti fino ai più anziani. Non sarà quindi un caso che molte carcasse vengano abbandonate in mare.
Gli abitanti delle Fær Øer celebrano il massacro delle loro vittime in un’atmosfera carnevalesca di intrattenimento. Spesso ai più piccoli viene concesso un giorno di festa a scuola per assistere all’evento e godere dello spettacolo. Decine di bambini corrono sulla spiaggia, nella baia, e saltano, giocano, gioiscono e vengono fotografati sulle carcasse sanguinanti delle balene.

Due giorni fa la Nazionale italiana di calcio ha giocato all’Artemio Franchi di Firenze contro le Isole Fær Øer. Sea Shepherd ha organizzato una manifestazione di protesta fuori dallo stadio. Ma la stampa e i media ieri erano troppo impegnati a celebrare la vittoria italiana contro una squadrucola da quattro soldi, dimenticandosi della manifestazione all’esterno e di quel massacro di cui loro stessi avevano parlato con apparente profonda indignazione un paio di mesi prima. I tifosi, in fatto di striscioni, sono capaci di capolavori, con gigantografie di trenta metri per trenta per celebrare uno scudetto o per fare gli auguri al loro capitano. Eppure, probabilmente, tra tutti quei tifosi c’era qualcuno che condivideva i video del massacro faroese su facebook gridando alla vergogna. Ma quando si tratta di mettere la faccia e urlare la propria indignazione, la memoria fa brutti scherzi.

2 commenti:

Anonimo ha detto...

Attendo ansioso un post sulla mattanza dei tonni in Sardegna e a Trapani. Ah no, quella è Italia, già..

S.m. ha detto...

E' difficile commentare 'sta roba, è chiaro. Molti dicono (vedi il blog di Coglionissimo, ci siamo intesi) che l'uomo è cacciatore ecc ecc. Bene, ma allora, se è solo questo, perché gli scolari non vanno anche nei mattatoi? Quando uno ci dice queste fregnacce, questo bisogna rispondergli. Perché è chiaramenet UN RITO DI SANGUE. Poi per carità, possiamo discutere alla nausea del massacro dei tonni. Possiamo discutere della fine dei delfini in Giappone (con apposito film), possiamo discutere di tutto. Anche delle spadare, le armi di distruzione di massa, che quei farabutti di pescatori italiani dovevano togliere dalle balle e si sono presei 200 mln di euro dalla UE per questo, invece le usano ancora e uccidono 10.000 cetacei l'anno (tra le altre cose). 12 volte peggio dei faroesi! Ma, checché se ne dica, così come la corrida (ma i tori sicuramente hanno più dignità delle bestie mandate al mattatoio!), non è possibile che un rito di sangue come questo sia ancora accettabile nell'Europa 'civile'. Magari aveva ragione d'essere tempo fa, ma non più adesso. Poi una cosa voglio chiedere: ma le femmine incinta non dovrebbero essere risparmiate sempre-e-comunque? E un'altra cosa, non meno importante: invece di uccidere i delfini in quel modo barbaro, ma perché non usare un semplice fucile? Anni fa vidi un documentario in cui gli esquimesi davano la caccia ad una balena, e l'uccidevano sparandole raffiche di Kalashnikov. Se proprio è possibile uccidere un delfino per ragioni di cibo, con che faccia gente come Coglionissimo dice che 'così soffrono meno'??? Ma un colpo di fucile in testa no? Costano troppo le pallottole? E' chiarissimo quindi, che stiamo parlando di un RITO DI SANGUE. IL procurarsi il cibo non c'entra niente, non è per questo che lo fanno, o almeno, non certo così lo farebbero. Ps. I tonni sono bestie massacrate, giusto, ma almeno li cacciano davvero per cibo, e non per lasciarli marcire sulle spiagge! Almeno questo, i coglionissimi dovrebbero saperlo.

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