13 agosto 2010

Forse la Terra non sta tanto bene...

Se non sono la prova provata, la "pistola fumante" dell'effetto dell'uomo sui cambiamenti climatici è solo perchè non sono ancora riusciti a dimostrarlo scientificamente. Ma i disastri naturali di questi ultimi tempi in tutto il mondo combaciano drammaticamente con i trend individuati dall'Ipcc (Intergovernmental Panel on Climate Change), secondo il quale è probabile che nel futuro possano ripetersi con frequenza e intensità ancora maggiore. Uno studio pubblicato su Science ha inoltre confermato quanto siano attendibili le previsioni dell'Ipcc, se non addirittura troppo ottimistiche, poichè avevano sottovalutato la velocità di innalzamento del livello dei mari. "Che si tratti di frequenza degli eventi o della loro intensita' praticamente ogni anno si batte qualche record - spiega Omar Baddour, capo del centro dati sul clima dell'agenzia meteorologica mondiale dell'Onu - si tratta di una situazione completamente nuova, ma la successione degli eventi estremi e la loro accelerazione sono conformi alle proiezioni dell'Ipcc. Eventi estremi ci sono sempre stati, ma sembra proprio che stia aumentando la loro intensita". Anche se i climatologi non hanno ancora la certezza che i cambiamenti climatici siano dovuti all'uomo, c'è quantomeno un forte sospetto: "Sono tutti eventi che peggiorano in presenza di un'atmosfera inquinata dai gas serra - spiega Jean-Pascal Van Ypersele, vicepresidente dell'Ipcc - non possiamo giurare che niente di tutto questo sia mai successo negli ultimi 200 anni, ma c'e' un fortissimo sospetto". Insomma, secondo l'Ipcc i dubbi sono pochi e i sospetti molto fondati.

A supporto, arriva un'altra ricerca pubblicata sempre su Science il 18 giugno da Ove Hoegh-Guldberg, biologo marino dell’università del Queensland, che ha raccolto 10 anni di studi sull'impatto dei mutamenti climatici sugli oceani: le emissioni di gas serra di origine umana stanno soffocando gli oceani, distruggendo gli ecosistemi marini e spezzando la catena alimentare. Una serie di cambiamenti irreversibili che il pianeta non viveva da milioni di anni. A farne le spese non sono soltanto le barriere coralline o i ghiacci polari che si sciolgono, ma milioni di persone in tutto il mondo che vivono grazie alle risorse marine. Hoegh-Guldberg spiega che gli oceani sono i polmoni della Terra, producono la metà dell’ossigeno presente in atmosfera e assorbono il trenta per cento dell’anidride carbonica di origine artificiale. Ma il delicato equilibrio dell'ecosistema marittimo si sta per rompere. Il mare sta rapidamente diventando più caldo e acido, la circolazione oceanica sta cambiando e si stanno espandendo sempre più le cosiddette “zone morte”, nelle quali la vita è pressoché assente per il bassissimo contenuto di ossigeno. Tutto questo si ripercuote sui principali ecosistemi marini: le barriere coralline stanno sbiancando e morendo a causa delle acque troppo acide, le “foreste” di alghe laminarie, grandi produttrici di ossigeno, muoiono esattamente come gli alberi abbattuti sulla terraferma. “Se continuiamo a percorrere questo cammino – spiega lo scienziato – arriveremo a una condizione che noi come umani non abbiamo mai sperimentato. È chiaro che la Terra non ce la fa senza gli oceani. Questa è l’ennesima prova che siamo sulla buona strada per la prossima estinzione di massa”.
Ma il politicante di turno potrebbe tranquillamente controbattere che sono le solite esagerazioni di pochi disfattisti. Forse. Ma queste sono opinioni. E allora andiamo andiamo a fare un analisi oggettiva, senza voler creare alcun allarmismo, perchè gli avvenimenti storici sono fatti e in quanto tali non opinabili. A meno che, in pieno stile orwelliano da 1984, non decidiamo di riscrivere anche il passato.

5 agosto, Groenlandia: un immenso iceberg si stacca e prende il largo
Una gigantesca isola di ghiaccio (troppo grande in realtà per essere definita un iceberg) si è staccata dalla Groenlandia e si sta indirizzando verso gli Stretti di Nares, che dividono la Groenlandia dal Canada, a circa mille chilometri a sud del Polo Nord. Secondo quanto reso noto dai ricercatori dell’università del Delaware, l’enorme iceberg, di una superficie di 260 chilometri quadrati e di spessore 200 metri, si sarebbe staccato da uno dei principali ghiacciai della Groenlandia, il Petermann. Era dal 1962 che una così grande massa di ghiaccio non si muoveva liberamente intorno al Polo Nord, quando un'isola grande circa il doppio di quella attuale si staccò dalla Groenlandia e tuttora si trova nello stretto di Nares. Per dare un'idea del suo immenso volume, se questa isola galleggiante si sciogliesse potrebbe rifornire tutti i rubinetti pubblici degli Stati Uniti lasciati perennemente aperti per 2 anni. Non è chiaro che cosa accadrà all'enorme ghiacciaio galleggiante, potrebbe sciogliersi progressivamente oppure spezzarsi in blocchi più piccoli. L’indisponibilità di dati sul lungo periodo – le registrazioni nelle acque della zona sono iniziate solo nel 2003 – non permette agli scienziati di esprimersi con certezza sul legame fra la rottura del ghiacciaio e il surriscaldamento globale. “Non si può dire, né dire il contrario” afferma Muenchow. Una cosa però è certa: i primi 6 mesi del 2010 sono stati i più caldi di sempre nella storia delle rivelazioni della temperatura media globale sulla terra e negli oceani, secondo i dati diffusi di recente dal National Oceanic and Atmospheric Administration (Nooa). Secondo Greenpeace invece, la perdita di ghiaccio dalla lingua fluente del Ghiacciaio Petermann aumenterà la velocità nello scioglimento dei ghiacci nella calotta glaciale della Groenlandia.

15 luglio ad oggi, Russia divorata dalle fiamme
Almeno 62 morti e 700 feriti, oltre 7600 chilometri quadrati di boschi distrutti, soprattutto nella parte occidentale del Paese, a causa dei quasi 26 mila incendi sviluppatisi spontaneamente in tutta la Russia a causa delle alte temperature. Un'area pari a dieci volte quella della città di New York. E mentre la provincia bruciava, Mosca veniva soffocata dal fumo generato dalle torbiere che vanno a fuoco intorno alla capitale russa. La capitale per diversi giorni è stata messa in ginocchio a causa della fitta cappa di fumo acre e nocivo che l'ha oppressa per due settimane. Le temperature sono state a lungo attorno ai 40 gradi, ma nella parte occidentale della Russia, più colpita dagli incendi, sono stati persino raggiunti i 44 gradi. Un'ondata di calore senza precedenti da più di 1000 anni. La concentrazione di monossido di carbonio ha infatti superato nella capita di 4-5 volte la soglia di sicurezza e il suo cocktail con lo smog (10 volte oltre i valori consentiti) e il fumo è pericoloso per la salute, causando anche mal di testa, irritazioni alla gola e agli occhi, conati di nausea. Mosca si è trasformata in una città fantasma per diversi giorni e i pochi audaci giravano muniti di mascherina.
Ma la concentrazione di particelle tossiche nell'aria è stata, in altre zone colpite dagli incendi, ben 20 volte più alta della norma. Anche chi si trova in buone condizioni di salute è stato invitato a non uscire di casa. Il fumo ha raggiunto persino la stratosfera a 12 km di altitudine, secondo i dati forniti dai satelliti della Nasa, un fenomeno precedentemente attribuibile solo ai vulcani.
Secondo i dati forniti dal capo del dipartimento Sanità dell'amministrazione, Andrei Seltsovski, la mortalità è quasi raddoppiata e gli obitori moscoviti sono praticamente pieni: rispetto ai 360-380 decessi che si registrano quotidianamente nei periodi normali, in questi giorni se ne sono contati quasi 700. Inoltre le cifre ufficiali rivelano che nel mese di luglio nella capitale ci sono stati 14.340 decessi rispetto alla media di 10mila, in gran parte di persone anziane. Le autorità russe temono ora un'ondata di epidemie, in particolare di colera, per la prolungata ondata di caldo. "Temiamo l'importazione del colera dal sud est dell'Asia, dal Pakistan, dove la situazione non è buona", ha spiegato il capo medico-sanitario Ghennadi Onishenko. I servizi sanitari, ha aggiunto, hanno "rafforzato il controllo delle malattie infettive a causa di alcuni segnali, come il moltiplicarsi di casi di gastroenterite acuta e il deterioramento della qualità dell'aria in 52 delle 83 regioni russe. Prendiamo delle misure per organizzare il controllo del cibo ed esigiamo la fornitura di acqua potabile laddove si siano ridotte le fonti di alimentazione", ha proseguito.
Le fiamme hanno inoltre lambito tre tra centrali e deposito nucleari, nonchè bruciato le foreste e il suolo contaminate dal disastro di Chernobyl, e gli effetti dei fumi sprigionatisi sono ancora da chiarire, in quanto potrebbero aver riportato nell'atmosfera materiale radioattivo dal sottosuolo.
Sul piano economico, il quotidiano Kommersant ha calcolato che l'emergenza costerà alla Russia 15 miliardi di dollari (circa 11 miliardi di euro), pari grossomodo all'1% del Pil.
Il patriarca ortodosso ha girato nella capitale, seguito dai fedeli, in una sorta di processione medievale, invocando la pioggia. Secondo alcuni studi, nel 10% della popolazione si è diffusa la convinzione che si stia avvicinando la fine del mondo: "Dicono che è la punizione divina, l'inizio della fine del mondo, e i loro discorsi alimentano un sacco di voci", ha spiegato Zurab Keklidze, del noto centro nazionale psichiatrico Serbski.
Ma non solo la Russia è alle prese con il fuoco. Anche Georgia e Ucrania combattono con le fiamme e in quest'ultima nelle ultime 24 ore sono stati registrati 425 incendi nel Paese. Il rogo più grande riguarda un'area di 300 ettari.

30 luglio, Pakistan: ondata di maltempo senza precedenti
Non pioveva così da 80 anni in Pakistan, e la paura delle alluvioni non è ancora cessata. "Il cambiamento del clima in queste regioni si sente in maniera pesantissima", disse da Islamabad a Repubblica Claudia Bini, responsabile dell'ong umanitaria Cesvi in Pakistan. "L'anno scorso i monsoni non ci sono stati. Praticamente non è quasi piovuto. Quest'anno invece è stato il disastro. Ora fa caldissimo. Arriviamo a 40 gradi anche col cielo coperto, ora non piove ma presto, fra qualche giorno, sono previsti nuovi temporali, soprattutto nelle regioni del Sindh e Punjab. La stagione dei monsoni di solito dura un mese e dovrebbe finire alla fine di agosto. Ma con sicurezza ormai non si può dire più niente". I morti sono stati circa 1.600 e 15 milioni gli sfollati. L'80% dei punti di approvvigionamento per l'acqua potabile sono stati distrutti o pesantemente danneggiati e questo influisce sul settore agricolo: i campi sono stati completamente inondati causando la perdita dei raccolti e pregiudicando anche la produzione agricola per la prossima stagione. A causa della mancanza di acqua potabile, il rischio di epidemie è altissimo, in particolare per la diffusione di colera e dissenteria. "Pensiamo - disse il ministro della Salute locale - "che circa 100mila persone siano già state colpite da queste malattie".

4-9 agosto: India e Cina. Pioggie torrenziali e valanghe di fango
Sempre più grave il bilancio in Ladakh e nel Kashmir indiano a seguito dell’ondata di maltempo che per giorni ha flagellato il territorio. Le pioggie torrenziali hanno trasformato i pendii di roccia e terra che si innalzano lungo le valli, in vere e proprie valanghe di fango, devastando interi villaggi compresa Leh, la capitale del distretto kashmiro del Ladakh, punto di partenza per molti turisti appassionati di trekking. Ad oggi si contano circa 500 persone scomparse e 185 vittime accertate. Particolarmente colpite dalla furia dell’acqua sono le costruzioni tipiche in terra con il tetto in paglia, le quali in poche ore si sono letteralmente sciolte alla base, crollando al suolo. Medici operanti nella zona e esperti del Drdo, organismo del ministero della Difesa che interviene in occasioni di catastrofi naturali, hanno segnalato un forte aumento delle gastroenteriti fra la popolazione colpita dovuto all’acqua contaminata, mentre vi sono casi di persone con sintomi di colera e tifo.
Il dottor W. Selvamurthy, responsabile dei controlli del Drdo, ha sottolineato che ”non esiste un sistema di drenaggio adeguato a Leh. L’acqua potabile è stata inquinata da fango, cadaveri e altri corpi in decomposizione sparsi dappertutto. Abbiamo forti timori di possibili epidemie di colera, tifo e gastroenterite”.
Gli interventi nelle zone più remote del Ladakh sono al momento impossibili via terra, a causa delle condizioni in cui vertono le strade, in gran parte danneggiate e in certi casi del tutto cancellate dagli smottamenti. Gravi le condizioni degli ospedali della zona, in gran parte inondati o parzialmente distrutti dall’alluvione, rendendo ancor più difficile l’assistenza ai feriti. 
Alla ricerca di sopravvissuti anche i soldati e la popolazione della contea di Zhouqu della provincia nord orientale cinese di Gansu. Qui i dati ufficiali parlano di 1.348 dispersi e 137 morti. L’alluvione ha trascinato circa 1,8 milioni di metri cubi di fango e detriti che hanno travolto tre villaggi della valle di Bailong. Nessun edificio è rimasto in piedi a Yueyuan, il villaggio più colpito. “Centinaia di famiglie sono state sepolte o trascinate via. Il numero delle vittime e dei dispersi è destinato a salire”, ha dichiarato uno degli abitanti del villaggio all’agenzia stampa cinese Xinhua. Oltre 70 feriti, 30 dei quali gravi, sono stati condotti nell’ospedale della contea. Ma il personale è ridotto perché 10 medici figurano fra i dispersi.
Una parte delle truppe accorse nella regione sono impegnate a demolire, con bulldozer ed esplosivi, una barriera di detriti che sta ostruendo il corso del fiume Bailong a monte di Zhouqu. La frana ha già provocato la formazione di un lago, che è in parte già esondato. Il primo ministro cinese Wen Jiabao è arrivato domenica nell’area del disastro. Nella contea di di Zhouqu vivono 134.700 persone, un terzo delle quali di etnia tibetana.
Secondo l’Onu l’impatto catastrofico delle alluvioni che hanno colpito il sud-est asiatico (Pakistan, India e Cina) è peggiore dello tsunami che nel 2004 spazzò le coste del sud-est asiatico, del sisma ad Haiti o di quello che, nel 2005, fece tremare lo stesso Pakistan.
 
Un supermonsone minaccia l'Europa
Ma anche nella nostra Europa non si scherza. Decine di persone sono morte in Europa negli ultimi due giorni nelle inondazioni che hanno colpito la Germania, la Polonia, la Repubblica Ceca e la Lituania. Allarme dal sindaco di Varsavia, che dopo aver ordinato la chiusura precauzionale di un centinaio di scuole, invita a tenersi pronti all’evacuazione. 1400 persone sono state evacuate nella Germania meridionale. Niente di paragonabile a quanto di gigantesco e tragico sta accadendo da giorni in Pakistan, in Cina o in India, ma le fotografie che arrivano dalle zone colpite sono comunque piuttosto impressionanti, anche per via della familiarità dello scenario – case, strade, macchine – rispetto a quelle provenienti da altre zone del mondo, più lontane. 

Un supermonsone in Asia e una raffica di piogge monsoniche che sconvolge l'Europa. Il caos climatico cambia la mappa del meteo, rende strutturali episodi eccezionali, costringe a cercare nuove parole per descrivere fenomeni che assumono intensità e frequenza del tutto anomale.
"I termini che fino a ieri usavamo abitualmente per descrivere le piogge eccezionali che colpivano l'Europa non danno più l'idea di quello che succede realmente oggi", spiega Giampiero Maracchi, responsabile dell'istituto di biometeorologia del Cnr di Firenze. "A molti l'uso del termine monsone in uno scenario europeo sembrerà improprio, ma quello che sta accadendo ha caratteristiche simili alla dinamica dei monsoni. C'è l'umidità proveniente dall'Atlantico che si incanala dalla Gran Bretagna verso il Mediterraneo, dove trova l'onda calda che dai tropici si spinge sempre più lontano, sempre più vicino ai Poli. E c'è il contrasto tra questi due flussi, tra il mare di aria calda africana e la corrente di aria fredda atlantica: la massa di aria calda prima sale e poi si condensa, trasformandosi in piogge violente. Negli ultimi 15 anni ci sono stati tre episodi alluvionali sull'Europa centrale come quello che stiamo vivendo in questi giorni. E' un fenomeno recente collegato all'anomalia termica su scala globale: fino a pochi anni fa la spinta calda non arrivava così lontano con questa forza".
Se nella traiettoria verso nord ovest l'alito rovente del mutamento climatico si scontra con il mondo freddo e umido dell'Atlantico provocando valanghe di acqua, sul lato opposto, dove intercetta la corrente in risalita verso nord est, non trova opposizione e così il calore del Sahara può arrivare indisturbato fino alla steppa russa e  incendiarla come sta accadendo. Alluvioni e siccità, come aveva previsto l'Ipcc, convivono e traggono forza dalla stessa radice: la caldaia del pianeta, alimentata dall'anidride carbonica emessa dalle ciminiere e dalle foreste tagliate, fa salire la pressione spostando i confini del caldo, spingendo il deserto verso l'Europa.
"L'energia in gioco cresce sempre più velocemente perché i gas serra sono una coperta termica che trattiene il calore", continua Maracchi. "Questo calore viene assorbito dal mare e scambiato con l'atmosfera: quest'anno le acque del Mediterraneo hanno viaggiato su valori 6 gradi sopra la media. Un'anomalia che innesca altre anomalie, anche anomalie che ci toccano da vicino. In Italia fino agli anni Novanta avevamo un'intensità di piogge che arrivava a 40 millimetri nell'arco di due o tre ore. Oggi siamo a 80 - 100 millimetri, con punte sempre più frequenti che superano i 250 millimetri: una cascata d'acqua che basta niente a trasformare in alluvione". Questo quadro si è andato delineando negli ultimi due decenni, quelli che hanno registrato una crescita della temperatura senza precedenti nella storia delle meteorologia e destinata ad accelerare ulteriormente in assenza di contromisure. Eppure non sembra esserci alcuna volontà di azione o intesa politica al riguardo. Forse la crisi economica è più importante. Ma certo il muro di acqua che ha affondato l'Europa centrale, i 15 milioni di sfollati in Pakistan, le alluvioni in tutto il sud-est asiatico e il fuoco che devasta la Russia, assediando le centrali nucleari, rendono difficile continuare a ignorare l'urgenza della battaglia contro il caos climatico.
O forse in Pakistan, India e Cina sta solo piovendo. In Russia c'è solo un incendio. In Groenlandia si è solo staccato un cubetto di ghiaccio. E il livello degli oceani si sta solo alzando di 3 mm all'anno. 
Forse il pianeta ha solo la febbre o sta solo morendo. Forse. L'unico inconveniente è che noi abitiamo proprio su quel pianeta.
E in questo scenario di disastri mondiali, l'unico leader mondiale a dirsi seriamente preoccupato per le temperature torride e il clima impazzito è stato Silvio Berlusconi: "Il cerone potrebbe non reggere"...

3 commenti:

Annarita ha detto...

Ciao, Carlo. Mi chiamo Annarita...Ruberto. Sono un fisico e gestisco tre blog, di cui uno è Scientificando, che si occupa di didattica e divulgazione delle scienze.

Segue da poco il tuo blog e, anche se è la prima volta che commento, voglio farti sapere che trovo molto interesanti i tuo post.

A presto.
annarita

Anonimo ha detto...

Mi chiedo perchè i nostri fantapolitici non cerchino il compromesso con madre Natura,il dialogo.Perchè non gli si chiede di abbassare i toni??Perchè non usano il manganello anche con lei??Con Madre Natura non si patteggia.Mai.
Paolo (Mantova)

Axy ha detto...

mi spiace contraddirti, ma i dati del NOAA non sono affidabili, tutt'altro! ti linko un articolo a riguardo
http://daltonsminima.wordpress.com/2010/08/02/il-noaa-falsifica-i-dati-per-far-apparire-come-il-2010-sia-lanno-piu-caldo-di-sempre/

inoltre ti consiglio caldamente la lettura dell'intero blog di new ice age (quantomeno i punti salienti) così da avere una più completa competenza riguardo allo studio delle variazioni climatiche attuali associate ai cicli solari
http://daltonsminima.wordpress.com/

(il sito si sta spostando ad un altro indirizzo, tuttavia l'archivio è anzora raggiungibile tramite il link quì sopra

spero di essere stato utile, bye!

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