5 agosto 2010

Crisi politica: dicono di noi

Germania: Fine di un’amicizia politica
Die Wielt, 31 luglio. Se nella bella Italia c’è qualcosa di attendibile allora è la crisi politica. Stavolta due dei tre grandi della coalizione del governo di centro destra, il presidente del Consiglio dei ministri Silvio Berlusconi e il presidente della camera Gianfranco Fini hanno rotto definitivamente. Fini, a detta di Berlusconi, deve essere espulso dal partito del Popolo delle Libertà. Dietro c’è più di uno scontro personale di politica: la coalizione di governo è in difficoltà.
Il fatto che Berlusconi abbia compiuto tale passo, chiarisce la drammaticità di un processo di disgregazione già in atto da tempo. La coalizione parlamentare poggia, detto brutalmente, su tre pilastri: sulla formazione simil partitica Forza Italia di Berlusconi, sul partito postfascista Alleanza Nazionale di Fini, poi trasformato in gruppo di centrodestra e sulla federalista Lega Nord di Umberto Bossi, di natura sostanzialmente separatista. Berlusconi non è mai stanco, di vantare gloriosamente la forza storica di questa alleanza, in cui si riuniscono come nuovo partito Popolo delle Libertà questi ultimi due partiti: alla fine che sia uno schieramento borghese chiuso in sé stesso, che garantisca la durata della maggioranza contro la sinistra. Ultimamente invece le tre fazioni non vanno più tanto d’accordo, come Berlusconi ha invece continuato ad affermare.
Ora in primo luogo è proprio lui che nega di confezionarsi leggi ad personam e soprattutto di presentarsi in scena come un invincibile Superman. Questo funziona certo grazie alla forza e allo charme di Berlusconi, ma non contribuisce affatto a creare un’alleanza tra pari al di fuori della coalizione di regime. In secondo luogo Bossi, che certo dal punto di vista politico economicoè in sintonia col capo di governo concentrato sul nord in egual misura, ma che però con il suo partito resta un’illusione separatista. E infine c’è Fini, che da molto tempo non si preoccupa più, di nascondere il suo scontento sullo stile autocratico di Berlusconi. Fini ha riconosciuto che è stato un errore rinunciare alla posizione di un proprio partito. Il suo tentativo di trovare ascolto e peso nel governo sembra fallito. Adesso tenta, lui che una volta era l’erede di Berlusconi, di formare una formazione propria, e forse un proprio partito. Tutto ciò mostra come anche in Italia – proprio in Italia – non c’è uno schieramento che rappresenti i cittadini.


Spagna: Il declino del berlusconismo
El Pai­s, 30 luglio. La parabola del berlusconismo è stata alimentata in questi 16 anni da varie forze motrici, e il potere mediatico risulta senza dubbio la più evidente. Tuttavia ce n’è un’altra altrettanto indispensabile per comprendere il fenomeno: l’atavico eccessivo frazionamento politico-sociale dell’Italia, un cosmo senza centro di gravità nel quale si muovono come possono le società, i clan, le caste, le correnti di partito, i sindacati e le famiglie. Un sistema gassoso e atomizzato – nato praticamente dopo la caduta dell’Impero Romano – che è la chiave per comprendere il disordine che affligge la vita collettiva italiana e la conseguente ricorrente fascinazione generata da uomini forti che promettono di regolarlo.
Mussolini cavalcò un sentimento simile. In circostanze diverse, nell’Italia democratica degli ultimi due decenni, Berlusconi ha captato un profondo desiderio di stabilità. Davanti ad una sinistra polverizzata in decine di partiti, il magnate si è eretto compattando dietro di sé – forse sarebbe meglio dire sotto di sé – le fila del centrodestra ed ottenendo l’appoggio dell’élite cattolica e della spina dorsale imprenditoriale del Paese. Oggi questa caratteristica fondamentale del berlusconismo è sfidata nella sua essenza.
Gianfranco Fini, l’alleato cofondatore del Popolo della Libertà, ha portato all’estremo il rapporto con il leader. La ribellione è già in sé un colpo duro per Berlusconi. Il suo motivo fondante lo rende un colpo potenzialmente letale. Fini propone una “questione morale” alla base del dissenso. Lui e i suoi mettono quotidianamente le dita negli occhi del governo, ad ogni caso di corruzione, abuso di potere o di semplice indecenza dell’esecutivo. Ogni volta che l’esecutivo difende l’interesse di un individuo rispetto alla collettività. La questione morale tocca un nervo sensibile, il potente mondo cattolico sta mostrando segni di impazienza e la pentola giudiziaria è in ebollizione.
Il copione adesso è chiaro: Berlusconi combatterà fino in fondo per portare a termine la legislatura, che scade nel 2013. Senza lo scudo del potere dovrebbe passare sotto le terribili forche caudine della Giustizia. E gli avversari? Fini, i democratici di centro, il centrosinistra? Saranno tentati di ricorrere alla vecchia formula italiana del governo tecnico.
Berlusconi può vincere la partita, la sua rete di potere è ancora forte. Ma il berlusconismo sembra ferito a morte, con la constatazione della propria incapacità di cristallizarsi in una leadership che guidi il paese ordinatamente. Ciò lo danneggerà più del cattivo stato dell’economia o delle scappatelle sessuali. Molti italiani sembravano disposti a perdonare i peccati gravi fintanto che si sentivano garantiti dalla sua leadership.
“Oh serva Italia, nave senza nocchiere in gran tempesta”, si lamentò Dante in un canto del Purgatorio nel lontano 1300. L’Italia soffre di una cronica difficoltà nel dotarsi di timonieri meritevoli e capaci. E’ il compito di coloro che lavorano sotto coperta che la mantiene a galla. Spesso lungo rotte meravigliose.
[Articolo originale "El ocaso del berlusconismo" di Andrea Rizzi]


Gran Bretagna: Governo Berlusconi a rischio dopo che un vecchio alleato e 33 deputati lo abbandonano a causa degli scandali 
The Guardian, 30 luglio. Il terzo mandato di Silvio Berlusconi come presidente del Consiglio è entrato in crisi oggi dopo che uno dei suoi principali alleati e 33 deputati lo hanno abbandonato, privando il suo partito della maggioranza parlamentare.
La mossa dei sostenitori di Gianfranco Fini, volta a creare un nuovo gruppo, riduce il numero dei parlamentari
del Popolo delle Libertà a poco più di 300, a fronte dei 316 richiesti per la maggioranza, con la conseguenza che su alcune questioni controverse il Presidente del Consiglio potrebbe non riuscire più a fare a modo suo.
Fini, l’ex post fascista divenuto liberal-conservatore che figura tra i co-fondatori, insieme a Berlusconi, del partito Popolo della Libertà, entrato tuttavia in conflitto con il presidente del Consiglio in particolare su questioni etiche interne al partito, ha affermato che il suo gruppo voterà con il governo solo se le misure proposte saranno in linea con le promesse elettorali del partito e con “l’interesse generale”.
Berlusconi e i suoi alleati hanno fatto buon viso a cattivo gioco di fronte alla defezione di questa sera, promettendo di trattenere nel governo i ministri fedeli a Fini, e quindi di portare avanti il mandato fino alla sua naturale conclusione nel 2013.
Ma la separazione è stata un duro colpo per Berlusconi, messo sotto assedio a partire dalle rivelazioni dello scorso anno secondo le quali avrebbe organizzato feste frequentate da una prostituta, e più recentemente da un’ondata di scandali per corruzione. “E’ sempre difficile dire quanto a lungo possa durare la respirazione artificiale, ma il governo non c’è più” ha affermato Pier Luigi Bersani del Partito Democratico all’opposizione. “Non può pensare che è agosto e che tutto finirà a tarallucci e vino.”
“Berlusconi esce significativamente indebolito da questo scontro,” ha affermato Alessandro Campi, professore di scienze politiche presso l’università di Perugia. “Il governo avrà seri problemi se dovrà negoziare l’approvazione di ogni legge nei prossimi mesi.” Fini si è opposto a Berlusconi per mesi su questioni che spaziano dall’immigrazione al tentativo del presidente del Consiglio di limitare l’uso delle intercettazioni da parte delle forze di polizia e di punire i giornalisti che ne pubblichino le trascrizioni.
Dopo che, giovedì scorso, Berlusconi ha rilasciato una dichiarazione con cui definisce le posizioni di Fini “assolutamente incompatibili con i principi fondanti” del partito, Fini ha ribattuto in una conferenza stampa convocata in tutta fretta.
“Ieri sera, in due ore e mezza, senza essere stato in grado di esprimere i miei punti di vista, sono stato di fatto espulso dal partito che ho contribuito a fondare,” ha dichiarato. Spiegando la sua spaccatura con Berlusconi, Fini ha affermato che la difesa ad opera del partito di membri del governo colpiti da scandali “ha troppo spesso significato un’aspettativa di impunità.” Fini ha aggiunto che sta combattendo per la legalità “nel più vero senso della parola, e cioè quello di contrastare il crimine come il governo sta meritoriamente facendo, ma anche etica pubblica, senso dello stato e rispetto delle regole.” Fini ha poi criticato aspramente il tentativo di Berlusconi di costringerlo a dimettersi dalla sua carica di presidente della Camera dei deputati.
Fra i sostenitori di Fini che sono entrati nel nuovo gruppo parlamentare, chiamato Futuro e Libertà per l’Italia, ci sono il ministro per gli affari europei Andrea Ronchi e il deputato Giulia Buongiorno, un’avvocatessa che ha guadagnato la notorietà per aver difeso l’ex Presidente del Consiglio Giulio Andreotti da accuse per mafia e lo studente italiano Raffaele Sollecito dalle accuse di aver assassinato la studentessa britannica Meredith Kercher.
Come presidente della Commissione Giustizia della Camera dei deputati, Buongiorno è stata fondamentale nel combattere la stretta alle intercettazioni di Berlusconi, che sarà ora votata dopo la pausa estiva.
“Con il voto sulle intercettazioni in autunno, Berlusconi ha un mese per trovare una decina di deputati,” ha affermato James Walston, analista politico presso l’Università Americana di Roma. “Si metterà a fare uno shopping sfrenato avendo come obiettivo l’Unione dei Democratici Cristiani.” Il piccolo partito UDC è guidato da Pier Ferdinando Casini, un ex alleato di Berlusconi.
Alessandro Campi fa risalire la rottura fra Fini e Berlusconi a uno scambio di invettive che i due hanno avuto durante una conferenza in aprile, e che culminò con la domanda di Fini: “Cosa farai? Ti libererai di me?”
Secondo Campi, “Berlusconi probabilmente non ha mai perdonato Fini per averlo sfidato in pubblico”.
[Articolo originale "Silvio Berlusconi in peril as old ally and 33 MPs desert him over scandals" di Tom Kington] 


Gran Bretagna: Silvio Berlusconi affronta una crisi parlamentare dopo che il presidente della Camera dei Deputati rifiuta di dimettersi
The Guardian, 30 luglio. Parlamentari ribelli annunciano di aver firmato una lettera di dimissioni dal partito del Popolo della Libertà.
La scorsa notte il partito al governo il Popolo delle Libertà (PDL) di Silvio Berlusconi si è trovato sull’orlo di una scissione che avrebbe gettato l’Italia in una crisi politica e istituzionale, quando un gruppo di parlamentari ribelli ha annunciato di aver firmato una lettera di dimissioni dal partito del PDL e di averla consegnata al loro leader, il presidente della camera dei deputati, Gianfranco Fini.
La mossa è giunta dopo che i vertici del partito avevano rilasciato una veemente dichiarazione di denuncia nei confronti di Fini, cofondatore del PDL, per aver fomentato il dissenso interno ed espresso “devastanti critiche alle decisioni prese dal partito”. La dichiarazione ha portato alla violenta esplosione di tensioni fra il Presidente del Consiglio e l’ex neo-fascista, suo principale alleato fin dai tempi dell’entrata in politica 16 anni fa.
Un improbabile seguace del conservatorismo in stile David Cameron, Fini ha chiesto in maniera sempre più forte misure più progressiste, una maggiore democrazia interna al PDL e un atteggiamento meno tollerante verso i casi di sospetta corruzione fra i funzionari di governo e di partito.
Il Presidente del Consiglio ha in seguito affermato durante una conferenza stampa: “Abbiamo provato di tutto per riappacificarci con Fini. Non è stato possibile. Non sono più disposto ad accettare il dissenso.”
Berlusconi ha chiesto all’ex compagno di lasciare il suo posto di presidente della camera. Ma persone vicine a Fini riferiscono che egli avrebbe affermato che la propria posizione non è un regalo del Presidente del Consiglio e che non ha alcuna intenzione di lasciarla.
Vengono riferite risposte dello stesso tenore alle richieste di lasciare il PDL. Fonti riferiscono che durante un incontro Fini abbia dichiarato ad altri funzionari di partito che avrebbero dovuto far ricorso ai tribunali per cacciarlo. Ma l’ultima dichiarazione da parte dei suoi sostenitori dimostra come essi siano pronti a mettere in piedi un gruppo parlamentare separato.
Berlusconi ha affermato che la propria maggioranza è al sicuro, aggiungendo che “il governo non è in pericolo”. Ma fonti vicine a Fini affermano che gli equilibri fra i 315 seggi del senato potrebbero essere modificati e che potrebbero contare sulla defezione di “almeno 34 ribelli alla camera dei deputati”. Ciò priverebbe Berlusconi della sua maggioranza anche nella camera composta da 630 seggi, rendendo la sua sopravvivenza legata ad un atteggiamento accomodante da parte dell’opposizione conservatrice del partito Cristiano Democratico. In tali condizioni, egli potrebbe essere tentato a ricorrere ad elezioni anticipate.
Il leader del maggior partito d’opposizione, il Partito Democratico di centro sinistra Pierluigi Bersani, ha affermato: “Questa è una crisi. Berlusconi deve presentarsi in parlamento.”
Ma rimane da vedere se Fini e i suoi sostenitori se ne andranno e, qualora lo facciano, quanti deputati aderiranno al nuovo gruppo. Fini ha sostenuto di non avere alcuna intenzione di dimettersi dal ruolo di presidente della camera a causa della lettera di censura, che per poco non ha provocato la sua espulsione dal partito.
In un’intervista con il quotidiano Il Foglio, pubblicata giovedì, Fini ha affermato di essere pronto a giungere ad un compromesso con Berlusconi. “Azzeriamo tutto, senza risentimenti,” ha affermato. “Berlusconi ed io non abbiamo l’obbligo di essere amici o anche solo di sembrarlo, ma dovremmo onorare l’impegno politico ed elettorale assunto con il popolo italiano.”
[Articolo originale "Silvio Berlusconi faces parliamentary crisis as speaker refuses to resign" di John Hooper]


Brasile: Il partito di Berlusconi implode e l’Italia vive una crisi politica
O Estado de SÃo Paulo, 30 luglio. L´Italia si è svegliata venerdì [29 luglio, Ndt] immersa in una crisi politica in seguito alla drammatica rottura tra il primo ministro Silvio Berlusconi e il suo più importante alleato di centrodestra, un evento che può portare alle elezioni anticipate.
In un teso susseguirsi di eventi che ha raggiunto il suo culmine giovedì sera, Berlusconi ha accusato Gianfranco Fini, potente presidente della Camera dei Deputati, di essere un traditore e un cospiratore e di tentare di provocare una “morte lenta” del Popolo della Libertà (PDL), il partito di cui entrambi fanno parte.
I due politici avevano già mostrato un´aperta litigiosità negli ultimi mesi, culminata con un duro documento della direzione del partito che censurava Fini per le azioni e le dichiarazioni e lo accusava di non rappresentare più gli ideali del partito che lui stesso aveva contribuito a creare.
Berlusconi ha detto che la rottura non influenzerà la stabilità del governo, sebbene si stimi che Fini controlli il voto di oltre 50 parlamentari.
“Non ci sono rischi”, ha detto il primo ministro in conferenza stampa giovedì sera. “Abbiamo la maggioranza”.
Tuttavia, in base al numero dei parlamentari che seguiranno Fini nella formazione di un nuovo gruppo, Berlusconi può perdere la maggioranza in uno dei due rami del Parlamento o vederla ridursi ad un margine pericoloso.
La coalizione formata dal PDL e dal partito della Lega Nord aveva prima della frattura 344 deputati, compresi 14 deputati di piccoli partiti che decidono il proprio voto volta per volta. Per avere la maggioranza un governo ha bisogno di 316 deputati.
Senza l´appoggio di Fini Berlusconi può ritrovarsi ostaggio dei piccoli partiti e della Lega Nord che già causò la caduta del suo primo governo nel 1994.
Ma la situazione causata dall´implosione del partito di governo è inedita, e non ci sono precise indicazioni costituzionali su quello che deve accadere adesso. Vari analisti hanno detto venerdì che Berlusconi sarebbe intenzionato a convocare nuove elezioni ritenendo che il suo partito guadagnerà dall´assenza di Fini.
Berlusconi ha affermato che spetterà ai parlamentari decidere se Fini dovrà o no restare presidente della Camera.
Fini ha detto che non intende rinunciare alla presidenza della Camera, carica che gli dá un enorme potere nella gestione dei lavori parlamentari.
[Articolo originale "Partido de Berlusconi implode, e Itália vive crise política"]

Leggi anche: Dicono di noi, notizie dell'Italia dall'estero

2 commenti:

Luk75 ha detto...

bel blog, complimenti...

Carlo T. ha detto...

Al solito è parecchio preoccupante vedere che la stampa estera affronti con maggior sincerità il fatto -palese- che Berlusconi non abbia più una maggioranza, mentre da noi il TG1 dedica un servizio al coro da stadio 'Silvio, Silvio!' in Parlamento...

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