(...continua dalla prima parte...)
"Il malaffare e l'opacità mettono a dura prova qualunque
sorveglianza", dice il biologo Pierluigi Cazzola, responsabile a
Vercelli dell'Istituto zooprofilattico sperimentale (Izs). Basti
pensare al documento riservato, e non ufficiale, che il ministero
della Salute ha discusso il 19 maggio con esponenti dei
carabinieri, dell'Istituto di zooprofilassi e dell'Istituto
superiore di sanità. "Al centro dell'attenzione, c'era la tabella
del ministero con i farmaci prescritti agli animali d'allevamento",
spiega un testimone. "In particolare, si è chiesto alle Regioni di
specificare quante volte nel 2009 i veterinari avessero legalmente
permesso agli allevatori di utilizzare sostanze delicate per la
salute animale (e quindi umana) come gli ormoni." L'esito, poco
credibile, è che in Emilia Romagna su 46 mila 383 prescrizioni
ordinarie non è risultato nessun caso. Idem per la Sicilia, su un
totale di 9 mila 641 prescrizioni. Per non parlare di Lombardia,
Liguria, Campania, Calabria, Basilicata, Veneto, Friuli e Sardegna,
che scaduti i termini di consegna non avevano ancora inviato i
dati.
In questo clima, viene da pensare, tutto è possibile: non solo dentro i capannoni intensivi, ma anche nei pascoli di montagna. Raccontano gli allevatori abruzzesi onesti, ad esempio, che le loro parti non sono esenti da illegalità: "Si tratta", spiega uno di loro, "delle marche auricolari, i sigilli che per gli animali equivalgono a carte d'identità". Un tempo erano targhe metalliche, difficilmente trasferibili da una bestia all'altra. "Oggi invece sono di plastica, si staccano senza problemi, e vengono applicate alle bestie straniere, importate di nascosto ed escluse dal circuito sanitario". Oppure, dice un altro allevatore, "c'è chi le marche auricolari non le mette proprio, allevando anche animali malati". E non sono notizie per sentito dire. Per verificarlo basta salire fino ai pascoli di Pratosecco, sopra al comune di Camerata Nuova, e osservare un branco di circa 300 vacche. La maggioranza dei capi, va sottolineato, ha regolari marche. Altri, invece, no. "Il problema è capire di chi sono questi animali", spiega Massimiliano Rocco di Wwf Italia, presente al sopralluogo, "e poi catturarli: tracimano ovunque, dai prati ai boschi, in un circuito di illegalità che parte dall'estero e arriva al nostro territorio".
Certo: non sbaglia François Tomei, direttore di Assocarni, quando sostiene che nel suo settore "il numero di controlli ufficiali in Italia è superiore a quello di qualsiasi altro Paese". E fa bene a ricordare che "la filiera italiana ha un prodotto con caratteristiche organolettiche e nutrizionali particolarmente elevate". Ma non è ancora sufficiente, a chiudere il discorso: "A tutelare i consumatori, sarebbe utile anche un'Agenzia per la sicurezza alimentare", dice la senatrice Colomba Mongiello (Pd), "ma il governo ha pensato di inserirla tra gli enti inutili". Ora, spiega, si è arrivati a una probabile retromarcia, ma se anche l'Agenzia dovesse partire mancherebbero gli indispensabili decreti attuativi: "La sensazione è che, in un Paese che mal tollera i controllori, non sia un ritardo casuale". Quanto al fronte estero, e al rischio che i nostri confini siano attraversati da bestiame malato, o in ogni caso fuori controllo, è utile leggere i regolamenti comunitari. Soltanto così, infatti, si apprende che in Europa i controlli spettano alle nazioni che esportano bestiame, mentre gli Stati riceventi possono giusto svolgere "controlli per sondaggio e con carattere non discriminatorio". Un obbligo che limita l'eccellente rete dei nostri Uffici veterinari per gli adempimenti degli obblighi comunitari (Uvac) e dei Posti di ispezione frontaliera (Pif). "Ma soprattutto", commentano i veterinari, "fa guardare con sospetto al lungo elenco di nazioni che non segnalano alcuna positività delle loro bestie alle sostanze proibite". Tra queste, recita la tabella disponibile del 2007, Bulgaria, Danimarca, Estonia, Finlandia, Ungheria, Irlanda, Lussemburgo, Romania, Slovenia, Repubblica slovacca e Svezia.
Da qui, il baratro delle macellazioni clandestine. "Di recente",
dicono al Wwf Italia, "è arrivato sui nostri tavoli un
dettagliatissimo documento sul ciclo illecito degli scarti di
macellazione in Campania, Basilicata e Puglia". Quattro pagine
anonime in cui si spiega come pezzi di animali a rischio non
vengano eliminati dopo la macellazione, ma rientrino nel sistema
alimentare sotto la guida di organizzazioni criminali. Un'ipotesi
da approfondire, anche perché in linea con quanto accaduto in
Italia nel 2009. Lo scorso febbraio, per dire, il Nucleo anti
sofisticazioni dei carabinieri (Nas) ha sequestrato 18 tonnellate
tra carne e prodotti di origine animale: non solo trovati in
pessimo stato di conservazione, ma privi della bollatura sanitaria.
"Nell'occasione", hanno scritto le agenzie di stampa, "sono stati
individuati 102 centri di macellazione clandestina, con 113 persone
denunciate per il mancato rispetto delle norme igieniche e la non
corretta tenuta dei capi animali da parte degli allevatori".
Ecco perché non stupisce una comunicazione riservata del Nucleo agroalimentare e forestale (Naf), nella quale si spiega che "le macellazioni clandestine interessano (in Italia, ndr) circa 200 mila bovini, che spariscono ogni anno dagli allevamenti ad opera della malavita". Non c'è controllo che tenga. Non c'è multa che scoraggi. I dispiaceri della carne abbondano, anche se nessuno pare allarmarsi. "Per questo", dice Walter Rigobon, membro della segreteria nazionale di Adiconsum (Associazione in difesa di consumatori e ambiente), abbiamo stretto un accordo in provincia di Treviso con il consorzio Unicarve e i supermercati Crai". Di fatto, spiega, "garantiamo ai consumatori carne che abbia una tracciabilità totale: dalla nascita dell'animale fino al banco vendita". L'iniziativa si chiama "Scrigno della carne": "Perché la salute è un bene prezioso", dice Rigobon. Anche più del business.
Ecco perché non stupisce una comunicazione riservata del Nucleo agroalimentare e forestale (Naf), nella quale si spiega che "le macellazioni clandestine interessano (in Italia, ndr) circa 200 mila bovini, che spariscono ogni anno dagli allevamenti ad opera della malavita". Non c'è controllo che tenga. Non c'è multa che scoraggi. I dispiaceri della carne abbondano, anche se nessuno pare allarmarsi. "Per questo", dice Walter Rigobon, membro della segreteria nazionale di Adiconsum (Associazione in difesa di consumatori e ambiente), abbiamo stretto un accordo in provincia di Treviso con il consorzio Unicarve e i supermercati Crai". Di fatto, spiega, "garantiamo ai consumatori carne che abbia una tracciabilità totale: dalla nascita dell'animale fino al banco vendita". L'iniziativa si chiama "Scrigno della carne": "Perché la salute è un bene prezioso", dice Rigobon. Anche più del business.
Leggi anche:
I dispiaceri della carne - I Parte
Chimica in casa
2 commenti:
Che combinazione! Sto leggendo "Eating Animals" di Safran Foer. Puro orrore per tutti noi ancora "carnivori".
Mi sto convincendo sempre piu' che stiamo collettivamente procedendo verso un inevitabile suicidio di massa dove l'unica salvezza potrebbe essere l'informazione, a tutti i livelli.
Ricordo l'orrore di vedere interi animali squartati dal macellaio da bambina, risalendo visivamente all' origine della "carne"; oggi la totale ignoranza della provenienza, mascherata da cellophan e timbri vari,ci distruggera'.
Grazie per il post.
Ciao Carlo,grazie x queste info.
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