21 luglio 2010

Prestigiacomo: ministro honoris causa

È ormai noto e risaputo che Berlusconi nomini i suoi Ministri in base a particolari "meriti". Scalfaro confessò di aver respinto la nomina di Cesare Previti a Ministero della Giustizia, così come nel governo successivo venne respinta dal Presidente Ciampi la nomina di Roberto Maroni allo stesso dicastero in quanto pregiudicato.
Ma anche per diventare Ministro dell’Ambiente è necessario avere i “titoli giusti”. La prima volta Berlusconi ci provò con Altero Matteoli, che da ministro dell’ambiente fu indagato per favoreggiamento e rivelazione di segreto d’ufficio in relazione all’inchiesta sul “mostro di Procchio”, un complesso in costruzione a Marciana nell’isola d’Elba, inchiesta che coinvolse, fra gli altri, un giudice e due prefetti accusati di corruzione. Dalle accuse pare che Matteoli si sia comportato "alla Cuffaro", ossia abbia avvertito il prefetto di Livorno Vincenzo Gallitto di essere sotto indagine.

Un interessante articolo de L’Espresso, firmato da Marco Lillo del 25 ottobre 2001, stabilisce invece le correlazioni tra gli interessi imprenditoriali dell'attuale Ministro Prestigiacomo, siracusana purosangue, ed il dramma ambientale a cui è sottoposto chi vive nel triangolo della morte Augusta-Melilli-Priolo. “Combatterò le ineguaglianze sociali, i problemi dei più deboli, degli invalidi... diceva il Ministro delle Pari Opportunità (nel 2001, all’epoca dell’articolo, nda). Oggi da Ministro dell’Ambiente, Stefania Prestigiacomo, ha le idee ancora più chiare. Per realizzarle non deve andare lontano. Sarebbe sufficiente che poggiasse lo sguardo sui casi umani della azienda di famiglia, la Ved (Vetroresina Engineering Development) di Siracusa.
Per esempio su tre operai che hanno avuto figli con malformazioni congenite. O su quelli che non hanno mai fumato una sigaretta e che dopo dieci anni di stabilimento si ritrovano la polvere nei polmoni. "Coincidenze" è la risposta che gli operai si sono sentiti opporre dal padre del ministro, Giuseppe Prestigiacomo, fondatore ed amministratore dell’impero della vetroresina, nonchè Presidente di Confindustria Palermo. Ma a volte le coincidenze sono sospette.
Nella fabbrica della famiglia Prestigiacomo si lavora in condizioni di sicurezza che sono oggetto di una inchiesta della Procura di Siracusa. Il sostituto Maurizio Musco procede per lesioni contro papà Prestigiacomo e altri dirigenti. Due dipendenti hanno denunciato la società dopo aver fatto delle analisi ai polmoni. Tre mesi fa la Polizia è entrata in ditta riscontrando una seri di violazioni. Gli operai si feriscono gravemente e muoiono con frequenza inquietante. Pochi giorni prima che venisse pubblicato l'articolo su L'Espresso, un dipendente di una delle aziende del gruppo morì cadendo da un traliccio mentre lavorava. Pochi mesi prima un altro era rimasto gravemente ferito alla Ved. Ma la vicenda più inquietante, finora passata sotto silenzio, è quella delle malformazioni congenite dei bambini.
Tutto comincia nel 1993, qunado Sebastiano Guzzardi, un operaio di 36 anni, scopre che suo figlio ha una malformazione congenita dell’uretere che fa tornare i metaboliti tossici del suo corpo al rene, danneggiandolo. Dopo due operazioni è tornato alla normalità. Ora ha sette anni e conduce una vita serena, anche se il rene è danneggiato e deve essere sogggetto a controlli frequenti. Il suo caso non è isolato. Tre anni dopo, un collega di Guzzardi, si ritrova nella medesima situazione: suo figlio nasce con una malformazione all’uretere, anche lui risulta avere il reflusso urinario. Il tarlo che ronza nella testa dei due papà diviene un rombo un anno dopo. Nello stesso reparto della fabbrica, un caposquadra li chiama in disparte e confida: “Mio figlio ha il reflesso dell’uretere“. Un incubo. Dopo neanche un anno, un altro operaio ha una bambina che nasce con febbre e problemi alle vie urinarie.
A questo punto, Sebastiano Guzzardi pensa che la misura sia colma. Cerca una risposta ai suoi dubbi dal padrone, Giuseppe Prestigiacomo, e dalla Asl, ma niente. Solo la Cgil lo aiuta e lo fa eleggere rappresentante sindacale in azienda. Sempre la Cgil avvia una campagna per migliorare le condizioni di lavoro in fabbrica, ma la famiglia Prestigiacomo non apprezza. Il 14 maggio la Ved spedisce a Sebastiano una lettera minacciosa: "Poichè ravvisamo in tali gratuite e infondate osservazioni del signor Guzzardi un chiaro proposito diffamatorio, stiamo valutando l’ipotesi di una denunzia penale a suo carico". Eppure la richiesta di comprare gli aspiratori per tutelare i polmoni dei dipendenti non era campata in aria. Dopo le indagini della procura gli aspiratori sono stati installati.
Le sostanze usate per produrre la vetroresina potrebbero infatti avere uno stretto legame con le malattie. Alcuni operai ricordano ad esempio che in fabbrica in passato si usava una sostanza chimica denominata dimetil-anilina. La faccenda è delicata, e per capirlo basta sentire una delle massime esperte del settore, la dottoressa Fiorella Belpoggi, ricercatrice della Fondazione Ramazzini di Bologna: “Questo tipo di sostanze pùò causare tumori alle vie urinarie. Quanto alle malformazioni della prole, la scienza non ha ancora detto una parola definitiva. Sono in corso gli studi sugli animali, tuttavia di fronte a una serie di casi così ravvicinati, non mi sento di escludere una correlazione. Ci vorrrebbe uno studio approfondito“. Non ci sarebbe voluto granchè per avviare una qualsiasi indagine conoscitiva, ma è uno sforzo che la famiglia Prestigiacomo ha accuratamente evitato di fare. Forse perché avrebbe nociuto all’immagine della rampolla, all’epoca politico in rampante ascesa. Eppure basterebbe dare un occhiata veloce a una scheda di sicurezza del prodotto, che per legge è abbinata a tutte le sostanze chimiche, per leggere "Tossico per inalazione, contatto con la pelle e per ingestione. Possibilità di effetti irreversibili".
Come se non bastasse, l’azienda è arrivata a negare una settimana di ferie, trasformata in cassa integrazione, a un lavoratore che chiedeva di stare vicino al figlio durante l’intervento. Un altro operaio ha avuto due figli nati con alcune dita delle mani attaccate. L’operaio chiese un prestito da trattenere in busta paga per la seconda operazione, ma gli fu opposto un rifiuto e solo grazie a una colletta dei colleghi il bambino è stato operato.
E Stefania Prestigiacomo? Sebastiano Guzzardi, oltre a essere un suo dipendente, è anche cugino di secondo grado. Ma appena le racconto i suoi dubbi, l’attuale ministro cambiò tono: "Non pensarle nemmeno certe cose. Sai quanti miliardi spendiamo noi per la sicurezza? Il lavoro non c’entra nulla". Nessuno ha certezze in questo campo. Ma proprio per questo le istituzioni sanitarie dovrebbero verificare. 
Ma i Prestigiacomo a Siracusa sono abituati a non rendere conto. Gli stabilimenti incriminati in precedenza erano in dotazione alla Sarplast, l’azienda di famiglia fallita nel 1997 perchè oltre a non pagare i creditori non seguiva gli ordini del giudice. Al crac è seguita una indagine per bancarotta fraudolenta. Secondo i giudici "la società ha compiuto atti diretti a frodare le ragioni dei creditori ed ha occultato l’attivo". Il procuratore capo di Siracusa scoprì decine di miliardi delle vecchie lire finiti alle controllate estere o usati per pagamenti preferenziali alle banche amiche, e ha iscritto nel registro degli indagati una ventina di amministratori. Eppure i Prestigiacomo continuano a lavorare negli stessi locali, con gli stessi macchinari e gli stessi operai, avendo cambiato solo la struttura societaria.
E l'attuale Ministro Presitigiacomo quali responsabilità ha in tutto questo? In qualità di socio di maggioranza relativa alla holding di famiglia (21,5%) è il principale beneficiario della bancarotta ipotizzata dai magistrati, ma non è perseguibile perchè non ha incarichi esecutivi. Quanto alle condizioni sanitarie, anche qui non esiste una sua responsabilità diretta. Prima di lasciare l’azienda era un dirigente senza rappresentanza: “Mi occupavo delle forniture, dalla carta igienica alle gru” ha raccontato al “Sole 24 Ore”.

A conferma di quanto sopra, è notizia di non troppi giorni fa l'ennesimo grido di allarme lanciato dalle associazioni ambientaliste locali riguardo alle pesantissime conseguenze dell’inquinamento derivanti dal polo petrolchimico sulla salute degli abitanti del famigerato triangolo della morte siracusano, che ha per vertici i tre comuni di Augusta, Priolo e Melilli.
Questa volta sono le associazioni AugustAmbiente e Decontaminazione Sicilia a snocciolare i numeri: nei capelli e nel latte materno degli abitanti del triangolo industriale, che ospita raffinerie, industrie chimiche, centrali elettriche, inceneritori e un impianto di gassificazione del tar, le quantità di metalli pesanti sono allarmanti. Lo studio dimostra l’esistenza di un fenomeno di intossicazione da metalli pesanti e da diossine, in parte determinato dalle “polveri sospese”, emesse dai camini industriali, e per l’altra parte dall’ingestione di sostanze nocive introdotte nella catena alimentare dal consumo di pesce catturato in tratti di mare inquinato: mercurio, piombo, alluminio, stronzio, antimonio, argento, cromo, rame, fosforo, magnesio, zinco e ferro. Tutte queste sostanze, la maggior parte delle quali rientra nella categoria dei metalli pesanti, sono state trovate in abbondanza in tutti i campioni analizzati. Il mercurio, altamente tossico soprattutto per il sistema nervoso, fa particolarmente paura: i ricercatori hanno trovato valori medi compresi tra 0,14 e 0,16 mg/100g nei capelli degli augustani rispetto a un valore normale pari a 0,01 mg/100g. I ricercatori, tra le altre cose, ipotizzano che una delle principali fonti della contaminazione sia il pesce di mare, notoriamente contaminato nella avvelenatissima rada di Augusta, pescato illegalmente all'interno del porto e immesso nel mercato alimentare. Decisamente allarmante è la frequenza di mutazioni genetiche e malformazioni riscontrate nelle specie ittiche locali. Il patrimonio genetico dei residenti sarebbe quindi attaccato da metalli pesanti, diossine e polveri finissime diffuse sull’atmosfera, responsabili dell’incremento di tumori, malattie croniche e malformazioni congenite, registrate in aumento nell’area del petrolchimico. Il latte materno sarebbe divenuto così il principale veicolo di sostanze tossiche inconsapevolmente trasmessi al feto durante la gravidanza.
A questo punto, dicono AugustAmbiente e Decontaminazione Sicilia, è ora che le autorità sanitarie regionali si mobilitino per uno screening di massa e mettano mano al portafogli per pagare le cure alla popolazione dei comuni interessati dalle emissioni del polo petrolchimico che, già oggi, registrano un numero di tumori e, soprattutto e ancor peggio, di malformazioni fetali assolutamente fuori dalle medie nazionali. E i numeri sono a dir poco impressionanti: 
- tumori maligni ai polmoni, ai bronchi, alla trachea: +24% per gli uomini; 
- tumori maligni alla plerura: +428%
- malattie respiratorie acute: +132% sempre per gli uomini; 
- mieloma multiplo: +120%
- malattie respiratorie acute: +86%
- cirrosi epatica: +32%
- malattie del sistema nervoso: + 52% per le donne.
C'è quindi poco da meravigliarsi se con la caduta di Scajola, il Ministro dell'Ambiente Prestigiacomo si sia trasformato nel "Ministro per il nucleare", girando il mondo a firmare accordi per il ritorno dell'atomo.

5 commenti:

carla ha detto...

Apprezzo e condivido ogni tuo intervento,sei bravissimo e molto preparato.Torna in italia e fai politica abbiamo bisogno di giovani come te.

Anonimo ha detto...

pazzeso!e pazzesco è anche il tuo talento!sei informatissimo e ottimo giornalista.continua così.sono uno studente 22enne sardo,mi chiedevo Perchè questo Ruberto non scrive in qualche quotidiano?i suoi articoli sono interessantissimi.con stima dalla sardegna

Anonimo ha detto...

vi consiglio, se non l'avete letto di leggervi un buon libro:
"Così ci uccidono. Storie, affari e segreti dell’Italia dei veleni” del giornalista dell’Espresso Emiliano Fittipaldi (Rizzoli
parla anche della famiglia prestigiacomo.
quello che è riportato in questo libro è raccapricciante, siamo a cavallo di una bomba micidiale pensando che sia un cavallino di legno.

Anonimo ha detto...

breve incipit del libro

"Pubblichiamo il prologo del libro “Così ci uccidono. Storie, affari e segreti dell’Italia dei veleni” del giornalista dell’Espresso Emiliano Fittipaldi (Rizzoli)...



di Emiliano Fittipaldi

Sentite, ma ne siete proprio sicuro?”. “Di cosa?” “Lo volete scrivere davvero ’sto libro?” “Perché dice così?” “Ma chi se lo compra?” “Perché, lei non lo leggerebbe?” “No. A me piacciono i romanzi, le storie inventate. Mica voglio sapere le cose vere. Mi stanno avvelenando? E chi se ne frega, non lo voglio sapere. Tanto muoio lo stesso”. “Non lo vuole sapere?” “Preferisco morire tranquillo, senza angosce, e che è? E chi se ne fotte di quello che mangio, che respiro, che mi danno, che non mi danno... tanto non cambia nulla. Quello che ci danno, ci danno. E buonanotte”. “Vabbè, in bocca al lupo per tutto”. “Salute a voi” ha concluso stringendomi fiaccamente la mano. Sono uscito dalla stanza dove l’ho intervistato ancor più confuso di prima. Non sono riuscito a controbattere niente. La sua stretta non è vigorosa come ci si aspetterebbe da uno che ha passato una vita in fabbrica. Non è in gran forma, me l’aveva anticipato nella breve chiacchierata al telefono. È malato. Broncopneumopatia. Ne sono affetti pure molti suoi amici, tutti colleghi di lavoro. “Questo libro lo scrivo anche per te. Per quello che non sono riuscito a dirti ora” ho pensato mentre facevo le scale di corsa. L’operaio ha lavorato per vent’anni alla catena di montaggio di una piccola fabbrica di Priolo-Melilli, nel siracusano.

La Ved (Vetroresina Engineering Development) la conoscono in pochi. È specializzata nella produzione di plastiche. Come altri stabilimenti di una delle zone più inquinate d’Europa, è finita due volte nel mirino della magistratura. L’ex amministratore delegato è stato accusato dai pm di avvelenare i suoi operai. Un totale di sei capi d’imputazione – lesioni personali incluse – ma il manager se l’è cavata grazie alla prescrizione dei reati. Il processo si è concluso il 1° luglio 2008. All’attivo solo tre misere udienze, sette anni di indagini buttati via. Eppure i guai della fabbrica sembra non finiscano mai: il manager e un suo commercialista tornano di nuovo alla sbarra a fine 2009, perché accusati di aver smaltito illegalmente rifiuti speciali in una zona chiamata Vallone della Neve, provocando inquinamento da antimonio, stagno, oli minerali e zinco. Danneggiamento ambientale.

Anonimo ha detto...

Pubblichiamo il prologo del libro “Così ci uccidono. Storie, affari e segreti dell’Italia dei veleni” del giornalista dell’Espresso Emiliano Fittipaldi (Rizzoli)...



di Emiliano Fittipaldi

Sentite, ma ne siete proprio sicuro?”. “Di cosa?” “Lo volete scrivere davvero ’sto libro?” “Perché dice così?” “Ma chi se lo compra?” “Perché, lei non lo leggerebbe?” “No. A me piacciono i romanzi, le storie inventate. Mica voglio sapere le cose vere. Mi stanno avvelenando? E chi se ne frega, non lo voglio sapere. Tanto muoio lo stesso”. “Non lo vuole sapere?” “Preferisco morire tranquillo, senza angosce, e che è? E chi se ne fotte di quello che mangio, che respiro, che mi danno, che non mi danno... tanto non cambia nulla. Quello che ci danno, ci danno. E buonanotte”. “Vabbè, in bocca al lupo per tutto”. “Salute a voi” ha concluso stringendomi fiaccamente la mano. Sono uscito dalla stanza dove l’ho intervistato ancor più confuso di prima. Non sono riuscito a controbattere niente. La sua stretta non è vigorosa come ci si aspetterebbe da uno che ha passato una vita in fabbrica. Non è in gran forma, me l’aveva anticipato nella breve chiacchierata al telefono. È malato. Broncopneumopatia. Ne sono affetti pure molti suoi amici, tutti colleghi di lavoro. “Questo libro lo scrivo anche per te. Per quello che non sono riuscito a dirti ora” ho pensato mentre facevo le scale di corsa. L’operaio ha lavorato per vent’anni alla catena di montaggio di una piccola fabbrica di Priolo-Melilli, nel siracusano.

La Ved (Vetroresina Engineering Development) la conoscono in pochi. È specializzata nella produzione di plastiche. Come altri stabilimenti di una delle zone più inquinate d’Europa, è finita due volte nel mirino della magistratura. L’ex amministratore delegato è stato accusato dai pm di avvelenare i suoi operai. Un totale di sei capi d’imputazione – lesioni personali incluse – ma il manager se l’è cavata grazie alla prescrizione dei reati. Il processo si è concluso il 1° luglio 2008. All’attivo solo tre misere udienze, sette anni di indagini buttati via. Eppure i guai della fabbrica sembra non finiscano mai: il manager e un suo commercialista tornano di nuovo alla sbarra a fine 2009, perché accusati di aver smaltito illegalmente rifiuti speciali in una zona chiamata Vallone della Neve, provocando inquinamento da antimonio, stagno, oli minerali e zinco. Danneggiamento ambientale.

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