Dicembre volge al termine e come
ogni anno i media italiani raccontano quanto faccia freddo d’inverno, che è
arrivata la neve e che è iniziata la corsa all’ultimo regalo, possibilmente il
più stupido e inutile possibile. Insomma, notizie di assoluto rilievo e poco
scontate, che non lasciano spazio per vicende di poco importanza come lo
sversamento di tre milioni di litri di fanghi radioattivi in un insignificante
paese dell’Africa nera. Greenpeace Africa aveva infatti ricevuto il 17 dicembre
un rapporto su uno sversamento di 200.000 litri di fanghi radioattivi avvenuto
l’11 dicembre scorso, a causa della rottura delle barriere di contenimento di
tre vasche dove venivano stoccate le scorie della miniera di Somair, gestita
dal gigante del nucleare francese Areva. Il 21 dicembre però il disastro è
risultato essere 10 volte peggiore. La società, controllata al 90% dal governo
francese, ha dovuto ammettere che dalle vasche sono fuoriusciti per “troppo
pieno” 30 milioni di litri di fango radioattivo e non 200 mila. Inoltre, l’area
coinvolta è di 20 ettari e non 2 come era stato precedentemente comunicato.
Ancora nessun dato ufficiale è stato fornito sui livelli di contaminazione. Una
marea radioattiva nel cuore del Niger, soffocata nel silenzio in Italia, dove è
appena partita la grande campagna mediatica del Forum Nucleare Italiano.
L’Ong Aghir
in’Man ha pubblicato le
foto che documentano il cedimento delle dighe dei bacini di stoccaggio
degli effluenti liquidi provenienti dal processo di macinazione dell’uranio, i
cosiddetti liquidi sterili, con la conseguente contaminazione di tutta l’area
circostante. Almoustapha Alhacen, che ha effettuato un controllo sulla
fuoriuscita per conto di Aghir in’Man, ha confermato a Greenpeace la
contaminazione del terreno in seguito allo sversamento dell’11 dicembre. L’estrazione
dell’uranio produce grandi volumi di scorie radioattive e industriali. Uno sversamento
nell’ambiente come quello avvenuto dalle vasche degli sterili radioattivi può
causare una grave contaminazione delle acque freatiche e dei pozzi locali. “Quando
l’approvvigionamento idrico locale viene contaminato con materiali radioattivi
ed altri materiali, questo pone gravi rischi sanitari per la popolazione locale
– spiega Greenpeace Africa – Il fango che rimane dopo la rimozione dell’uranio
dal minerale contiene l’85% della radioattività iniziale del minerale. Nelle
miniere di uranio in Niger, queste scorie minerarie vengono stoccate in enormi
mucchi, esposti all’aria aperta”.
Secondo Rianne Teule, responsabile
energia di Greenpeace Africa, “questa nuova perdita dimostra che le
cattive pratiche delle miniere di uranio di Areva in Niger continuano a
minacciare la salute e la sicurezza delle persone e dell’ambiente. In contrasto
con le dichiarazioni di Areva, che sostiene che le loro operazioni sono
conformi alle norme internazionali per sicurezza, ambiente e salute, queste
nuove informazioni dimostrano che Areva non ha fatto abbastanza per proteggere
la popolazione del Niger”.
A maggio, il
rapporto di Greenpeace “Left
in the Dust” ha rivelato alti e pericolosi livelli di
contaminazione nell’aria, nell’acqua e nel suolo nei dintorni delle miniere di
uranio di Areva in Niger. La multinazionale atomica ha liquidato le analisi
come «di parte», ma Greenpeace ha pubblicato alcuni giorni fa il rapporto
definitivo che dimostra come le due cittadine minerarie di Arlit e
Akokan, costruite di sana pianta da Areva, sino circondate da aria
avvelenata, il suolo contaminato e l’acqua inquinata. Il rapporto svela anche
il traffico di metalli e materiali radioattivi provenienti dall’interno degli
impianti minerari, con rottami metallici e attrezzature radioattivi venduti
direttamente nei mercati locali e riciclati nella costruzione delle poverissime
abitazioni di Arlit e Akokan. Un traffico evidente ma anche questo negato da
Areva.
Ancora una volta
il nucleare dimostra di essere ben lontana da un’energia pulita e sostenibile,
se si prende in considerazione, come spesso si evita di fare, l’intero processo
produttivo dell’energia atomica, dall’estrazione dell’uranio in miniera,
passando per la centrale fino ad arrivare allo smantellamento dei reattori e allo
stoccaggio delle scorie. Non si può prendere in considerazione la sola
produzione di energia senza contare il mondo che gravita intorno.
Intanto l’Uranio che si sta estraendo
da queste miniere del Niger potrebbe presto finire anche nelle centrali che il
governo Berlusconi, con il sostegno dell'esimio professor Veronesi, vuole costruire in
Italia.
2 commenti:
Caro Carlo Ruberto...
una domanda mi sorge spontanea... perché avere scelto questa foto con il logo del FNI...quando noi antinuclearisti sappiamo bene cosa rappresenta questo forum e da chi è gestito... ? volevo difondere il tuo articolo su la pagina RNA, ma non lo farò...
Ciao fabienne,
credo ce l'immagine a questo punto meriti una spiegazione. Ho creato io la sovrapposizione delle due foto, la miniera del Niger e il logo del Forum Nucleare Italiano. Voleva essere un messaggio fortemente sarcastico: mentre in Italia si discute se il nucleare sia bello o brutto, in Niger e in altri paesi dove l'uranio viene estratto, nessuno si preoccupa dei disastri ambientali del nucleare e delle sue ripercussioni sulla salute delle popolazioni locali.
Il messaggio voleva essere: perchè non discutiamo anche di questo nel FNI? ma dubito che possa mai essere argomento di discussione.
Anche nel precedente post (http://carloruberto.blogspot.com/2010/05/si-dice-nuculare.html) sulle problematiche del Niger credo che la mia posizione sia stata abbastanza chiara. Se hai qualche idea migliore per l'immagine cmq ti ascolto volentieri, anche a me non soddisfa molto. :)
ciao
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